Alla fine il Papa ha “bucato” lo schermo.
Ha infatti ribadito le idee forza del suo pontificato su guerre, migranti, ecologia e incarnazione; concesso qualche chicca più o meno inedita, in particolare circa il proprio “normale” bisogno di avere degli amici; regalato alcune frasi forti, come il “diritto umano al perdono” e la guerra “controsenso della creazione”.
Fabio Fazio sembra aver spuntato le armi di quei cattolici che nei giorni scorsi accusavano Che tempo che fa e la satira di Luciana Littizzetto di gettare da sempre fango sulla Chiesa: ha chiesto a papa Bergoglio come si prega, ha affermato che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Si è inoltre appreso che egli è vicino alla comunità Nuovi orizzonti di Chiara Amirante, dove ha incontrato papa Francesco e dove è nata l’idea di questo incontro.
“Incontro” del resto è la parola usata dal Papa per definire il collegamento da Santa Marta a Che tempo che fa, che la Rai ha chiamato “evento televisivo” e al quale non ha giovato la martellante campagna pubblicitaria che lo ha lanciato: secondo i canoni televisivi sembra che per la qualifica di evento fosse necessaria la diretta, mentre la conversazione era stata registrata nel pomeriggio.
Evento o non evento, possiamo collocare l’intervento papale nel novero delle interviste, e tra tutte quelle concesse da papa Francesco quella del 6 febbraio su Rai3, la rete più corsara della televisione pubblica italiana, è sicuramente interessante, benché nelle risposte non ci siano novità di rilievo. La scaletta ha permesso a papa Bergoglio di spiegarsi e raccontarsi sul grande schermo e, senza nessun buonismo, di far emergere la forza radicalmente fragile del messaggio evangelico.
Anche alcuni che Oltretevere temevano che l’iniziativa non giovasse al pontefice, hanno attenuato le critiche dopo averla seguita: resta il rischio di inflazione degli interventi papali, hanno commentato fonti vaticane, ma la prova televisiva di domenica sera presa in sé sembra positiva. Francesco è stato presentato alla luce delle sue idee forti, toccando anche la chiave popolare: “Il papa di tutti, che vuole raggiungere tutti, che parla a tutti”.
Non è la prima volta che papa Bergoglio concede un’intervista, inserendosi nel fecondo rapporto dei papi con i media, cominciato in tempi moderni nel 1931, quando Pio XI inaugurò con Guglielmo Marconi la prima stazione della Radio vaticana. Quanti oggi lo accusano di secolarizzazione e desacralizzazione del pontificato dimenticano questo rapporto, passato attraverso carta stampata e tv, fino alle reti sociali.
Dopo la nascita della sala stampa vaticana, ai tempi del Concilio ecumenico vaticano II, ogni papa ha costruito la propria comunicazione secondo stile proprio e personale scelta dei collaboratori e delle priorità. Il rapporto con la televisione pubblica in Italia è stato molto stretto e ha prodotto una cultura della trasmissione di messe ed eventi religiosi, presenti o meno i papi.
Con Giovanni Paolo II la comunicazione si è rivolta al mondo e ha assunto un profilo sempre più internazionale .Il primo papa a concedere una intervista è stato Leone XIII, rispondendo ad alcune domande sull’antisemitismo della giornalista atea Caroline Remy, che si firmava con lo pseudonimo di Severine. L’intervista uscì su Le Figaro nel 1892, in pieno affare Dreyfus. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno rilasciato interviste lunghe, confluite in libri, rispettivamente a Vittorio Messori e Gianfranco Svidercoschi il primo e a Peter Seewald il secondo.
Papa Wojtyla ha inaugurato le conferenze stampa in aereo durante i viaggi apostolici internazionali ma non ha rilasciato interviste televisive; si ricorda la sua telefonata in diretta a Porta a Porta per ringraziare della puntata dedicata al ventesimo anno del pontificato.
Papa Francesco, invece, nel 2016 telefonò a Unomattina complimentandosi per il trentennale della trasmissione. Benedetto XVI concesse una intervista a A sua immagine, programma religioso della Rai, registrando le risposte. L’attenzione ai nuovi media, che ha permesso a papa Wojtyla di godere subito dei vantaggi offerti da Internet, ha portato Benedetto XVI ad aprire un account twitter, a dicembre del 2012.
Il primo cardinale a usare twitter era stato il “ministro della Cultura” del Vaticano, Gianfranco Ravasi, veicolando frasi evangeliche, in genere adatte al formato dei 140 caratteri. Papa Ratzinger sui social, con l’account in diverse lingue, ha avuto un enorme successo, e da subito ha dovuto fare i conti anche con messaggi negativi, a volte volgari, a volte di odio esplicito. Nonostante ciò, la scelta è stata di mantenere l’account Pontifex, ereditato poi dal successore Bergoglio.
Papa Francesco ha già rilasciato interviste televisive in Italia: alla televisione della Cei, Tv2000, a conclusione del giubileo della misericordia, e al Tg5 a gennaio del 2021. Ha anche contribuito a programmi di contenuto religioso sia per Mediaset sia per Tv2000, tra l’altro con la trilogia sulle preghiere Padre Nostro, Ave Maria e Credo. Stralci sulle coppie gay di una sua intervista alla vaticanista messicana Valentina Alazraki, concessa nel 2019, sono stati inseriti nel 2020 nel docufilm “Francesco” dal regista russo Evgeny Afineevsky, che nel lancio promozionale del docufilm, con una certa disinvoltura, se li è attribuiti.
Il montaggio della intervista a Mediaset ha inserito le risposte registrate dal papa all’interno di immagini di interventi pubblici papali sui temi più vari, rendendo difficile distinguere i contenuti della intervista vera e propria. Come i lettori di Beemagazine già sanno, papa Bergoglio accetta il rischio di distorsioni e inciampi pur di confrontarsi con tutti e divulgare il più possibile il suo messaggio.
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E poco si cura delle esigenze di tv e mercato pubblicitario: aveva già raccontato di non guardare la televisione dal 1990, e a Fazio ha elencato alcune eccezioni in cui si è messo davanti al piccolo schermo: l’insediamento del presidente, le Torri gemelle, e poco altro. Jorge Mario Bergoglio usa poco la televisione, e non si fa usare.
Giovanna Chirri – Giornalista, vaticanista