Luisa todini, ex europarlamentare di Forza Italia nella legislatura 1994-99, poi componente del cda Rai e presidente di Poste italiane, dal 2014 è anche un’imprenditrice vinicola. Nella tenuta di Todi nel cuore dell’Umbria – oltre mille ettari, di cui 40 coltivati a vite – produce Grechetto di Todi, su cui l’azienda ha investito dai primi anni 80 per ottenere la certificazione Dop, e il Sangiovese. Nel tempo, sono state impiantate anche varietà internazionali portando la gamma dei vini a 9 etichette. Oltre al relais per l’accoglienza, alle pendici dei vigneti è stata creata un’oasi faunistica con Fattoria didattica che ospita animali anche esotici in libertà.
Il commercio mondiale è sull’altalena tra dazi minacciati, imposti, sospesi, incombenti. lei ha partecipato a Vinitaly a Verona: che atmosfera ha trovato con questa spada di Damocle sulla testa dei produttori?
Il Vinitaly è una delle più importanti fiere enologiche al mondo. L’organizzazione inizia appena termina quella precedente, dunque il record dei 30mila buyer di cui oltre 3mila solo dagli Usa attesi da un anno è stato mantenuto senza alcuna defezione, anzi. Non c’è dubbio che l’annuncio dei dazi poi intervenuti il 2 aprile ha sconvolto le agende imponendo riflessioni su nuove prospettive, ma oggi, a circa due settimane da quel presunto “liberation day”, ogni 24 ore è cambiato qualcosa fino a immaginare un annullamento del 20% preannunciato nei confronti delle merci europee. Ecco questo yo-yo fatto di incertezza è proprio ciò che non serve ad un imprenditore, a una politica industriale sana. Al Vinitaly tutti hanno concordato sulla de-

Come diceva anche lei, lo spauracchio peggiore per manifattura e mercati è l’incertezza. Alcune aziende con forte export negli Usa hanno già avviato la cassa integrazione cautelativa. Come si fronteggia questa fase, quando si devono prendere decisioni che impatteranno sul prossimo esercizio?
Queste incertezze quasi quotidiane, appunto, hanno causato un vero terrorismo psicologico che ha giovato soltanto a chi fa trading finanziario. Bene che l’Italia stia mettendo sul tavolo soluzioni di supporto congiunturale e di più ampio respiro, auspicando un’Europa compatta e non azioni random.
Quali rischi vede e come sta organizzando la sua attività?
Le attività’ enologiche della nostra cantina sono all’interno di un contesto molto più ampio di accoglienza ricettiva di alto livello ed esperienza turistica a tutto tondo che va al di là della sola bottiglia di buon vino da degustare a Todi o da esportare. Peraltro la nostra struttura arriva ad imbottigliare fino a 500mila bottiglie l’anno anche per altri brand, ma il mercato “Todini” è una nicchia di circa 70mila bottiglie dove investiamo molto nel lavoro artigianale e di alta qualità’. In effetti essere più piccoli di altri ci rende più flessibili ad affrontare meglio i cambiamenti anche repentini ed inattesi
Ursula von der Leyen ha preparato il bazooka ma per il momento l’ha poggiato sul tavolo. Che cosa deve fare l’Ue: rispondere in modo muscolare, come la Cina, oppure avviare una negoziazione mirata facendo concessioni? In altri termini: l’approccio deve essere commerciale o geopolitico?
Sbandierare i muscoli funzionano solo se si è certi di averli più forti degli altri e per un tempo duraturo. Peraltro, l’Europa cerca la vera unione solo quando si vede attaccata. Sta accadendo per la difesa comune ed ora per la “guerra” sui dazi innestata da Trump. La politica commerciale è fortemente connessa alla geopolitica, ma se tutto ciò ci facesse rendere conto che la burocrazia è un dazio peggiore e più endemico di quelli di Trump? Sa che dal chicco d’uva in vigna alla bottiglia in vendita sullo scaffale di un supermercato o nella lista vini di un ristorante ci sono almeno 70 firme tra permessi, licenze, controlli di carattere sanitario, previdenziale, industriale,…? Tutto ciò ha un costo enorme non sempre a vantaggio del produttore né del consumatore finale.
La premier Giorgia Meloni andrà alla casa bianca il 17 aprile. Al momento, con la sospensione dei dazi, il focus della visita si è spostato sui rapporti con la Cina. Pechino può essere un alleato nel nuovo ordine mondiale che vede barcollare il rapporto euro-atlantico, oppure rischiamo di cadere dalla padella nella brace, invasi dalla concorrenza a basso costo?
Quest’ultima la subiamo da tempo e noi italiani abbiamo sempre risposto con la bellezza e la qualità dei nostri prodotti. Se c’è un peccato originale che tutt’oggi scontiamo, fu l’inserimento della Cina nel Wto nel 2001 con lo status di “economia non di mercato” che , di fatto, consentì al paese di entrare nel club dell’import-export mondiale senza dover rinunciare agli aiuti di Stato. Insomma forti agevolazioni che poi sono diventati pil crescente in questi decenni. La visita di Meloni, prima leader europea da Trump dopo la granata dei dazi, rappresenta senza dubbio una concreta speranza di soluzioni condivise con criteri di reale reciprocità per l’Italia e per l’Europa. Dunque, nessuna padella e nessuna brace: solo consapevolezza della necessità di un dialogo umano oltre a quello aridamente aritmetico per ritrovare una soluzione stabile.
Trump accusa l’Europa di volerlo “fregare” considerando dazi anche l’iva e molti regolamenti su beni e servizi. Il nostro mercato interno ha troppe distorsioni e ci facciamo male da soli?
Come dicevo prima, la burocrazia inutile scritta, spesso, da chi non ha mai gestito neanche una bottega né pagato uno

stipendio, non fa bene a nessuno. Sono stata europarlamentare 32 anni fa, quindi so bene l’importanza e anche la difficoltà di prendere decisioni comuni utili per tutti. La vera distorsione assurda è l’unanimità in un’Europa arrivata a 27 membri: significa non voler decidere. Quanto alla provocazione di Trump sull’Iva come dazio, sappiamo bene che non lo è essendo una partita neutra per esportatori ed importatori. Certo il consumatore finale in Usa paga massimo l’11% mentre in Europa la media è il 21% con grandi discrepanze tra un Paese e l’altro. Forse potremmo cogliere l’occasione arrivare ad un fisco davvero comune e ordinato almeno per noi europei?
Tuttavia, tra i limiti all’export Usa ci sono le norme su tracciabilità degli alimenti, prodotti Dop e Igp, etichette anti-Ogm, standard ambientali. Se apriamo su questo fronte, non rischiamo di trovarci in tavola vino adulterato o miele sintetico senza saperlo?
Tra la semplificazione nell’offerta dei nostri prodotti e l’adulterazione c’è un mondo che significa qualità e serietà del made in Italy. I casi sporadici di prodotti nocivi alla salute sono facilmente identificabili. Nell’uso del termine “sintetico” sarei cauta in quanto identifica alimenti prodotti anche utilizzando procedimenti non naturali, ma non per forza nocivi. Pensiamo all’uva senza semi: ormai è sulle tavole di tutti noi, molto apprezzata e di certo non dannosa per la salute.
Per tutelare la salute dei consumatori, oltre alle etichette che avvertono dei rischi connessi al consumo di alcol, si sta pensando al vino dealcolato. Anche a Vinitaly se ne è discusso. Secondo lei, può essere un’opzione percorribile?
In effetti, prima dei dazi di Trump, il vero nuovo protagonista del Vinitaly 2025 sarebbe stato l’ingresso dei dealcolati! Intanto distinguiamo: esiste il vino con minor gradazione alcolica (fino ad 8,5 gradi) che può essere prodotto anticipando la vendemmia di alcune settimane, e le bevande a cui si toglie completamente la gradazione alcolica con procedure diverse. Al Vinitaly ho assaggiati diverse delle seconde, anche per la ristorazione della tenuta in Umbria, in particolare quelle simili al prosecco. Ad essere sincera, ancora non ho trovato un prodotto che incontrasse il mio gusto poiché sono molto più dolci del vino o spumante a cui siamo abituati. Inoltre, al momento, si deve utilizzare tanta acqua per ottenerli e, dunque, non e’ un prodotto sostenibile. Poi ancora non ho ben compreso dove e come verrà utilizzato e/o smaltito l’alcol in eccesso. Comunque sono sempre stata aperta alle innovazioni di prodotto ma, per favore, non chiamiamolo vino!
Ultima domanda. Oggi è la giornata del made in Italy: iniziativa di mera propaganda a costo zero o opportuna chiamata a raccolta dell’orgoglio nazionale?
Oggi si festeggia il compleanno di Leonardo da Vinci e dal quel 15 aprile 1452 sono trascorsi 573 anni di genia leonardesca che tutti noi italiani abbiamo ereditato in una osmosi continua di cose belle e ben fatte che si tramandando culturalmente. Per questo celebrare il made in Italy significa esaltare un brand unico al mondo che racchiude in sé tutto il successo creativo delle nostre aziende. Ricordiamoci che il 95% delle imprese italiane hanno meno di 10 dipendenti, dunque sono piccole aziende che sartorialmente, ogni giorno, creano prodotti finiti che il mondo intero è disposto a comprare ad un prezzo più alto perché migliori. Questa continuerà ad essere la vera risposta ai dazi commerciali. Come ho detto però, cerchiamo di eliminare quelli burocratici che purtroppo da decenni costringono gli imprenditori italiani a spendere per rincorrere le norme anziché continuare a creare nel nome di Leonardo.