Negli ultimi anni, il rapporto tra Pubblica Amministrazione (PA) e cittadini è stato oggetto di una profonda trasformazione, spinto dall’evoluzione giurisprudenziale che ha rafforzato i principi di correttezza e lealtà all’interno delle attività amministrative. Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha introdotto nuovi standard di condotta per le amministrazioni pubbliche, ridefinendo le loro responsabilità nei confronti dei privati, specialmente in merito alla cosiddetta responsabilità precontrattuale.
La sentenza in questione, la n. 7574/2024, ha chiarito in modo inequivocabile che la PA può essere chiamata a rispondere non solo per la legittimità formale dei propri atti, ma anche per la correttezza del comportamento tenuto durante l’intera fase precontrattuale. Questo nuovo orientamento giuridico apre la strada a una valutazione più sostanziale e meno formale dell’operato amministrativo, ponendo una particolare enfasi sul rispetto della buona fede e sull’aspettativa legittima del privato.
Il caso della sentenza del Consiglio di Stato
La sentenza ha preso in esame un caso concreto di mancata stipulazione di un contratto di appalto. La vicenda ha avuto inizio nel 2008, quando una società si aggiudicò una gara per l’esecuzione di lavori pubblici. Nonostante l’aggiudicazione formale, l’amministrazione non procedette alla stipula del contratto per ben otto anni, lasciando la società in una situazione di incertezza. Solo nel 2016, il Ministero si fece risentire, chiedendo nuovamente la disponibilità all’esecuzione dei lavori.
A quel punto, la società decise di contestare l’inerzia dell’amministrazione e di ricorrere in giudizio, denunciando la violazione dei principi di buona fede e correttezza da parte della PA. La sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto che, nonostante l’assenza di una violazione formale delle norme di diritto pubblico, l’amministrazione aveva agito in maniera scorretta prolungando indebitamente la procedura e violando le legittime aspettative dell’impresa aggiudicataria.
I principi fondamentali di correttezza e buona fede
Alla base di questa nuova impostazione vi sono i principi di correttezza e buona fede. In particolare, la sentenza del Consiglio di Stato ha ribadito l’importanza del principio di tutela dell’affidamento del privato nel legittimo esercizio del potere amministrativo. Questo principio implica che la PA non solo deve rispettare le norme di diritto pubblico che regolano l’azione amministrativa, ma deve anche agire con trasparenza e lealtà, evitando di ingenerare aspettative legittime che poi non vengono rispettate.
Inoltre, la responsabilità precontrattuale non richiede necessariamente la violazione di una norma di legge, ma si fonda sull’analisi del comportamento dell’amministrazione, che può essere giudicato scorretto anche se gli atti amministrativi sono formalmente legittimi. La scorrettezza, in questo caso, deriva dalla condotta complessiva dell’ente pubblico, che deve essere valutata alla luce dei principi di lealtà e correttezza propri del diritto civile.
Le conseguenze giuridiche della responsabilità precontrattuale
La configurazione della responsabilità precontrattuale della PA comporta delle conseguenze giuridiche rilevanti. Secondo la sentenza del Consiglio di Stato, perché tale responsabilità sia configurabile, è necessario che:
- Il privato abbia agito in buona fede, ossia con una legittima aspettativa circa l’esecuzione del contratto.
- L’amministrazione abbia violato i principi di lealtà e correttezza, comportandosi in maniera contraria agli obblighi che derivano dalle trattative precontrattuali, indipendentemente dalla legittimità formale degli atti.
- Si sia verificato un danno concreto per il privato, che deve essere dimostrato in relazione sia all’aspettativa legittima che alla lesione della libertà negoziale.
In questi casi, il privato può chiedere il risarcimento del danno emergente (ad esempio, le spese sostenute in previsione del contratto) o, in alcune circostanze, anche il risarcimento per perdita di opportunità (danno da perdita di chance). Tuttavia, la sentenza ha escluso il risarcimento per il danno curriculare, ossia il pregiudizio derivante dalla mancata realizzazione del progetto, che non rientra tra le fattispecie di danno precontrattuale risarcibili.
Implicazioni per la pubblica amministrazione
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale ha implicazioni rilevanti per tutte le amministrazioni pubbliche. Esse devono ora prestare maggiore attenzione non solo al rispetto delle norme di diritto pubblico, ma anche alla qualità delle interazioni con i privati. È necessario che la PA adotti un approccio più trasparente, leale e corretto, onde evitare comportamenti che possano pregiudicare le aspettative dei cittadini e delle imprese che interagiscono con essa.
Per garantire la conformità a questi principi, le amministrazioni devono adottare politiche interne più rigorose, rafforzare la formazione del personale e implementare sistemi di monitoraggio per prevenire e correggere comportamenti scorretti. Solo in questo modo sarà possibile promuovere una cultura amministrativa basata sulla responsabilità e sulla trasparenza, rafforzando al contempo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.
Verso una PA più trasparente e responsabile
In conclusione, la sentenza del Consiglio di Stato segna una svolta importante nel diritto amministrativo italiano, spingendo verso una PA più trasparente e corretta. La responsabilità precontrattuale della PA rappresenta uno strumento fondamentale per garantire che le amministrazioni pubbliche non abusino della loro posizione di potere, ma agiscano in maniera rispettosa delle legittime aspettative dei privati.
Questa trasformazione richiederà un significativo cambiamento culturale all’interno delle amministrazioni, che dovranno investire in formazione, comunicazione e trasparenza per migliorare il loro rapporto con i cittadini. Solo così sarà possibile costruire un’amministrazione pubblica moderna e responsabile, capace di rispondere efficacemente alle sfide di una società in continua evoluzione.
Vincenzo Candido Renna – Avvocato. Compliance and Ethics specialist