Costituzione formale e materiale, una voce controcorrente

Una riflessione sul filo della provocazione intellettuale e del paradosso di un ex giudice costituzionale, nel suo stile arguto e profondo.

Per ogni cittadino, la Costituzione, legge fondamentale dello Stato, va rispettata e scrupolosamente applicata per rispetto del principio democratico. Anche se non condivisa in toto o in qualcuno  dei suoi aspetti, essa è comunque il frutto del pensiero dominante e maggioritario nel Paese.

Ogni tentativo di modificarla radicalmente deve muoversi nel  rispetto delle regole democratiche. Ora, è noto che non si cambia veramente una realtà se non muta la mentalità che l’ha creata: è l’insegnamento di Albert Einstein. Se oggi, quindi, si parla di riforme costituzionali che appaiono solo palliativi che cambieranno di poco la sostanza delle cose è perché non sembra essere cambiato il pensiero prevalente nel Paese. 

Un giurista non può che prenderne atto e passare la mano al filosofo che può combattere con la penna e con la parola una mentalità che è divenuta stantia. Si ammette comunemente che il livello d’incultura è chiaramente crescente, o se si vuole che la cultura diventa sempre più superficiale ed epidermica. V’è chi dà la colpa alla stessa Costituzione che all’articolo 33 avrebbe dato il “via libera” alla speculazione dei preti e dei privati senza scrupoli consentendo loro di aprire e gestire veri “diplomifici” e chi incolpa, invece, Internet e il sapere in pillole diffuso on line.

In realtà, il declino della cultura italiana ed europea ha data bimillenaria. Solo l’era fulgida dei veri filosofi, i presocratici e i sofisti (non il fantasioso Platone con la sua metafisica para-religiosa), attraverso  la speculazione accentrata sull’Uomo e i suoi problemi esistenziali  aveva posto le premesse per creare e realizzare una civiltà ineguagliata che trasformava la lucidità del pensiero in azione pragmatica concreta, utile all’individuo e alla polis

Il buio sopravvenuto dopo il sopravvento della mentalità mediorientale (e che  dura da duemila anni) ha fatto sì che il pensiero cattolico dominante creasse l’ordinamento della Chiesa come rigidamente autoritario e sostanzialmente assolutistico e che, insieme al pensiero idealistico tedesco con Hegel, producesse due fenomeni politici tendenti a un’odiosa tirannia come il clerico-fascismo e il catto-comunismo.

Quella mentalità che ha creato la nostra realtà non è cambiata. Siamo sempre in presenza di:

  1. Un pensiero religioso, cristiano, denominato contraddittoriamente (e forse per finalità esorcistiche) “democratico”;
  2. Un pensiero idealistico tedesco e post-hegeliano trasfuso nel neo-fascismo, nel post-comunismo e, attraverso gli insegnamenti di Gentile e di Croce, nel codiddetto “liberalismo” di marca eurocontinentale.

 

Chiedersi se in tali condizioni di pensiero, persistenti e perduranti, possa considerarsi  la nostra Costituzione formale e materiale come ispirata alla libertà, intesa in senso pieno, e possa essa considerarsi modificabile e migliorabile nella stessa direzione è domanda vana.

Chi ritiene necessario espungere gli irrazionalismi che crede presenti, per fede o fanatismo ideologico, nella Legge Fondamentale dello Stato Italiano dovrebbe fare opera di convincimento filosofico per cambiare la mentalità dei più e non piangere sul latte versato. Non è facile. Qualche esempio può chiarire meglio il concetto.

Il bilanciamento tra i tre poteri dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, non è una panacea ma è osservato, con qualche risultato utile,  in tutte le cosiddette liberal-democrazie, tranne che in Israele e in Italia. È difficile trovare una ragione plausibile a una tale eccezione, ma se si fa  ricorso a un processo logico deduttivo, si coglie la difficoltà di cambiare le cose.

Per motivi religiosi in questi due Paesi si ritiene che Dio sia soprattutto interessato alla Giustizia e, poi, eventualmente alla Misericordia. Condanna e perdono sono i poli di guerra  e di pace della mentalità giudaico-cristiana. In conseguenza il potere giudiziario nelle Costituzioni di tali due Stati è stato sovraordinato agli altri due. 

Il risultato è che i vincitori di un concorso pubblico, di modeste difficoltà, espletato da giovani appena usciti dall’Università spesso malamente frequentata, oggi, sono in grado di impedire ai rappresentanti scelti dal popolo sia di governare sia di fare leggi che ai giudici risultino non gradite.

Domanda: c’è tra i lettori chi è disposto ad aiutare la filosofia a non andarsene povera e nuda? C’è chi è pronto a impegnarsi per rivedere la spuria origine del liberalismo italiano da una filosofia assolutistica tedesca e dai suoi compromessi con la cultura cattolica (e ritenere l’espressione “cattolico-liberale” soltanto un deplorevole ossimoro) e per ricondurlo nell’alveo del pensiero laico, razionalistico, empiristico greco-romano, distrutto da pacifiche invasioni mediorientali e violente aggressioni nordiche?

Se non c’è nessuno pronto a farlo, si taccia e si dia ragione a Oswald Spengler sull’inevitabile tramonto dell’Occidente! Sarà ben meritato!

 

Luigi Mazzella – scrittore, saggista, ex giudice costituzionale 

 

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