Religione, un termine che ha senso?

Religare (legare) o non piuttosto religere (scegliere), come suggerisce Sant’Agostino? La crisi degli ideali dipende da una crisi culturale. La crisi di oggi non è una crisi di Dio, ma della conoscenza e di scelte. Anche la Chiesa non ha bisogno di divieti sacrali, ma di una dimensione spirituale, di una religione pensosa (un termine amato da Paolo VI)

Se aprissimo il vocabolario, fisicamente o virtualmente, alla voce religione troveremmo che questa parola deriverebbe da religare, legare, con riferimento al valore vincolante degli obblighi e dei divieti sacrali. Un’interpretazione non del tutto soddisfacente. La trovo, infatti, troppo giuridicamente orientata, il che non fa verità su un altro significato più interessante, profondo e direi bello.

Preferisco un suggerimento agostiniano, il grande Vescovo di Ippona (IV sec.), il quale magistralmente faceva derivare la parola anche da religere, scegliere, scegliere nuovamente, eleggere. Proprio scegliendo di vivere in conformità ad un ideale superiore, Agostino cambiò vita e indicò nel Bene supremo, Dio, Colui da cui si è scelti e al quale indirizzare la propria vita.

Sant'Agostino – Amici Domenicani

Sant’Agostino

Nel nostro tempo non si alza più lo sguardo; si preferisce, come capita spesso tra i turisti per strade ricche d’arte, di stare chinati con lo sguardo su quel computerino straordinariamente allettante, che favorisce il trastullo di mani e di occhi. Scegliere, nel senso agostiniano, richiede con la conoscenza la seduzione dello Spirito.

La crisi degli ideali dipende da una crisi culturale; il problema è che siamo stregati da una materialità e da una tecnologia alla quale abbiamo demandato la soluzione di ogni problema, compreso quello di decidere la nostra morte o il senso della nostra vita.

In questo modo, non ci si lega più ai valori vincolanti o ai divieti sacrali, essendoci emancipati da essi e rimanendo privi di riferimenti ai quali aggrapparsi. Nell’isolamento, si vive e si muore soli, travolti dal fluire dell’esistenza. Si dice che Agostino d’Ippona, dopo lungo peregrinare tra i sensi, la vuota retorica, la filosofia che lo aveva a lungo affascinato, nella solitudine esistenziale in cui era caduto percepì di essere stato “eletto”, scelto dal “Mistero di Cristo”; capì che per uscire dal recesso in cui era caduto bisognava pure da parte sua scegliere quale miglior amica la Verità; poi si ritirò per un tempo nel deserto, esclamando: «Tardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato … Tu mi hai chiamato e gridato e squarciato la mia sordità. Tu … hai fugato la mia cecità» (Confess. 10, 27); e, rivolto ancora a Cristo, pregava: «Fà che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interiormente» (De Trin. 15, 28, 51). Sentiva in sé un nuovo processo per l’essere stato scelto da Cristo; egli stesso, re-eligendolo, e scelse di seguirlo.

La crisi di oggi non è una crisi di Dio, ma della conoscenza e di scelte. Si esige un atto che va oltre il nostro farci trascinare dalle cose per orientare l’esistenza verso la Verità, il Bene supremo. È una crisi nostra, cioè umana, profondamente umana, privata di valori alti.

La stessa crisi religiosa attuale non è per assenza di valori vincolanti legati a obblighi e a divieti sacrali (e ve ne sono!) per i quali, non di rado, si può cadere persino in guerre insensate o in persecuzioni teocratiche, ma per carenza dell’agostiniano religere, di quel lasciarsi scegliere e di scegliere il Bene supremo al quale orientare la nostra realtà.

Conclave del 1963 - Wikipedia

Paolo VI

Anche la Chiesa non ha bisogno di divieti sacrali, ma di una dimensione spirituale, di una religione pensosa (un termine amato da Paolo VI) che sappia indicare al nostro mondo, spesso manicheo (ossia di esclusivistica esaltazione di sé) e pelagiano (cioè senza bisogno di redenzione), una via che la renda Madre, e, in quanto madre, Maestra, tornando alla scuola di Cristo, il cui Natale stiamo nuovamente per celebrare.

 

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