Con il riconoscimento da parte di Putin delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, bisogna aggiornare gli attuali confini della cartina geografica. Ma che valore ha a livello internazionale un provvedimento del genere? Ci sono stati casi recenti simili? Quali conseguenze si hanno sul piano giuridico? Ne abbiamo parlato con Ugo Villani, Professore emerito di Diritto internazionale all’Università di Bari “Aldo Moro”, di Diritto dell’Unione europea alla LUISS “Guido Carli” di Roma e di Diritto internazionale nel Master “Esperti in politica e in relazioni internazionali” alla LUMSA di Roma. “L’Onu non funziona, il diritto di veto russo paralizza tutto. Ma il diritto di veto lo hanno usato tutti”. La guerra finirebbe se la Russia rinunciasse alle regioni conquistate e l’Ucraina accettasse lo status di neutralità permanente. Il riconoscimento russo delle due Repubbliche autoprocalamtesi “è un atto d’ingerenza e quindi illecito”.
Putin ha riconosciuto le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk. Sul piano giuridico, quale valore ha?
Di per sé il riconoscimento è un atto politico: uno Stato può o meno riconoscerne un altro. In questo caso, però, è diverso. Perché la Russia ha riconosciuto due entità territoriali che appartengono all’Ucraina e perciò è un atto illecito, dal momento che rappresenta una forma di ingerenza nelle questioni interne di un altro Stato. È come se, quando la Lega propugnava la secessione della Padania, uno Stato terzo l’avesse riconosciuta.
Però le due repubbliche si sono autoproclamate.
È vero che esiste il diritto di autodeterminazione dei popoli. Un diritto che non spetta ad ogni entità territoriale e nemmeno a ogni minoranza, ma solo in determinati casi: popolo sottoposto a regime coloniale (è il caso del popolazione saharawi spagnola), a regime razzista (ad esempio quello sudafricano), a dominazione straniera imposta con la forza (si può dire il popolo palestinese). Uno Stato terzo che favorisca la secessione si comporta in maniera illecita perché mina l’integrità territoriale dello Stato. C’è un precedente in Ucraina, anche se poi l’evoluzione dei fatti è stata diversa. Ed è quello della Crimea che si è dichiarata indipendente e poi è stata annessa alla Russia. Nel 2014 l’Assemblea Generale dell’ONU condannò quanto avvenuto.
Rispetto al conflitto in Ucraina, l’ONU come dovrebbe intervenire?
L’ONU non funziona. Non solo perché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato paralizzato dall’esercizio del potere di veto russo. D’altra parte l’hanno utilizzato tutti: sia americani sia francesi. Quindi non criminalizziamo la Russia. Basta ricordare che nel 1999 c’è stata un’aggressione dei Paesi occidentali in Jugoslavia, nel 2003 degli Usa in Iraq, nel 2011 l’aggressione franco-inglese alla Libia. In tutti questi casi, purtroppo, l’ONU mostra la sua impotenza. Il Segretario generale, che ha un’autorevolezza politica, ha tenuto un atteggiamento rinunciatario.
Gli Stati terzi potrebbero reagire con l’uso della forza all’aggressione dell’Ucraina?
Secondo la Costituzione italiana si potrebbe fare questo ragionamento. Siccome il diritto internazionale contempla il diritto alla difesa non solo del Paese aggredito ma anche di quelli terzi, l’articolo 10 della Costituzione dice che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. Allora tramite questa norma il diritto di legittima difesa si potrebbe ampliare anche a Paesi terzi aggrediti.
È opportuno l’invio delle armi all’Ucraina? Non alimenta il conflitto?
Il rifornimento di armi fa sì in realtà che i Paesi aiutanti possano essere considerati belligeranti. Di fronte a ogni guerra uno Stato può scegliere se rimanere neutrale o essere coinvolto, e nel secondo caso può essere oggetto di violenza bellica da parte della Russia. Ma ciò vuol dire che facciamo la terza guerra mondiale. Ne ho molta paura, mi permetta di ricordare il discorso alla radio che fece Papa Pio XII alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale implorando di trovare una via di pace: “Nulla è perduto con la pace, tutto è perduto con la guerra”.
Come giudica le posizioni del professore Alessandro Orsini?
Oggi c’è un pensiero unico, ma dice molte verità.
Come cambieranno i confini geografici dopo la guerra in Ucraina?
Un’ipotesi è che il confine rimanga quello che era. Un’altra è che, con il consenso di queste popolazioni, ci sarà un’annessione da parte della Russia, seguendo l’esempio della Crimea. In questo caso il primo passo sarebbe la dichiarazione di indipendenza, mentre il secondo un accordo tra questi Stati e la Russia (che c’è già stato). L’ipotesi di compromesso, che potrebbe durare di più, è quella di attuare gli accordi di Minsk.
Quale sarebbe la soluzione migliore?
Se la Russia rinunciasse alle regioni conquistate, mentre l’Ucraina accettasse lo status giuridico di neutralità permanente, il conflitto sarebbe evitato.
Alessandro Rosi – Giornalista