Dopo quattro anni dalla pandemia, e a quasi un anno dall’istituzione della commissione bicamerale di inchiesta per la gestione dell’emergenza Covid (gravata di polemiche e sospetti di redde rationem politici) parla Domenico Arcuri. Il gestore dell’emergenza, sessantaduenne, una carriera come grand commis, fino ad ora non ha commentato, ora, in audizione alla Camera, fornisce la sua versione. “Da quando ho lasciato l’incarico di commissario non ho mai partecipato al dibattito pubblico che ha visto accenti e toni inusuali sul mio operato e su quella drammatica situazione del Paese. Non perché non avessi motivo, ma per scelta comportamentale” precisa Arcuri secondo il quale chi svolge un servizio pubblico non deve “partecipare a bagarre mediatiche”.
Ma è colpa del commissario?
Nel merito, l’azienda Jc-Electronics Italia S.r.l dovrà essere risarcita per oltre 200 milioni di euro per la revoca di un contratto sulla fornitura di mascherine. Il rappresentante della società ha dichiarato che dopo una serie di forniture commissionate dalla Protezione Civile, tra aprile e maggio del ’20 tutto si è bloccato. Colpa di Arcuri, appena insediatosi nel ruolo di commissario? Arcuri precisa: “Di questa vicenda, del tutto marginale rispetto all’imponente e a tratti drammatico lavoro svolto in quella difficile fase della vita del nostro Paese, io non mi sono mai occupato direttamente, com’è facile desumere dall’analisi della stessa. E non vi era nessuna ragione, né strategica, né organizzativa per la quale io dovessi farlo”.
Nessuna congiura contro Jc-Electronics
Arcuri ha anche spiegato che non c’è stata nessuna “congiura” contro Jc-Electronics: “I produttori cinesi hanno fornito 800 milioni di dispositivi, il 7,6% del totale acquistato dal commissario. Percentuale sideralmente lontana dal quasi monopolio del fornitore che anche di recente ha fatto credere il contrario, un’evidenza taciuta. Dal 20 marzo al 30 luglio 2020 la struttura commissariale sottoscrisse contratti con 40 aziende, 34 italiane, per 9 miliardi di mascherine”, ha ricordato Arcuri che ha aggiunto: “Tutto questo è una congiura contro JC-Electronics?”.
Un contratto regolare?
In più, a giochi fermi, Arcuri fa notare che Il contratto stipulato da Jc-Electronics “era contrario ai principi del nostro ordinamento giuridico” (“questa evidenza mi auguro venga riconosciuta nei prossimi gradi di giudizio” ha aggiunto), e precisa: “La disciplina europea comunitaria e nazionale impedisce a un soggetto pubblico la sottoscrizione di un contratto di fornitura senza precisa indicazione del termine finale e senza precisa indicazione dei quantitativi richiesti. Le deroghe di cui sento parlare sono state ottenute dalla Protezione civile prima e dal Commissario poi, non impedivano all’azienda di soggiacere ai principi delle norme del nostro ordinamento giuridico e dell’Unione europea. Ove per assurdo il contratto fosse stato stipulato dalla Protezione civile nell’indeterminatezza della quantità dei tempi e dei valori, cosa che non è avvenuta, sarebbe stato contrario ai principi del nostro ordinamento giuridico”.
Insomma, Arcuri a posteriori avallerebbe lo stop delle forniture non essendoci stati gli elementi di sicurezza giuridica per procedere con gli acquisti. E in sintesi secondo Arcuri l’accusa a lui rivolta è “Una spy story infarcita da non documentate informazioni. Ho dato mandato ai miei legati -aggiunge Arcuri- di verificare se ci siano le condizioni per essere costretti a tutelare la mia persona e l’operato della struttura commissariale in quella stagione”.
La versione di Arcuri
È il primo atto di un redde rationem che risulterà complicato, difficile da attuare, e a rischio, come notavamo all’inizio di strumentalizzazioni politiche. Intanto, conclude Arcuri: “Debbo ringraziare la commissione e il suo presidente, non solo per aver deciso di convocare in audizione, ma anche per avermi finalmente dato l’occasione, sia pure per il momento solo su una fattispecie specifica, di esporre, dopo quattro lunghi anni, la mia versione circa il reale andamento degli eventi”.