I popoli che si fanno piccoli nei pensieri, si fanno deboli nelle opere.
Purtroppo questa sentenza di Carlo Cattaneo sembra un po’ l’autobiografia dell’ultima fase della vita italiana. Ma il fattore, il lubrificante fondamentale per diffondere il senso della cittadinanza, aiutare a pensare un po’ in grande, è la pedagogia civile. Qual è lo stato della pedagogia civile in questa fase in questo Paese?
Chi fa pedagogia civile?
La sta facendo, come fa da tempo, per fortuna, ma quasi “Vox clamans in deserto”, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La fa come quando nei giorni scorsi pesca dalla memoria di Giovanni Falcone o anche da quella più recente e un po’ dimenticata del giovane ex presidente del Consiglio Giovanni Goria, cogliendo l’occasione per rilanciare il senso e il ruolo del Parlamento, in una fase in cui quel senso e quel ruolo sono decisamente più rachitici che in altre fasi.
Siamo diventati sempre più il Paese degli orazi e dei curiazi, dei troppi settarismi, della troppa divisività. Non a caso, l’Academy Spadolini che presiedo è l’Academy “Per il superamento della divisività e del populismo”.
Le sirene del populismo che suonano sia a destra sia a sinistra non sono certo il mezzo migliore per favorire meno settarismi e meno divisività e per alimentare una sana pedagogia civile. Un tempo, chi andava anche ad un comizio di Aldo Moro o di Enrico Berlinguer, o di Pietro Nenni o di Ugo La Malfa e poi di Giovanni Spadolini partecipava ad un sano momento, ad una sana occasione di pedagogia civile. Quale pedagogia civile può uscir fuori dai comizi di quasi tutti i politici di oggi?
Non sto qui a fare facile antipolitica, ma a prendere atto di questa situazione. Certo, qualche piccolo passo avanti lo abbiamo fatto. Nel paese del presentismo e dell’oggicrazia abbiamo dimenticato i danni enormi creati nella scorsa legislatura, con l’uno vale uno e l’ignoranza al potere dei Cinque Stelle, con quel grande progetto di diseducazione civile dei giovani che è stato il reddito di cittadinanza. Qualche recupero c’è sotto qualche dimensione oggi. Ma perdura quel sostanziale divorzio tra cultura e politica, quell’assenza sostanziale di senso della memoria storica che ci hanno indotto a fondare l’Academy Spadolini.
Eppure, in riferimento ai temi politico-istituzionali che oggi occupano l’agenda, cosa ne emerge in quanto a possibilità di sana pedagogia civile?
Ad esempio, gli orazi sono per l’elezione diretta del premier e i curiazi sono contro. Ma che se ne trae fuori? Non a caso, più volte ho scritto che la soluzione migliore, visto che siamo ancora in presenza di un parlamento di nominati dove le competenze sono quelle che sono, sarebbe stata quella di eleggere velocemente con metodo rigorosamente proporzionale un’assemblea per la revisione istituzionale, magari riservando il voto finale ai due rami del Parlamento, articolo per articolo e senza emendamenti sul testo, entro sei mesi o un anno prodotto da quell’assemblea.
Un’assemblea formata da candidati con precisi requisiti di competenza in materia istituzionale. Cosa verrà fuori dalle migliaia di emendamenti che oggi il Senato e domani la Camera dovranno discutere e ridiscutere? Le due Camere continueranno ad essere su questa materia, sostanzialmente, come le camere di amplificazione di certi complessi musicali un po’ dilettanteschi che suonano musica stonata.
Non a caso, come Academy Spadolini siamo stati gli unici a promuovere un seminario sui pro e i contro dell’elezione diretta del premier. Un seminario in cui specie autorevoli esponenti politico-istituzionali della destra ascoltavano con rispetto l’ex presidente del Consiglio Lamberto Dini mentre all’inizio illustrava tutte le sue gravi critiche e perplessità sull’elezione diretta del premier. In cui, però, si ascoltava anche qualcuno dei nostri bravi costituzionalisti che parlava a favore, oltre a quelli che intervenivano contro. E pure esponenti politico-istituzionali della destra intervenivano per proporre, invece, le loro posizioni. Questa è una sorta di pedagogia civile.
A impedire una sana pedagogia civile sono soprattutto i settarismi o la troppa divisività, oltre alla qualità attuale della classe politica, favorita dalla legge elettorale che ben tutti conosciamo e ancor più dall’assenza dello strumento delle preferenze.
Ma pedagogia civile significa anche saper pescare, come usava fare da grande storico Giovanni Spadolini, dai più significativi esempi della storia, per lanciare messaggi di alto livello formativo e ci permettiamo di aggiungere di pedagogia democratica e culturale. Lui lo faceva soprattutto pescando dai grandi del Risorgimento come Mazzini, Cattaneo e tanti altri.
A me è capitato di farlo, in questi giorni, anche pescando dalla memoria di Giacomo Matteotti, di cui ricorre il centenario. Già molto impegnato nella pedagogia civile nell’azione nelle scuole e con una sana linea riformista, aldilà di qualsiasi massimalismo, altrettanto impegnato nello studio serio dei problemi e delle questioni, passando anche giornate intere nella biblioteca della Camera prima di giungere al massacro, ad opera di una squadraccia fascista, dopo un’estrema manifestazione di pedagogia civile, come quell’intervento alla Camera dei Deputati agli albori dei fascismo, che si chiama “Coraggio civile” nella sua espressione più elevata.
Ma ai lettori, ai cittadini, ancor più ai giovani, non si ricordano questi aspetti nel modo dovuto. Se a mano a mano viene sempre meno il senso della storia e della memoria storica, quale pedagogia civile si offre? Sostanzialmente si continuerà a lasciare solo il presidente Mattarella nella sua coraggiosa azione di pedagogia civile, quasi come unico soggetto realmente unificante in mezzo a una classe politica, e ad un Paese, troppo divisi.
Per queste ragioni, come Academy Spadolini, siamo e saremo impegnati sempre più in una sana azione di pedagogia democratica e civile. Proprio in quanto Academy della Repubblica tesa a superare la troppa divisività e il troppo populismo, proprio in quanto accademia del Talento, che annovera sostanzialmente tutti talenti al suo interno e come tale è legittimata a promuovere il valore del merito (che, però, deve operare congiuntamente con il valore e fattore della concorrenza), stiamo evolvendo anche ad accademia per la promozione della Pedagogia Civile.
Non a caso, nelle scorse settimane si sono aggiunti a noi sia vari sindaci, tecnici o della sinistra, sia personalità come Giuliano Urbani che furono all’origine di Forza Italia, sia vari giovani e rappresentanti di organizzazioni studentesche. Forse, soprattutto questi, che rappresentano la parte migliore del mondo giovanile (in cui i talenti sono molto più diffusi di quanto si ritenga), cercano in noi sani momenti di pedagogia civile, che non trovano certo se vanno a comizi, tanto meno a comizi elettorali.
Proprio il 29 maggio, alla facoltà di giurisprudenza della Sapienza, abbiamo tenuto un evento sul dialogo intergenerazionale, per il quale sono stati coinvolti vari rappresentanti di sigle studentesche. Per fortuna, nelle Università non ci sono solo i giovani un po’ ubriacati dall’ “Hamasismo” (per certi aspetti anche un po’ modaiolo), ma giovani che hanno fame di storia, di senso della memoria storica, di cultura politica, senza le quali non ci può essere sana pedagogia civile.
Benedetto Croce ci ha regalato, per fortuna, lasciti intellettuali e culturali fondamentali. In mezzo a questi lasciti, tuttavia, c’è una “frescaccia”. In chiave un po’ elitario-intellettualistica, egli sosteneva che “Per i giovani l’unico problema è diventare più vecchi”. I giovani sono, invece, il vero petrolio di una nazione. Tanto più dell’Italia, in cui per ragioni demografiche sono una risorsa scarsa. Ma senza pedagogia civile i giovani si ritrovano e si ritroveranno sempre più demotivati, e magari i tanti talenti che ci sono tra di loro continueranno a salire su aerei che li portano a Londra, a Berlino o negli Stati Uniti.
Proviamo a valorizzarli, tramite il lubrificante di una sana meritocrazia e il tonico indispensabile di una sana pedagogia civile, come per quel poco che possiamo cerchiamo di fare con l’Academy Spadolini, altrimenti gli effetti saranno certamente due: ancora più giovani talenti in fuga e (certamente non meno importante) ancora più astensioni dal voto che si aggiungeranno a quel 50% ormai sostanzialmente dato per certo. Salvo che i partiti non vogliano fare una sorta di lottizzazione del voto, e che un corpo elettorale sempre più ristretto non faccia loro, in qualche modo, comodo…
Luigi Tivelli –Presidente Academy Spadolini