Giustizia, il modo d’intenderla di Nordio e della magistratura

La singolarità dell’Italia: unico Paese al mondo dove per qualificare una giustizia effettiva si aggiunge l’aggettivo giusta. E nell’articolo 119 della Costituzione (!), introdotto nel ’99, si parla di "giusto processo". Obbligatorietà dell’azione penale e unicità delle carriere dei magistrati "pilastri dell’architettura costituzionale del potere giudiziario, come sostiene l’ANM? La magistratura non è un potere ma un ordine ( art. 104 della Costituzione). E poi Paesi come Usa e Regno Unito, "esempi terreni di giustizia liberale", "non conoscono né l’uno né l’altro pilastro"

Il nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha comunicato in dettaglio al Senato ed alla Camera le riforme che il Governo intende apportare all’ordinamento giudiziario e ai codici. Contrariamente a certi suoi predecessori, i quali esponevano fumisterie generali o proponevano minute variazioni, egli ha argomentato un corposo programma di modifiche idonee a raddrizzare le principali storture del sistema italiano.

La presa di posizione del ministro Nordio è stata subito giudicata secondo l’alternativa faziosa destra-sinistra, maggioranza-opposizione, garantismo-giustizialismo, come se non fosse interesse comune, interesse nazionale, una giustizia secondo diritto. Il programma non è stato esaminato con serenità, concedendo al ministro almeno l’esimente della buona fede. Quelle cose, più o meno, Carlo Nordio le dice da anni. L’impostazione di massima era ben nota. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, lo ha nominato ministro proprio perché Nordio la pensava così. Oggi dimostra di continuare a pensarla lo stesso. E dichiara che andrà fino in fondo oppure si dimetterà.

L’Italia è forse l’unico Paese dove, per indicare l’aspirazione ad una giustizia degna del nome, bisogna rafforzare il sostantivo con l’aggettivo: giustizia giusta. L’art. 111 della Costituzione, introdotto soltanto nel 1999, è tutto dire, stabilisce con involontaria ironia che “la giurisdizione si attua mediante giusto processo regolato dalla legge”.

Agl’Italiani non basta la giustizia così com’è perché ne scorgono l’ingiustizia, non intesa come somma delle ingiustizie compiute nei casi concreti, bensì come sistema con molte distorsioni che non fanno collimare perfettamente l’amministrazione della giustizia con un assetto liberale. È degno di nota che i giornali, ahimè, tra le tante complesse direttrici di riforma delineate dal ministro hanno focalizzato l’attenzione, e i titoli, sulle intercettazioni telefoniche, punto nodale della faziosità sparata con fughe di notizie penalmente rilevanti e irrilevanti, politicamente utili e inutili, semplicemente pettegole o pruriginose: una gogna mediatica irrogata contro qualsivoglia protezione costituzionale, concezione di riservatezza, codici deontologici, rispetto umano.

Il giudicare in pubblica udienza è stato il passo gigantesco che seppellì l’obbrobrio del processo segreto. Ma l’investigazione, l’istruzione del processo, la formazione dell’accusa non devono squadernare i fatti di causa coram populo per scopi di parte che nulla hanno a che vedere con la sostanza del processo, con la dovuta cronaca e l’informazione corretta.

L’Associazione nazionale magistrati, parlando per bocca del segretario generale, non contesta, ovviamente, la legittimità di una riforma della giustizia ma è preoccupata dal quadro delle riforme preannunciate dal ministro Nordio. L’Anm ha del resto un qualificato diritto di parola sull’argomento. Tuttavia esprime un giudizio opinabile allorché, nell’auspicare che non venga toccata, parla di “architettura costituzionale del potere giudiziario”, mentre per la Carta costituzionale “la magistratura costituisce un ordine autonomo” (art.104), non quindi un potere o organo di potere, neppure come Consiglio superiore della magistratura.

Viepiù opinabile, poi, è l’affermazione secondo cui “l’obbligatorietà dell’azione penale e l’unità delle carriere sono i due pilastri di questa architettura”. Infatti, i due “pilastri” possono sembrarlo se la magistratura viene male intesa come “potere” anziché bene intesa come “ordine”.  Inoltre, che i due pilastri non lo siano è chiaro.  Risulta dimostrato pure dal fatto che rappresentano una specialità italiana, nient’affatto un carattere imprescindibile e connaturato alla vera giurisdizione in quanto tale. Tanto è vero che gli Stati dove impera per Costituzione l’habeas corpus (fra tutti Regno Unito e Stati Uniti, esempi terreni di giustizia liberale che in passato l’Italia tentò invano d’imitare con il codice Vassalli del 1989 e la riforma costituzionale del 1999), non conoscono né l’uno né l’altro “pilastro”.

Per una coincidenza non casuale, nel novembre 2022, Carlo Nordio, inaugurandone la nuova collana intitolata “Voltairiana”, ha dato alle stampe con l’Editore Liberilibri il libriccino Giustizia in cui espone i capisaldi della sua filosofia giudiziaria, sunteggiabili nella conclusione “Princìpi liberali per una riforma radicale.” Sarà la volta buona o prevarrà ancora la tirannia dello status quo?

 

Pietro Di Muccio de Quattro – Direttore emerito del Senato, Ph. D. dottrine e istituzioni politiche, già parlamentare.

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