Uomo moderno. Uomo nella modernità. Non sono la stessa cosa, anche se vivono nello stesso tempo. E molte delle contraddizioni che attanagliano il nostro mondo, sono determinate da questa differenza, che è storica, linguistica, morale, etica, economica e senza pensare a dare giudizi di valore, ma volendone comprendere la portata storica, nei confronti della modernità che ci comprende tutti, ma non tutti la comprendiamo allo stesso modo. L’uomo moderno è quello occidentale, che ha passato tutti i traumi e le acquisizioni, che hanno portato, dal culto mariano in poi, che ha riallacciato i rapporti tra umanità e mondo, all’umanesimo, alle grandi scoperte geografiche e a tutte le vicende conoscitive, che hanno portato al Principe di Machiavelli, all’Utopia di Tommaso Moro, che hanno fatto nascere opere come Dei delitti e delle pene, di Cesare Beccaria, precedute dalla morte orrenda di Giordano Bruno e dall’umiliazione di Galileo, come un distillato lento e difficile, che ha portato al Trattato sulla emendazione dell’intelletto di Baruch Spinoza, al Trattato sulla natura umana di David Hume, ma anche al Trattato sulla tolleranza di Voltaire.
Detti cosi, con un accenno di cronologia, come di un Pantheon, che ha modificato le prospettive di ogni finalismo messianico, messo i questione ogni dogmatismo, in favore di un pluralismo, in cui la differenza diventa un valore e un metodo, che con preclude i tragici errori ed anche orrori, ma ha messo in moto un meccanismo di correzione, in cui l’individuo è sacro e dal suo essere demos, nasce il cratos.
L’uomo (intendo uomo e donna in parità) moderno è colui che sa parlare bene degli altri, anche quando dissente, apprendere continuamente, essere critico di se stesso, se necessario e non demonizzare mai gli erranti, anche quando combatte l’errore. Ha inventato la storia, sempre contemporanea, che è cosa diversa dalla memoria e dalle res gestae di un potente (senza far torto al grande Ottaviano Augusto). Ma gran parte dell’umanità non ha partecipato a questa vicenda, se l’è trovata bell’e pronta, come luce riflessa di un occidente, che da sempre al tramonto, non vuole saperne di tramontare.
E questa è la condizione della umanità nella modernità, senza essere strutturalmente moderna, senza avere compreso che la tradizione non è tradizionalismo e che è una specularità del nuovo, della sperimentazione, che coinvolge tutto, mentre il tradizionalismo è il predominio del morto sul vivo, come se fosse un destino, un’elezione o una condanna, essere in un certo modo, piuttosto che in un altro.
L’uomo nella modernità non accetta il pluralismo, il manifestarsi del nuovo, la dignità della diversità; e questo comporta un rifiuto della modernità, subìta, piuttosto che interpretata e ogni reazione, che diventa reazionarismo, comporta una separazione, che diventa, assoluta e totale, in quanto non corretta dalla comune accoglienza di una società aperta. Difficile per l’uomo moderno. Improponibile per l’uomo nella modernità.
Francesco Gallo Mazzeo – Professore emerito all’ABA di Roma- Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive al Pamtheon Institute Design & Technology di Roma e Milano