Economia

Codice appalti, Enzo Pelle (Filca-Cisl): bene approvazione in Cdm. Ma ora interventi per migliorare il testo

L’approvazione del nuovo Codice degli appalti è stata accolta con soddisfazione dal mondo delle imprese del settore e non soltanto, anche perché arriva dopo una lunga attesa e nel momento in cui l’edilizia ha avuto nuovo impulso grazie al cosiddetto bonus 110. Ora tocca al Parlamento intervenire per migliorare il testo di un provvedimento che inciderà sull’economia del Paese. “Nel complesso l’impostazione del nuovo Codice valorizza l’interesse primario alla realizzazione delle opere in tempi congrui. Ora seguiremo con attenzione il percorso parlamentare per rivendicare ulteriori miglioramenti”. È questo il pensiero del segretario generale della Filca-Cisl, il sindacato degli edili, Enzo Pelle, impegnato in questi giorni a illustrare in giro per l’Italia i programmi per questo importante comparto dell’economia che si intende portare avanti. “Il nuovo Codice, ha dichiarato Pelle, ha l’evidente scopo di fornire un corpo unico, direttamente attuativo, grazie anche ai suoi 35 allegati. L’impianto normativo, osserva ancora Pelle, in molte sue disposizioni, è apprezzabile e condivisibile, penso ai chiarimenti che fornisce in merito alla sostituzione delle cosiddette stazioni appaltanti nei casi di inadempienza contributiva e retributiva delle imprese, nei casi di suddivisione in lotti nella realizzazione di un’opera”. “Nel nuovo Codice, sottolinea Pelle, rimangono fermi quei principi positivi sui contratti per tutta la durata dell’appalto, con riferimento a quelli sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, sul mantenimento delle stesse condizioni di lavoro in caso di subappalto. Inoltre, si conferma la centralità del sistema bilaterale nella certificazione contributiva, il Durc, una pietra miliare per il controllo della regolarità dei contributi e delle retribuzioni”. Quanto agli eventuali correttivi che in Parlamento dovrebbero trovare spazio in sede di approvazione il segretario della Filca ne individua alcuni.“Noi crediamo, afferma, che sia ancora possibile rafforzare la digitalizzazione, strumento di semplificazione e trasparenza, e chiediamo l’elaborazione di un ‘bando tipo’ correlato a un ‘contratto

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Ambiente

Ucraina, tra le vittime c’è anche l’ambiente

La guerra tra Russia e Ucraina, scoppiata improvvisamente e di cui ancora non è possibile prevedere una soluzione pacifica ha riproposto, oltre alle immagini di morte, distruzione, disperazione e file di profughi alla ricerca di una speranza di vita, un problema molto serio, quello dei danni a un eco sistema che saranno molto difficili da riparare in breve tempo. Accanto a questa guerra se ne sta combattendo un’altra che vede nel mirino delle truppe la biodiversità, i fiumi, i terreni coltivati, gli alberi, gli animali. Gli esperti hanno provato a fare delle stime dei danni che gli interventi militari hanno finora provocato all’ambiente e alle persone. Per ora si può parlare soltanto delle emissioni nocive provocate dal movimento delle truppe con camion, carrarmati e velivoli a reazione che, è noto, provocano senza dubbio inquinamento atmosferico. L’Ucraina può contare su oltre 70 mila specie tra animali e vegetali e, tra queste, se ne contano quasi 1500 protette. Ai piedi dei monti Carpazi finora ancora lontani dal centro degli scontri, c’è un continuo flusso di profughi che rischia di far saltare delicati equilibri. La guerra, insomma, mette a rischio una enorme ricchezza dal punto di vista ambientale. Un terzo circa del territorio ucraino è formato da foreste, paludi, steppe che secondo quanto denunciato dal ministro dell’ambiente hanno subito negli ultimi anni sversamento di tonnellate di fosfati nel fiume Dnipro, proveniente da scarti industriali. A causa del conflitto bellico si prevede lo sviluppo di incendi che andranno ad aggiungere danno al danno. L’Ucraina, inoltre, ha numerosi reattori nucleari ed è la prima volta che scoppia una guerra su un terreno con tante centrali. C’è il rischio che durante i combattimenti anche se non intenzionalmente possa essere colpito uno di questi impianti come è già avvenuto con la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Risulta anche

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Ambiente

Cambiamenti climatici, fiction ormai di moda ma danno l’idea dei pericoli

Da tempo c’è una invasione delle fiction, sia in tv sia al cinema. Gli argomenti variano: dal sentimentale al poliziesco, dalla mafia ai fenomeni naturali quali catastrofi legate ad eruzioni, terremoti, alluvioni. Ma c’è un genere particolare di fiction che da qualche tempo sta suscitando l’interesse non soltanto di chi si occupa di televisione e cinema, ma anche degli studiosi del linguaggio e di tutta la problematica legata alla “nuova” cinematografia.  Si è trovato anche il modo di definire questa sorta di climate fiction abbreviandola in cli-fi e di farne risalire la data di nascita al 2007 definendola come un genere a metà tra la fantascienza e la distopia, per la tendenza a rappresentare scenari tragici e post-apocalittici. Una definizione che nasce dalla fantasia dello scrittore e giornalista nordamericano Dan Bloom. Tutto è cominciato dopo la lettura del romanzo L’ultima spiaggia, di Nevil Shute nel quale viene rappresentato un terribile scenario all’indomani della terza guerra mondiale nel momento in cui il mondo sta per essere travolto da una mortale nube radioattiva.  Allora, la paura di Bloom si trasformò nell’urgenza di comunicare a tutti la gravità dei problemi causati dal cambiamento climatico: l’unico modo per coinvolgere la gente non poteva essere altro che il raccontare delle storie. Un autore di interessanti saggi sul tema, Bruno Arpaia, si è documentato tramite i pareri di diversi scienziati e scrittori ed ha provato ad affrontare questa delicata tematica con il libro intitolato “Qualcosa lì fuori”, un romanzo ambientato in un periodo a cavallo degli anni tra il 2070 e 2080. Decine di migliaia di persone sono in viaggio in una Italia quasi completamente desertificata, nel tentativo di raggiungere la Scandinavia, diventata, assieme agli altri Paesi del Nord Europa, l’unico territorio dal clima ancora adatto all’insediamento umano. Tra mille peripezie, i protagonisti del romanzo cercano

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Cultura

Giocattoli, ricerche per renderli più inclusivi e liberi da stereotipi diseducativi

Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza dei ruoli di genere veicolati per mezzo dei giocattoli. C’è una nuova sensibilità che ha fatto crescere l’attenzione su una fase importantissima nella educazione, nella crescita e nello sviluppo del bambini: il gioco. Le grandi case produttrici di tutto il mondo stanno immettendo nel mercato giocattoli più inclusivi e rappresentativi affinché nessun bambino si senta escluso,  e pregiudizi e stereotipi possano essere abbattuti fin dalla prima infanzia. Le bambine e i bambini sono influenzati da ciò che osservano e che si muove intorno a loro, e modellano la loro idea del mondo anche attraverso i giochi con cui si intrattengono nella loro quotidianità. Se questi ultimi sono stereotipati, è perciò altamente probabile che essi diverranno adulti e adulte con stereotipizzazioni interiorizzate e, spesso, inconsce. È possibile correggere tale tendenza, includendo, attraverso la rappresentazione dei giocattoli, anche altri settori della società, quali persone nere, persone disabili, ecc..  Nel mese di novembre 2021 si è presentata ad Altea, comune spagnolo situato nella comunità autonoma di Valencia, la trentunesima edizione della Guida ai giochi e ai giocattoli Aiju. Questa organizzazione senza scopo di lucro ha il compito principale di promuovere la ricerca, la sicurezza e la qualità in tutti i settori dell’infanzia. Circa un centinaio di famiglie provenienti da tutta la Spagna e 75 esperti in sicurezza, gioco ed educazione, hanno osservato direttamente l’utilizzo di ciascun prodotto per almeno 100 ore e per ogni articolo è stata studiata la sua gestibilità, la sua attrattività, i tempi di utilizzo, il suo contributo allo sviluppo del minore, l’età consigliata e la sua durata. La prima azienda ad eleminare le etichette di genere sui giochi per bambini è stata la Lego che, dopo aver condotto un sondaggio globale sui suoi mattoncini e sui suoi personaggi, ha deciso di eliminare dai

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