Silvia Costa: non un nuovo partito di Centro, ma dare centralità alle reali attese dei cittadini

«Vogliamo valorizzare il contributo dei cattolici e delle reti civiche. Non sarà un nuovo partito di centro ma restituiremo centralità alle reali attese dei cittadini. «Serve una rappresentanza per quella parte di popolazione che sceglie la via dell’astensionismo. Dopo Trump non possiamo più permetterci di restare inerti: l’Europa deve andare avanti verso una maggiore integrazione»

Silvia Costa, ex europarlamentare del Pd, ha moderato uno dei due panel all’evento dello scorso 18 gennaio di Comunità Democratica, l’Associazione guidata da Graziano Delrio che insieme ad altri esponenti cattolici democratici del Pd vuole dar vita ad un’area di confronto e collaborazione con l’associazionismo e le reti civiche di ispirazione cristiana.

Che significato ha avuto l’iniziativa del 18 gennaio, da cosa è nata?

«In primo luogo in questi due anni abbiamo in più occasioni denunciato la mancanza di un confronto sufficiente all’interno del Partito Democratico sulle grandi questioni. Con Schlein e con il presidente Bonaccini si è cercata una gestione unitaria al partito, però noi percepiamo una difficoltà nel trovare luoghi appropriati per approfondire le tematiche che ci stanno a cuore. E ora di fronte ai grandi rischi che corre la democrazia in Italia e nel mondo c’è bisogno dell’apporto di tutti.  C’è stata una gestione del partito che tende un po’ troppo al verticismo, poche occasioni di concorrere alla sua visione politica. Non ci convince la tendenza a parlare solo di alleanze calate dall’alto senza tener conto di una realtà sociale in grande sofferenza, ma dalle grandi potenzialità, che chiede di concorrere a dare risposte più convincenti rispetto ad una destra “sloganistica”. Dopo la Settimana Sociale dei cattolici di luglio a Trieste, abbiamo percepito del fermento nella comunità che si riconosce nei valori cattolici, ma l’evento è passato nella generale disattenzione dei partiti, compreso il nostro. Per questo abbiamo ritenuto doveroso per la nostra identità culturale e per la nostra volontà di far contare questo mondo organizzare questo grande incontro, che è andato al di là delle nostre aspettative. Alla fine eravamo più di 800 persone presenti e circa 300 collegati a distanza.»

Cosa volete fare esattamente?
Silvia Costa – Foto dal suo profilo Facebook

«Creare legami per guarire la democrazia. Come dice il titolo. Libertà, uguaglianza e fraternità sono i tre grandi principi che guidano le democrazie moderne, ma ci sembra che finora la fraternità sia stata lasciata un po’ nell’ombra. Noi vogliamo ripartire da quel valore per illuminare e dare senso sia all’uguaglianza che alla libertà. Abbiamo l’intenzione di creare occasioni di confronto anche con le reti di amministratori locali, che sono esperienze attive e preziose. Riteniamo si debba tornare a dare ascolto e visibilità a proposte e iniziative che stanno nascendo dal basso, dal civismo dei cittadini, a cui spesso non si presta attenzione. Il nostro fine è curare la democrazia, oggi in crisi nella maggior parte dei paesi del mondo, Italia compresa. All’indomani dell’elezione di Trump e del suo primo, inquietante, discorso, è arrivato il momento di compiere scelte importanti che portino a fatti per noi e, soprattutto, per l’Europa. O l’Europa va avanti con coraggio o il rischio sarà altissimo.»

Non avete intenzione di costituire né “un nuovo partito, né una nuova corrente” ha detto Ruffini e hanno ribadito Castagnetti e Prodi, cosa dovrebbe cambiare nel Partito Democratico?

«Quello che ci interessa è riportare al centro del Pd e della politica tutte quelle “aspettative, esperienze e competenze” – come ha detto anche Leonardo Becchetti – che oggi rischiano di non poter dare ai partiti il loro contributo. Vogliamo aprire un canale permanente anche con coloro che vogliono restare esterni al Pd, ma appartengono ad aree a esso vicine. Vogliamo creare luoghi di confronto e approfondimento per riportare nell’agenda politica sia del partito che del paese temi che fino a questo momento sono stati trascurati – a partire dalle politiche familiari, una proposta organica (oltre a più finanziamenti) sulla riforma del SSN; un rilancio di qualità e inclusività del sistema educativo; una proposta seria di politica industriale -. Per far questo dobbiamo Dialogare con il pluralismo delle organizzazioni sociali e con competenze specifiche esterne. Credo che questa possibilità di osmosi sia ciò di cui in questo momento abbiamo più necessità, un modo per essere un partito che sia soprattutto un canale fra società civile e istituzioni.»

Romano Prodi – Licenza creative commons
L’iniziativa che state portando avanti non rischia di creare una nuova frattura all’interno del centrosinistra?

«Io credo che il nostro sia piuttosto un aiuto al centrosinistra. Noi vogliamo che vinca e riteniamo che la ricetta per farlo non sia verticalizzare la leadership e giocare sull’uomo o la donna sola al comando. Non è più possibile occuparsi solo di alleanze che poi non tengono alla base. Qui si tratta di ripartire dalle comunità, dai legami sociali, dalle realtà che sono già operative nel tessuto sociale. Credo che questa sia l’unica via per espandere la rappresentanza del centrosinistra. Il Pd di oggi appare afono, si accontenta dell’antagonismo o della crescita nelle ultime elezioni amministrative, ma sempre solo recuperando voti nell’alveo della sinistra, senza riuscire ad ampliare la sua base sociale.

Dobbiamo tornare alla vocazione originaria di partito di centrosinistra, non dobbiamo assecondare la tendenza del bipolarismo italiano all’estremizzazione verso destra o verso sinistra. Si tratta di una inclinazione che lascia senza rappresentanza una grossa parte di popolazione che o diventa pendolare tra le fazioni o prende la via dell’astensionismo. Serve un’alleanza di centrosinistra che raccolga tutte queste anime e gli dia voce.»

Chi dovrebbe assumere secondo lei il compito di raccogliere le proposte e le idee che nasceranno da queste iniziative per trasformarle in azioni concrete quali progetti di legge o di riforma?

«Mi è piaciuto molto il fatto che tutti, compresi Ruffini, Delrio e Gentiloni, abbiano portato avanti la volontà comune di essere comprimari e di non partecipare alla gara dei “numeri primi”. Significa che in questa fase siamo tutti chiamati a dare una mano a svolgere quello che secondo me è un dovere di testimonianza per accompagnare il processo di rinnovamento. Nella nuova generazione sono emerse figure brillanti e capaci, presidenti di associazioni e amministratori locali molto interessanti. Per ora dobbiamo ampliare e rafforzare questa rete di persone, il momento di scegliere qualcuno non è adesso. Decideremo sulla base di quello che esigerà la realtà politica dei prossimi anni. Spero che la nostra segretaria faccia tesoro di questa esigenza e crei condizioni di confronto interno più praticabili, in modo da poter rispondere alle sfide che ci si prospettano nel prossimo futuro e davanti a cui il partito da solo non basta.

Ernesto Maria Ruffini – Licenza creative commons
Di cosa ci sarebbe bisogno?

Senza dubbio la politica è oggi davanti a compiti immani. Avremo bisogno di tutte le energie e tutte le intelligenze per far fronte a sfide sempre più difficili, come accompagnare e sostenere con l’Europa e le organizzazioni internazionali il processo di pace iniziato con la tregua ancora così fragile fra Israele e Palestina. Serve agire sulla parte umanitaria, educare ella gestione dei conflitti per raggiungere forme di cooperazione concreta. Bisogna cercare di arrivare in Medio Oriente all’unico obiettivo possibile: quello dei due popoli e due stati. L’Europa in questo momento non può restare ferma. Durante la pandemia ha saputo compiere passi importanti mettendo a fattor comune il debito per gli investimenti per Next generation EU e la ricerca sui vaccini, investendo sul sociale e l’occupazione, mettendo in campo il progetto Sure, di cui si parla poco, ma che ha consentito di pagare la cassa integrazione di coloro che erano stati messi in crisi dalla pandemia. Oggi l’Europa non può fare passi indietro, soprattutto davanti alle chiusure e alla politica aggressiva di Trump, che sembra rinnegare i principi e i valori della democrazia europea e americana. Abbiamo di fronte problemi immensi: rispetto a prima della pandemia i poveri in Italia sono aumentati in modo esponenziale, oggi si parla di 5,7 milioni di persone in stato di indigenza. Il debolissimo strumento che è subentrato al reddito di cittadinanza è una misura del tutto insufficiente e poco accessibile. I giovani italiani, di fronte a bassi salari e a offerte inadeguate, scelgono sempre più spesso di partire, dovendo costatare che in Italia non è possibile né far carriera né trovare un lavoro degno. Servono politiche giovani e innovative, non possiamo stare fermi, la nostra iniziativa è nata anche per “svegliare” la nostra parte politica ed esortarla ad avere più coraggio. Siamo davanti al rischio di una involuzione democratica, ne sono la prova la riforma sulla autonomia differenziata e il premierato, oltre alle alleanze di fatto bilaterali che la Meloni sta inseguendo sia con Trump che con i più sovranisti in Europa. È ora di iniziative forti e di un’Europa più protagonista.

 

Giulia Maria Giuffra

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