Il Consiglio dei Ministri ha approvato, il 16 marzo scorso, il testo della bozza del Decreto contenente disposizioni urgenti per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente.
Il Ponte sullo Stretto di Messina inizia quindi già a prendere forma. Del resto, il progetto non è nuovo.
Luigi Grillo, già senatore della Democrazia Cristiana, di Forza Italia e del Popolo della Libertà, in questa intervista illustra l’importanza strategica, economica di questa opera e gli aspetti principali da prendere in considerazione.
Senatore Grillo, secondo lei quanto è importante questa opera, dopo tanto che se ne parla? Lei è stato tanti anni in commissione, ora con l’approvazione della bozza di decreto il discorso comincia a essere concreto.
Non sono cinquant’anni che si parla del ponte, probabilmente sono cinquant’anni che qualcheduno aveva pensato che prima o poi ci saremmo occupati di questo. Nel concreto, le prime azioni che sono state decise, oltre che la costituzione della società ponte sullo Stretto di Messina, hanno preso avvio col governo Berlusconi del 2001, in cui io ero presidente della Commissione Infrastrutture. Infatti, nel Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) del primo di agosto venne approvato il progetto preliminare. Sempre in quella legislatura, un anno dopo, sono stati stanziati 1300 milioni di euro che sono serviti per finanziare le opere di accesso al ponte, ovvero le strade e le ferrovie che poi devono essere canalizzate sul ponte sospeso, che diventerà il ponte più lungo del mondo.
Quindi il 2003 è stato l’anno in cui si sono concretamente prese queste decisioni così come è stato nominato un commissario straordinario, dando allo stesso ampi poteri. Dopo di allora si è ripreso l’iter approvativo nel 2009 con un atto aggiuntivo alla convenzione del 2003, e lo stanziamento di ulteriori 900.000 milioni.
A dimostrazione del fatto che sul ponte sono già state finanziate e spese cifre rilevanti. Sarebbe assurdo adesso non proseguire, anche perché qui non si sottolinea con la dovuta forza un aspetto che a me piace ricordare, e cioè l’intervista che ha concesso proprio la Commissaria ai Trasporti dell’Unione Europea, Adina Valea. Ha dichiarato che “la relazione di infrastrutture di collegamento tra la Sicilia e il resto dell’Italia viene ritenuta una opera assai importante, presente nella nostra mappa dei progetti essenziali dell’Unione europea”.
Siamo al paradosso: nell’Unione europea, che tanti dipingono come matrigna, la volontà di costruire questo ponte c’è da sempre, sin dai tempi di Karel Van Miert, commissario addetto ai trasporti un po’ di anni fa che disse: “Abbiamo collegato Malmo con Copenaghen, abbiamo collegato realtà con 5 milioni di abitanti con una realtà di quattro milioni di abitanti. Sarebbe assurdo non collegare una realtà con 5 milioni di abitanti in Sicilia con una realtà di 55 milioni”.
Quindi l’Europa ad oggi è pronta a sostenere questo progetto perché lo considera strategico. Stupisce che in Italia ci siano ancora dei partiti e degli autorevoli esponenti di partiti all’opposizione che mostrano perplessità e critiche.
Il ponte si può fare: l’Italia ha professionalità più che sufficienti a livello ingegneristico per affrontare questa sfida, ha le risorse umane necessarie, ci sono dei materiali oggi ancora più del passato assolutamente idonei a reggere queste campate così lunghe.
Occorre ricordare che nel 2010, quando si è aggiornato il piano finanziario del contratto, c’era già Eurolink, partecipata in maggioranza dall’ex Impregilo S.p.a Salini. Si era deciso che il 40% del costo del ponte lo avrebbero garantito i soci di questo contraente generale (quindi le maggiori imprese italiane) ed il 60% doveva essere reperito sui mercati finanziari con la tecnica del project finance.
Il piano finanziario, quindi, è l’aspetto più importante. Bisogna trovare le risorse, cioè fondi o imprenditori stranieri o italiani che investano sapendo che stipulando un contratto poi rientreranno nel capitale investito.
Quando io ero in Parlamento ricordo che Zamberletti, ex ministro della Protezione civile che poi diventò presidente dell’ICI, aveva trovato un fondo cinese che si era candidato a finanziare la redazione del ponte, ma voleva una gestione di 100 anni:50+50.
Ad oggi del piano finanziario nessuno ne parla, eppure è un fatto strategico fondamentale, importantissimo. Se non abbiamo le risorse finanziarie come si fa a fare il ponte?
Come è noto, l’ex ministro Lunardi ha fatto una conferenza a Firenze un po’ di tempo fa in cui ha ricordato che il costo di quest’opera potrebbe variare da un minimo che oscilla tra circa 8 miliardi e mezzo a 11 miliardi e sei, fino a un massimo di 14 miliardi. Credo che in questo momento nessuno stia pensando a questo aspetto che invece a parer mio è l’aspetto di grande importanza, perché se non troviamo l’interlocutore che garantisce questa finanziabilità diventa una strada in salita.
Esistono anche delle situazioni “di protesta” contro la realizzazione del ponte. Le più quotate sono quelle che raccontano come il costo non andrà ad essere ammortizzato dai benefici che se ne potrebbero ricavare. Altre riguardano la realizzazione in sé dell’opera, per via delle difficoltà riguardo i fondali marini, i venti, la zona sismica..
Intanto chiariamo una cosa, il costo attuale che paga la Sicilia per la sua condizione insulare è stato valutato sei miliardi e mezzo all’anno, cioè il bilancio negativo dell’isola ha un costo di sei miliardi e mezzo. Ovviamente, realizzando il ponte, questi sei miliardi e mezzo diminuiranno di molto, perché c’è un collegamento, non ci saranno più traghetti, non ci saranno quindi più questi disagi. Allora in prospettiva la risposta è: il ponte compenserebbe un costo che tutti gli anni è costretta a pagare la Sicilia dal dopoguerra.
Come ho già detto, l’aspetto finanziario è il più importante ma anche il più impegnativo, a differenza di quanti credono siano maggiori le difficoltà di natura tecnica, ingegneristica, ecc. Purtroppo di tecnici esperti del nulla così ce ne sono tanti in Parlamento. Ma lasciamo stare questa polemica… Tecnicamente il ponte è fattibile, lo dicono i migliori tecnici italiani ed europei. Altrimenti l’Unione Europea non si sarebbe bilanciata come si è sbilanciata la settimana scorsa.
Un’ultima domanda relativa invece ai posti di lavoro, perché si legge in alcuni giornali che questa opera ne porterà 100.000 circa, mentre altri invece dicono proprio il contrario, cioè il lavoro diminuirà. Lei cosa ne pensa?
Penso che sia una polemica fatta da persone fondamentalmente ignoranti, perché con il ponte sarà favorito lo sviluppo economico sia della Calabria sia della Sicilia. Non dimentichiamoci che queste sono regioni con un potenziale turistico inaudito, piene di ricchezza, dal patrimonio culturale e archeologico a quello architettonico. Inoltre, stiamo facendo l’alta velocità in Sicilia, in questo modo si potrebbe collegare maggiormente l’isola con lo stivale attraverso il ponte. Queste sono cose elementari da comprendere, non bisogna aver fatto l’università per capire la sua importanza strategica.
Quanta occupazione produrrà la realizzazione del ponte?
Beh, la sua realizzazione comporterà come minimo – faccio una valutazione, non ho sentito i tecnici – 5, 8 anni, quindi tutto lavoro che incrementerà l’occupazione in Calabria e in Sicilia. Sono polemiche pretestuose. Siamo di fronte ad un’opera strategica vera, quindi non vedo come si possa negare la convenienza economica e la possibilità, una volta realizzato, di utilizzare il patrimonio culturale ma anche il turismo che riceverebbe sicuramente un grande impulso dalla presenza del ponte sullo stretto.
Abbiamo toccato tanti temi davvero molto interessanti, non so se lei ha qualcosa che vorrebbe aggiungere…
Non lo dico con toni polemici ma io sono un po’ sorpreso dal fatto che non ci sia una collaborazione da parte dei soggetti protagonisti, penso a Confindustria, ai sindacati, alle regioni del Sud che dovrebbero fare squadra, dopo aver studiato il problema ovviamente. Il ponte è da vent’anni che è nelle Reti TEN-T, cioè nelle reti decise dall’Unione Europea. Quindi l’UE ci crede!
Quando abbiamo fatto l’alta velocità io ero già al governo, era il 1992; allora si era pensato ad una tratta Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma. Poi andando avanti si è pensato di andare a Venezia, successivamente a Napoli. Lo sa che il tratto più veloce in cui i treni vanno a oltre 290 km/h è Roma-Napoli? Lo sviluppo bisogna assecondarlo. I tempi sono maturi per affrontare una discussione serena sul ponte ma bisogna dimenticarci le polemiche del passato e ragionare in termini di prospettive: tecnicamente e progettualmente non ci sono problemi, hanno fatto ponti a Copenaghen, a Tokyo, li possono fare anche tra la Calabria e la Sicilia. I nostri ingegneri sono all’avanguardia nel mondo, le imprese ci sono. È una scommessa ma non è campata per aria. È una scommessa che ha dei fondamentali assolutamente rispettabili.
Simone Massaccesi – Redattore