I Cinquestelle non sono più grillini. Il secondo voto telematico, con il quorum raggiunto e l’abolizione del Garante, forse avvierà una nuova battaglia politico legale tra il perdente Beppe Grillo e il vittorioso Giuseppe Conte, sul simbolo e sui voti, il tutto sulle spoglie di un movimento che nel 2018 era il partito più votato dagli italiani e dopo le europee di quest’anno arranca, in secca, sotto il 10 per cento.
La cronaca politica fa, con l’acribia catalogatoria sadiana del giornalismo italico, il puntuale resoconto di una contesa già in atto su stoviglie federe e tazzine pentastellate. Il colore e il folklore registrano un Grillo che cita il finale del film The Truman Show: “Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buona notte”. È un addio se non più pentastellato di sicuro tutto grillino. Cioè apprezzabilmente ironico.
Come diceva Nietzsche
Ora che la stagione grillina è tramontata salvo battaglie possiamo dirlo, con tutte le riserve politiche, con tutto l’interesse gnoseologico e parafrasando Friedrich Nietzsche: Grillo è stato apprezzabile come fenomeno estetico. Il comico di scuola genovese (come non ricordare che il suo autore, all’inizio, era l’amico Antonio Ricci?) ha portato un elemento nuovo nella rappresentazione politica: l’ironia, l’autoironia. Assente e bandita nella cosiddetta Prima Repubblica, sperimentata nei momenti più cordialmente “bauscia” da Silvio Berlusconi, grattugiata qua e là da un Francesco Cossiga nei suoi momenti più “up” di rottamatore, l’ironia rappresentativa è stata il marchio di fabbrica di Grillo dall’inizio.
Già dal “vaffa day” del 2009, già dall’apertura della campagna elettorale del 2012 attraversando lo Stretto di Messina a nuoto. Già dal “d’ora in poi chiamatemi Elevato” del 2015, in un discorso in cui si citava fra l’altro quel “poveruomo” di Noè che doveva costruire l’Arca mentre si prendeva del rincoglionito dalla famiglia tutta. Lo stesso Grillo, qualche mese fa, auto-ironizzava sul poco pubblico pagante al suo stesso spettacolo teatrale. L’ironia, l’iperbole, il paradosso, questi elementi comici sono stati assunti da Grillo come ingrediente fondamentale per la sua stessa figura di politico “renegade”, fuori dalle regole. Il tutto è perfettamente in linea, del resto, con la sua costituency postmoderna, anti-professionale e anticorporativa.
Dal coté mistico al Savonarola
Parlando del M5S degli inizi la dissonanza era evidente quando si paragonava Grillo a Gianroberto Casaleggio. Da una parte il comico, dall’altra uno che da perduto fan della mitologia arturiana organizzava riunioni alla tavola rotonda del castello di Belgioioso. La coesistenza del lato comico grillino e del coté mistico casaleggiano è uno dei non pochi misteri (buffi) pentastellati.
Come non ricordare i video diffusi dalla Casaleggio e Associati negli anni Zero: il filmato Prometeus che inizia con la frase: “l’uomo è Dio” e illustra un futuro distopico, e comunque saturato dalla tecnologia; il filmato Gaia, che racconta esplicitamente di un Nuovo Ordine Mondiale in cui le piattaforme del web (da Google in poi) concorrono a fondare una vita nuova, negli anni 40 del duemila, dopo una guerra che riduce la popolazione mondiale a un miliardo di persone. Con i riferimenti a Savonarola, Gutenberg, Mussolini, Hitler, ma anche Hugo Chavez e Barack Obama, come esempi di informazione che ribalta il potere.
Non è chiarissimo se Casaleggio e Associati volessero creare una redenzione informativa dell’umanità o se stessero solo facendo pubblicità all’internet delle piattaforme.
Fuori dalla scatoletta di tonno
Ma tutta questa contraddizione (vitale o farlocca, fate voi) ormai appartiene al passato, con la scomparsa dell’innovatore accidentale (o guru per caso) Casaleggio nel 2017, e con l’uscita di scena trumaniana di Grillo adesso siamo a un movimento che si è trasformato in un partito, ed è stato metabolizzato dal sistema politico.
Di Grillo rimane un paradosso ironico e un’immagine iconica. Quella del parlamento da aprire come una scatoletta di tonno e che invece si è richiuso. Lasciando fuori il fondatore.
Bruno Giurato – Giornalista