Il nervo scoperto italiano mai curato dell’energia, tema non sufficientemente considerato dai tempi di Mattei, è tornato alla ribalta non per la lungimiranza della politica, dell’intellighenzia, dei media, ma semplicemente perché i prezzi del gas e del petrolio sono arrivati alle stelle per svariate ragioni e sta suscitando pericolosamente inflazione e disagi agli italiani.
È accaduto come può capitare ad una persona disordinata: incurante della propria salute, non adottando né prevenzione, sottovalutando i sintomi che pur avverte, né sottoponendosi a diagnosi e dunque a conseguenti terapie, si ritrova in un momento qualsiasi vittima di una crisi grave per la propria incolumità.
Questa è nella sostanza la storia sull’energia dei decenni trascorsi: non sono stati fatte previsioni del nostro fabbisogno, né analisi fondate e puntuali delle fonti di approvvigionamento, né programmazione che su questo tema si predispongono per lunghi periodi.
È banale dire che i conflitti nascosti o palesi tra potenze dall’inizio del ‘900 ai giorni nostri sono avvenuti pressoché tutti per accaparrarsi le fonti energetiche come condizione strategica per la propria supremazia o sopravvivenza, ed invece nel nostro Paese la questione è stata trascurata per mancanza di coraggio, perché tema faticoso, poco redditizio nel mercato elettorale, oppure per sudditanza agli Stati potenti, o persino per ragioni peggiori, la negligenza ha superato ogni limite.
Insomma su questo argomento, si è vista la peggiore Italietta incurante essa stessa dei suoi più prossimi interessi civili ed industriali, datosi che la sicurezza degli approvvigionamenti, la minore esposizione all’inquinamento, e costi morigerati, sono i requisiti principali per chi ha un minimo di buon senso.
Si vuole sperare che giunti come siamo alle attuali condizioni di grave precarietà nelle forniture e di costi esorbitanti per le bollette di aziende e famiglie, si apra finalmente una fase di ripensamento e programmazione, sollecitati dal PNRR e dalle indicazioni recentissime della UE sull’energia.
Il “Piano” di superamento delle energie fossili, sostituendole con quelle rinnovabili, ha bisogno di una programmazione di medio lungo termine, che impiegherà due, tre lustri per compiersi, gestendo con cura una operazione tendente ad estinguere gradualmente l’uso di carbone e gas, mentre nel contempo si sviluppano le produzioni di energia rinnovabile, come quella fotovoltaica, eolica, idroelettrica, geotermica e nucleare, per l’esigenza imperativa di affrancarsi da dipendenze costose sul piano economico e politico.
È significativo che la UE proprio ultimamente abbia inserito le centrali nucleari di nuova generazione nel novero delle energie pulite rinnovabili, come mezzi validi per ridurre sensibilmente i costi di produzione della energia elettrica di circa il 30%, per abbattere le emissioni, e per conquistare l’autonomia strategica. Nella considerazione che proprio la produzione nucleare potrà validamente costituire lo zoccolo duro energetico, per sostituire carbone e gas, per scongiurare prevedibili blackout.
È indispensabile integrare le altre “rinnovabili” le quali, incapaci di garantire da sole le forniture per la loro eccessiva frammentarietà e capillarità di produzione di privati e condomini, hanno bisogno di centrali capaci di produrre senza variazioni, quel necessario di potenza costante per supplire agli alti e bassi della produttività del fotovoltaico ed eolico che diversamente metterebbero a rischio continuità della distribuzione dell’energia elettrica.
Ed allora forze politiche, parti sociali, governo devono molto presto dotarsi finalmente di un piano energetico per il futuro. L’obiettivo è cambiare i connotati della politica energetica nazionale e recuperare gli errori del passato condizionati da privati interessati a mantenere lo status quo delle forniture altamente inquinanti ed assai costose per la comunità, ma grandemente redditizie per quegli interessi, e da non sempre comprensibili veti di movimenti ecologisti alle necessità oggettive della modernizzazione.
Il Piano dovrà anche rendere sfruttabili i nostri cospicui giacimenti di gas e petrolio presenti all’interno delle nostre acque territoriali nazionali dell’Adriatico, dello ionio, del canale di Sicilia. È un mistero la forte limitazione di sfruttamento di quei giacimenti impressa da disposizioni governative 2 anni fa, animate dalle spinte su esposte.
Ora giunti alla crisi di fornitura e di stupefacente rialzo dei prezzi, apparirebbe stupido ed autolesionista il mantenimento del divieto del pieno sfruttamento dei nostri pozzi che possono in questi frangenti darci grande aiuto. È davvero incomprensibile che il governo, spinto dai partiti, abbia predisposto un primo aiuto a famiglie ed imprese per lenire i dolori del rialzo del prezzo del gas, ma dello sfruttamento dei nostri giacimenti di gas non si parla pur potendo concorrere per buona parte al calmieraggio dei costi ed un validissimo deterrente contro le speculazioni internazionali.
È venuto il momento di cambiare politica economica e narrazione delle priorità italiane: le imprese italiane hanno dovuto competere con i concorrenti stranieri con la zavorra di circa il 30% di costi di energia in più, le famiglie con bollette sempre più pesanti mentre i loro bilanci diventano più leggeri.
*Docente di diritto del lavoro all’Università Mercatorum, ex segretario nazionale Cisl