I cittadini italiani, privati da circa vent’anni della scelta dei parlamentari, hanno adesso la possibilità di riappropriarsi della libertà essenziale che dà corpo alla sovranità popolare, fondamento della democrazia rappresentativa della Repubblica italiana.
È stato infatti costituito il Comitato referendario per la rappresentanza che promuove la raccolta delle firme per abrogare alcune parti del cosiddetto Rosatellum, la legge elettorale politica in vigore, famigerata tra l’altro per i listini bloccati e le pluricandidature, espedienti truffaldini aventi lo scopo di alterare la genuina volontà degli elettori, indirizzandola e comprimendola.
Il Comitato prosegue ed onora l’opera indefessa dell’onorevole Felice Besostri, l’avvocato appena scomparso che, con acume e determinazione, generosamente profuse ogni energia contro gli altri obbrobri elettorali del Porcellum e dell’Italicum. Il tempo di raccolta delle firme è poco: 3 mesi. Il numero delle firme è alto: 500.000.
Il sito iovoglioscegliere.it mette a disposizione degli interessati tutto il materiale utile a spiegare e propagandare le proposte referendarie, ed a facilitare in ogni modo la raccolta delle firme.
I quesiti referendari sono quattro e intervengono su specifici aspetti della normativa in vigore:
- Abolizione del voto congiunto tra candidati uninominali e liste plurinominali. Il cittadino potrà scegliere tra lista proporzionale e candidato uninominale, libertà oggi negata;
- Niente soglie di accesso per liste autonome e per coalizioni. Si riduce la dispersione di voti validi e si garantisce un maggiore pluralismo nella rappresentanza politica del popolo italiano;
- No alle pluricandidature e ogni candidato solo nel suo collegio. Si impedisce agli apparati di partito di predeterminare la composizione del Parlamento e si riduce il numero dei parlamentari “fedeli” ai capi partito;
- tutte le liste devono raccogliere le firme per proporre candidature. Si abolisce il privilegio che esonera dalla raccolta di firme i partiti già presenti in Parlamento, assicurando che tutte le forze politiche partano alla pari nella competizione elettorale, con uguale obbligo di raccogliere lo stesso numero di firme.
Il successo referendario di questi quesiti contribuirebbe in modo significativo a modificare l’assetto politico-parlamentare venutosi a determinare con la prevalenza dei metodi elettorali realizzati, ma bisognerebbe dire perpetrati, prima dal Porcellum, così definito dal ministro proponente; poi dall’Italicum, pretenzioso nome di un pretenzioso proponente; infine dal Rosatellum, che di floreale ha soltanto il vezzoso nome mentre di fatto si tratta di erba velenosa. Questi sistemi elettorali, approvati sulla soglia della fine legislatura allo scopo di favorire la vittoria dei fautori, ma a loro scorno senza neppure riuscirci, hanno determinato un sistema politico rappresentativo che più volte, in diversi articoli, ho definito “oligarchia temperata dal voto”. La definizione è ignorata, ovviamente, dalle forze politiche incistate nell’oligarchia e da certi patentati costituzionalisti che sconoscono sia la chioma sia le radici dell’Albero della libertà, viepiù avvizzito dopo la potatura di 345 parlamentari.
E mi spiego per l’ennesima volta, almeno per coloro che vorranno sostenere il referendum e affrancarsi alquanto, non del tutto, dalla cappa di potere oligarchico che grava sulla democrazia italiana. Oligarchia è il governo dei pochi sui molti. Il sistema ideale detto “governo rappresentativo” è indubbiamente un’oligarchia, ma sottoposta almeno a due contropoteri anti-oligarchici: primo, il governo, cioè il complesso parlamento-governo, è rappresentativo, scelto, insediato liberamente dal popolo e investito del potere in suo nome; secondo, il potere non è assoluto, ma limitato, diviso, sottoposto a controlli e bilanciamenti. Le leggi elettorali italiane dell’ultimo ventennio hanno allentato fino a sfaldare il legame che deve esistere tra rappresentanti e rappresentati, se i nomi corrispondono alla cosa. Gli eletti sono di fatto nominati dai capi partito e tali sono percepiti anche nel comune sentire del popolo, che addirittura quasi ignora nome e faccia dell’eletto finché non finisca sui giornali o in televisione, per motivi buoni o cattivi.
Sono vent’anni che gl’Italiani hanno perso il diritto di scegliere liberamente i loro rappresentanti in carne ed ossa. Hanno perso la libertà fondamentale della democrazia rappresentativa da quando, in vari modi, sono stati costretti a “prendere o lasciare”, ad accettare o rifiutare il menu che passa il convento dei partiti. Esiste una differenza capitale tra ratificare candidati a pacchetto, imposti e sottoposti all’elettorato, ed eleggere (eligo=scelgo) rappresentanti politici selezionati per la persona. Se un candidato viene collocato in posizioni di candidatura che il meccanismo elettorale prefigura favorite, come potrà essere e sentirsi appieno un libero rappresentante degli elettori piuttosto che il devoto del capo partito alla cui fedeltà deve il privilegio che gli è stato concesso?
Se la partecipazione alla competizione elettorale è ristretta di fatto al novero di concorrenti selezionati dall’alto, la gara non è forse truccata in partenza? Alla roulette può estrarsi un numero tra zero e trentasei, non oltre. Con l’aggravante che puntano solo i giocatori già ammessi al tavolo, dove difficilmente accedono altri giocatori, che ne vengono impediti con speciose motivazioni. Un’elezione può essere legalmente artefatta, alla stregua di una roulette invece truccata ad arte.
Questi biasimevoli sistemi elettorali hanno agevolato e consolidato l’insediamento di un’oligarchia che non è meno oligarchica per il fatto di essere, appunto, temperata da un voto popolare che tuttavia le conferisce la patina soltanto della democrazia propriamente detta. Una oligarchia, lo insegnò Aristotele (l’Ipse addottorato in costituzionalismo più di un Calderoli o di un Renzi o di un Rosato), si ha pure quando la possibilità di adire le cariche politiche dipenda da fattori estrinseci all’uguaglianza legale, come la ricchezza o la figliolanza, oppure l’amichettismo, diremmo oggi guardando in controluce i nominativi dei candidati papabili e considerando gli espedienti paralegali per garantirne il posto. Qui uguaglianza rinvia a requisiti ineludibili e significa: primo, una gara aperta a tutti; secondo, una medesima linea di partenza; terzo, leale compartecipazione; quarto, artifici vietati. La legge elettorale vigente, il Rosatellum, non soddisfa nessuno di tali requisiti.
Non deve sfuggire che spesso un regime, pur democratico per le sue leggi, tende naturalmente all’oligarchia per la deriva delle eccezioni a quelle leggi. “Ciò avviene soprattutto dopo i mutamenti della costituzione: questi infatti non sono mai improvvisi, ma dapprima gli uni prevalgono un poco sugli altri, sicché restano ancora in vigore le leggi precedenti, ma in realtà dominano ormai quelli che provocano il mutamento costituzionale” (Aristotele, Politica, Utet, 196). I più avveduti, ragionando, e la gente comune, constatando, sono ormai consapevoli del fenomeno che chiamo “inerzia oligarchica” cioè dell’avvenuto scivolamento della democrazia parlamentare verso l’oligarchia politica, provocato dai mutamenti dei metodi elettorali, che, contro le interessate falsità messe in giro dai partiti, non sono affatto relegabili nel mondo asettico delle tecniche elettorali ma appartengono alla natura profonda del sistema costituzionale. L’assuefazione all’andazzo è ciò che Aristotele descrive come “abitudine” al mutamento costituzionale in senso oligarchico. Manipolando il calcolo dei voti con il metodo elettorale loro gradito, per ottenerne i risultati più prossimi a quelli desiderarti quanto ai nomi ed ai numeri, le élites insediate in Parlamento conseguono pure una contrazione della libertà politica e dell’uguaglianza legale, effetto collaterale non proprio disdegnato.
Pertanto, firmare il referendum contro la legge elettorale che ha tolto la sovranità agli elettori significa restituire al popolo la libertà di scegliere e conferirgli almeno la possibilità di ridimensionare l’oligarchia partitica che spadroneggia sulla politica.