La guerra portata avanti da Israele contro Hamas, dopo l’attacco subito il 7 ottobre, si è allargata sempre di più mettendo a rischio non solo la stabilità dell’area mediorientale ma anche l’esistenza dello Stato ebraico. Il conflitto lascerà dietro di sé macerie e costi umanitari quasi incalcolabili e rischia di segnare un punto di svolta per la politica israeliana. Il direttore della rivista geopolitica OpinioJuris Domenico Nocerino ha parlato di cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi.
Quale sarà l’evoluzione che avrà questo conflitto?
Netanyahu vuole la distruzione di Hamas e allo stesso tempo abbiamo entità non statuali come gli Houthi o Hezbollah che lavoreranno per ostacolare i suoi intenti. Temo che con il passare del tempo la situazione degli ostaggi possa peggiorare, Israele continuerà per la sua strada e questo porterà ad attacchi simili a quelli sferrati dagli Houthi qualche giorno fa. Il rischio è che ci sia un’escalation regionale che coinvolga anche altri Paesi.
Qual è il fronte più pericoloso ad oggi?
Oltre a Gaza, il fronte più pericoloso è il Libano. Se Hezbollah porta il Libano in guerra contro Israele potrebbero esserci ulteriori problemi di stabilità: molti libanesi non vogliono più Hezbollah al governo e ciò porterebbe a disordini interni. I cristiano maroniti non vedono di buon occhio Hezbollah ad esempio.
Sembra che Sinwar dopo la morte di Haniyeh sia diventato il principale obiettivo dell’esercito israeliano. Con la sua cattura o morte potrebbe finire la guerra?
No. Le violenze di questi anni generano voglia di vendetta, dopo Sinwar ci sarà un altro leader che sarà capace di cavalcare il malumore dei palestinesi che hanno subito torti da parte di Israele. La guerra non finisce certamente con la morte o la cattura di Sinwar.
Altra grande incognita è il futuro di Benjamin Netanyahu. Cosa potrebbe succedere al leader israeliano una volta terminato il conflitto?
Quando si dice che Israele è l’unica democrazia in Medio Oriente non si dice una cosa sbagliata. Una volta terminata la guerra Netanyahu non farà più parte della politica israeliana e dovrà affrontare diversi processi. La fine della guerra, in pratica, coincide con la fine politica del premier israeliano.
Le prossime elezioni potrebbero segnare una svolta dunque?
Sì, i partiti a destra hanno fatto campagna elettorale contro il rischio di Hamas vendendosi come argine a questo movimento. Il 7 ottobre ha dimostrato il contrario e tante persone non approvano la gestione della situazione degli ostaggi. Personaggi come Ganz, all’interno del governo, hanno iniziato anche a fare opposizione…per Netanyahu sarà dura.
C’è il rischio che l’estrema destra possa inficiare la democrazia?
Ci sono gli ebrei ultraortodossi che hanno una diversa concezione dello Stato di Israele. Il vero Israele, secondo loro, avverrà dopo la fine del mondo. Questa categoria non paga tasse, non fa parte dell’esercito e delle forze armate. Gli ultraortodossi crescono cinque volte in più rispetto alle altre componenti, nel 2050 almeno due terzi della popolazione sarà ultraortodossa portando ad un problema per il futuro di Israele. Si rischiano conflitti interni nel futuro.
Cosa lascerà questo conflitto alle spalle?
Ci sono migliaia di persone che vogliono lasciare Gaza, i Paesi limitrofi non li fa passare per motivi politici perché teme infiltrazioni di Hamas nel proprio territorio. Al Sisi ha represso i Fratelli Mussulmani e non vuole che il gruppo islamico entri nel proprio territorio. Nel frattempo a Gaza si è creata una situazione allarmante dal punto di vista umanitario: ci sono problemi legati al cibo e sanitari. Potrebbe esserci un blocco agli aiuti in futuro come già successo nel recente passato.
Francesco Fatone – Giornalista