Con il Ponte sullo Stretto, Messina diverrebbe la Shanghai europea. Se n’è parlato alla Conferenza patrocinata dall’ Unioncamere di Roma con la partnership di Uniontrasporti: “Ponte sullo Stretto di Messina. Le sue potenziali ricadute economiche, sociali e ambientali”.
Partecipi all’iniziativa molti volti noti dell’imprenditoria italiana e nomi altisonanti dell’ingegneria come il Presidente Uniontrasporti Blandina, il direttore Anas Bernardini, l’assessore siciliano Aricò, l’ingegner Mele (responsabile della costruzione del ponte) e tanti altri. Stella di punta il ministro Matteo Salvini, interessatissimo a che il ponte venga eretto.
Il parere è univoco: la costruzione porterebbe solo vantaggi socio-economici. All’orizzonte innumerevoli posti di lavoro, sviluppo delle due regioni interessate (Calabria e Sicilia) ed un notevole introito di denaro. Per Salvini “il ponte è un moltiplicatore di sviluppo. Messina e Reggio Calabria avranno un potenziale da 500mila abitanti che saranno attrattori di startup, sviluppo commerciale e turismo”.
Insomma, stando a quanto si è detto, le legislazioni precedenti sembrerebbero non aver colto lo spirito progressista dell’annosa questione (se ne parla da almeno cinquant’anni).
I vari Ruffini, Lattanzio, Formica, Mannino et similia erano orbi verso il futuro del Sud, o forse avevano colto che l’impresa sarebbe stata cosa non facile?
Salvini sostiene che “non ci vuole un laureato per capire che metterci 10 minuti per passare dalla Calabria alla Sicilia è meno di metterci 180 minuti con i traghetti. E risparmi tempo, soldi ed emetti meno Co2, visto che oggigiorno devi svegliarti e capire quanto emetti. È stato calcolato che ci sarebbero circa 140mila tonnellate di Co2 in meno togliendo i traghetti”; ma forse un laureato ci vorrebbe per spiegare che i recenti studi commissionati dal comune di Villa San Giovanni rivelano che l’area interessata dal progetto è attraversata da faglie attive che aumenterebbero, di fatto, il rischio sismico di una terra già di per sé già ballerina (ricordiamo il terremoto del 1908).
Ma il ministro è tranquillo, sostiene che “tecnicamente non ci sono motivi ostativi, purtroppo in Italia si fa ideologia su tutto” (e i rilievi del comune di villa San Giovanni?) ed aggiunge: “Sono però convinto che a cantieri aperti anche tra i siciliani, che sono giustamente scettici, visto che lo aspettano da 100 anni, quando le ruspe inizieranno a scavare, una parte di questo scetticismo si esaurirà”.
Ma Salvini ignora il problema principale che impedisce la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina? Ovvero la non edificabilità del versante calabrese? Questa zona, infatti, è caratterizzata da una particolare fragilità geologica, tanto da essere stata dichiarata non edificabile dall’Ispra nel 2015, durante uno studio approfondito sulle faglie attive in Italia.
Tale studio ha portato alla luce la presenza di faglie attive nella zona, rendendo impossibile qualsiasi progetto di costruzione. La decisione dell’Ispra si configura quindi come un’attenta valutazione dei rischi associati alla costruzione in una zona sismicamente attiva.
Secondo uno studio indipendente dell’ingegnere Paolo Nuvolone poi (presentato in consiglio comunale a Villa San Giovanni) i punti di ancoraggio, il pilone, il pontile e gli svincoli del ponte ricadrebbero proprio in queste zone di non edificabilità.
Inevitabile dunque la tensione politica intorno al progetto, aumentata dalla proposta di un emendamento leghista al ddl Sicurezza, che prevede pene severe per chi protesta contro la realizzazione di opere pubbliche.