Il nuovo decalogo di Abramo Lincoln

"10 cose da non fare in politica"

I “10 Non fare”, Ten Don’ts, sono stati erroneamente ascritti ad Abramo Lincoln, ma l’identità della persona che volontariamente o inconsapevolmente li ha attribuiti a Lincoln non è stata mai accertata. Questa è la conclusione della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti (Library of Congress).

Ad essa mi rivolsi per appurare notizie sui famosi “10 Punti”.

Ne ebbi in risposta (con la consueta acribia e rapidità!) la dettagliata nota che sto per esporre come premessa del loro testo nell’uso più frequente, che, in forma di dieci comandamenti, va perciò sotto il nome di “Nuovo Decalogo di Abramo Lincoln”.

Le prime apparizioni di cui si ha conoscenza, ad aventi data certa, di alcuni dei “10 Punti” sono contenute in pubblicazioni del Reverendo William J. H. Boetcker (nato nel 1873). Uno di questi opuscoli, intitolato “Inside Maxims, Gold Nuggets Taken from the Boetcker Lectures”, contiene diverse massime che hanno una forte rassomiglianza con i punti 2, 3, 4 e 10.

La sua “Open letter to Father Charles E. Coughlin” ristampa la massima 25 (cioè i punti 2 e 4) e contiene alcune righe che rassomigliano molto al punto 3. I “10 Non fare” enumerati in un foglietto stampato non datato, avente l’intestazione “The New Decalogue”, che il Signor Boetcker ha largamente distribuito, contiene i punti da 2 a 5 ed il 10. Una versione leggermente differente che, sotto il titolo “The Industrial Decalogue”, fu incluso nel “The American Charter Compass…” dal Signor Boetcker, contiene i punti 6 e 8 sotto un singolo “Non fare” (Don’t).

Inoltre, i “10 Punti” sono stati pubblicati sotto il titolo “Warning Signs on the Road to Prosperity” sul retro della copertina di “Investor America” del febbraio 1940, senza alcuna attribuzione di autore. Il periodico, una pubblicazione mensile della “American Federation of Investors, Inc.”, di cui il Signor Hugh Stewart Magill era presidente, recava sul fronte della copertina una fotografia del Lincoln Memorial di Washington. Successivamente le massime, che avevano raggiunto una notevole popolarità sia nell’ambiente degli affari che in quello sociale, furono ristampate in un foglietto dalla Federazione e, poco dopo, apparvero nel “Congressional Record”, in giornali, organismi della Camera, organismi ufficiali, periodici, cartoline natalizie.

“Lincoln on Limitation” fu l’intestazione di un foglietto pubblicato dalla Commissione per il Governo costituzionale di New York nell’autunno del 1942, che conteneva sul retro i “10 Punti”. Delle quattro edizioni (una reca l’intestazione “Lincoln on Private Property”), un’altra li attribuisce al “Land O’Lakes News”, un’altra ancora a “Inspiration of Wm. J. H. Boetcker”; la terza e la quarta non li attribuiscono ad alcuna fonte e nessuna delle quattro indica un autore. 

Comunque, poiché queste pubblicazioni recavano sul fronte del foglietto estratti dagli scritti di Lincoln, sembra che stampando sul retro i “10 punti”, senza indicare alcun cambiamento di autore, la Commissione per il Governo costituzionale abbia finito per fuorviare i lettori, associando alle massime in questione il nome di Lincoln.

Il “Royle Forum” il 15 settembre 1943 stampò i “10 Punti” con una sequenza diversa, sotto il titolo “10 Cose da non fare” e li ascriveva ad Abramo Lincoln. Questa versione divenne parte di un testo radiofonico trasmesso come opera di Lincoln nel programma di Golden.

Drake il 30 novembre 1948. Da allora i “10 Punti”, con piccole modifiche e con l’omissione di una o due parole, sono stati attribuiti direttamente a Lincoln in varie trasmissioni e pubblicazioni. Sembra che non ci sia più modo di ovviare all’erronea attribuzione di paternità rapidamente diffusasi.

Ecco dunque il “Nuovo Decalogo di Abramo Lincoln”

  1. Non si può generare prosperità scoraggiando la parsimonia.
  2. Non si può rafforzare il debole indebolendo il forte.
  3. Non si possono aiutare gli uomini piccoli abbattendo quelli grandi.
  4. Non si possono aiutare i poveri distruggendo i ricchi.
  5. Non si può elevare il lavoratore dipendente danneggiando il datore di lavoro.
  6. Non si possono evitare i problemi spendendo più di quello che si guadagna.
  7. Non si può incrementare la fratellanza umana promuovendo l’odio di classe.
  8. Non si può stabilire solida sicurezza sociale sulla base di denaro preso a prestito.
  9. Non si possono costruire carattere e coraggio togliendo all’uomo la capacità di iniziativa e la sua indipendenza.
  10. Non si possono aiutare gli uomini in maniera permanente facendo per loro ciò che essi potrebbero o dovrebbero fare da soli.

***

Questi comandamenti sono ammirevoli sotto ogni profilo. La loro classica bellezza rifulge pure alla più superficiale lettura. Anche se ne restano incerti autore e testo, i “10 Punti” sintetizzano in forma di auree massime un pensiero politico profondo e complesso, poco meno di una dottrina generale, molto più di una saggezza popolare.

È sorprendente constatare che i “10 Non fare” sono attualissimi: una guida per l’azione, preziosa per individui e governi.

Ognuno, gettando un semplice sguardo alla società intorno, è in grado di scorgere senza difficoltà quali e quanti mali l’affliggono, i quali sono diretta conseguenza della violazione di tali divieti. Fu fatto quanto veniva comandato di non fare.

Negli Stati Uniti i precetti godettero di ampia diffusione in ogni ceto: un successo spiegabile non solo con l’immediata chiarezza dei concetti, ma anche con la profonda rispondenza che trovavano (trovano?) nell’animo americano. Invece in Italia sono quasi sconosciuti e molto disapplicati. La vita individuale e la politica nazionale migliorerebbero quando questi comandamenti, penetrati nella coscienza della gente, diventassero la regola pratica di comune condotta.

 

Pietro Di Muccio de Quattro – Direttore emerito del Senato della Repubblica, Ph.D. dottrine e istituzioni politiche 

 

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