Sono passati quasi trent’anni dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995. Una summa di principi che mirava a raggiungere una più stretta cooperazione politica ed economica fra i paesi dell’Europa e del Mediterraneo sud-orientale. Eppure i progressi verso l’integrazione euro-mediterranea sono ancora troppo pochi. Per colmare il divario tra le due sponde e rafforzarne la cooperazione, nel 2021 è stata approvata la Nuova Agenda per il Mediterraneo, che prevede la costruzione di nuove partnership e un investimento di 7 miliardi di euro entro il 2027. Nel solco di queste iniziative nasce il libro “Mediterranean Economies 2024: The New Agenda for the Mediterranean. Perspectives and Changelles” di Salvatore Capasso e Giovanni Canitano.
Un’analisi delle criticità che ancora si frappongono all’integrazione, nata dall’intenzione di fornire proposte concrete e strategie innovative. Il volume, curato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismed), è stato presentato il 13 marzo presso l’Aula Magna dell’Università Parthenope di Napoli con la partecipazione della presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza, del viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Edmondo Cirielli, del segretario generale dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi e di Salvatore Capasso, direttore del Dipartimento di scienze umane e sociali, patrimonio culturale del Cnr.
Le tematiche del libro
«L’obiettivo», ha spiegato Capasso «è mobilitare fino a 30 miliardi di euro in investimenti privati e pubblici nella regione nel corso del prossimo decennio, nell’ambito dello Strumento di Vicinato, Cooperazione allo Sviluppo e Cooperazione Internazionale. Sebbene le iniziative dell’Ue siano essenziali, ritengo che esse siano insufficienti per affrontare i problemi strutturali più profondi che hanno afflitto la regione per decenni».
Nell’illustrare le problematiche che dividono le due sponde, lo studio si impegna ad affrontare le questioni cruciali del nostro tempo a partire dai cinque punti cardine dell’Agenda: sviluppo umano – governance, resilienza e prosperità – pace e sicurezza – migrazione e mobilità – transizione verde.
Geopolitica e migrazioni
Oggetto di competizione tra le grandi potenze globali che si contendono investimenti in infrastrutture e connettività, la regione del Mediterraneo mostra segni di nuove forme di transnazionalismo e una preoccupante propensione al dialogo con i regimi autoritari. In un contesto in cui i conflitti regionali – quello israelo-palestinese in particolare – hanno evidenziato il declino del peso strategico dell’Occidente, Russia e Cina hanno potuto espandere la loro influenza. L’aumento dei conflitti in molti paesi dell’area e la frequenza di eventi climatici sempre più estremi, con siccità prolungate e incremento delle temperature che riducono la produttività agricola, hanno determinato intense migrazioni della popolazione del Mediterraneo meridionale.
Europa e MENA
A trent’anni dalla Dichiarazione di Barcellona, tra l’Europa e il Mediterraneo meridionale il divario economico è ancora più profondo. Iniziative come il NDICI promosse dall’Ue per sostenere la crescita sostenibile e il digitale sono ostacolate dall’instabilità politica, l’alto debito e la bassa diversificazione economica. La transizione verde è rallentata da sussidi ai combustibili fossili – ancora principale fonte di energia a livello globale – e infrastrutture inadeguate. Medio Oriente e Nord Africa (la regione MENA) detengono il 52% delle riserve petrolifere mondiali, di cui sono anche i maggiori consumatori. Eppure come esito della transizione energetica indotta dalla guerra in Ucraina, la domanda di idrocarburi, specie da parte dell’Europa, si va riducendo, provocando un forte indebitamento estero per la regione del Mediterraneo meridionale. Spagna, Francia e Italia utilizzano sempre più energie rinnovabili, con un forte incremento dell’energia eolica e solare, ma, nonostante gli sforzi, Francia e Italia continuano a essere tra i principali consumatori di petrolio e gas della regione.
«Senza riforme sostanziali e stabilità politica, il Mediterraneo meridionale rischia di restare bloccato in una stagnazione economica. La crisi del debito, la dipendenza da fonti energetiche tradizionali e l’instabilità politica mettono a rischio il futuro della regione» ha affermato Capasso.
Disparità sociali
Nonostante l’impegno dell’Unione Europea a investire in istruzione e riforme amministrative, le disuguaglianze, specie di genere, restano tra i problemi critici. L’analisi si sofferma sulla costatazione che nei paesi in cui le donne vengono attivamente coinvolte in ricerca e innovazione si osservano benefici significativi sulla crescita economica e il progresso sociale.
«Per invertire la tendenza» ha ribadito Capasso «e ridurre il divario con l’Euro-Mediterraneo, sono indispensabili riforme strutturali, stabilità politica e una governance economica più efficace. Solo attraverso un forte impegno per la cooperazione internazionale e strategie di sviluppo sostenibile sarà possibile costruire un Mediterraneo più stabile e prospero».