Tre milioni di profughi dall’Ucraina, la metà sono bambini. “È un dato sconvolgente – commenta Andrea Iacomini, portavoce dell’UNICEF Italia –. Un bambino ogni secondo è rifugiato”. Non ha dubbi sulla gravità: “È la crisi dei profughi più veloce che l’umanità abbia visto”. Di fronte a questi dati, in Occidente, ma soprattutto in italia, è partita la gara di solidarietà. C’è chi raccoglie coperte, cibo e medicinali, e chi, invece, si rende disponibile anche alle adozioni. Ma qual è l’iter da seguire? Ce ne parla Iacomini per fare chiarezza.
Sui giornali si legge di persone che hanno accolto minori ucraini nella loro famiglia. Ma anche di genitori che hanno in affidamento dei bambini scappati dalla guerra. Ci aiuta a fare chiarezza?
C’è tanta solidarietà e umanità in giro. Ma attenzione a chi ci propone di fare affidamenti, a chi ci propone di fare percorsi di aiuti agli ucraini se non sono enti accreditati dai Comuni, se non stanno nel sistema del Ministero dell’Interno. Perché di questo passo i bambini rischiano di finire in maglie non ben identificate di associazioni che purtroppo proliferano. In questo momento è fondamentale il ricongiungimento, che è attualmente alla base della nostra attività in Ucraina. Molti di questi bambini hanno un parente in Ucraina. Dopodiché, naturalmente, scatta un sistema di accoglienza che segue le norme italiane.
L’iter di adozione è percorribile?
L’adozione è un sistema troppo lungo per questo tipo di emergenze. Conclusa la fase di registrazione e accoglienza, apriremo le maglie degli affidamenti alle strutture, alle famiglie che saranno accreditate e che il Ministero riscontrerà essere adeguate.
Su whatsapp circolano messaggi in cui si richiede la disponibilità per affidamenti di minori ucraini, come segnalato da alcuni Comuni.
Perché alcune associazioni mandano, da indirizzari non meglio precisati, proposte di affidamento e adozione (ci hanno segnalato che sono arrivati anche a diverse scuole). Ma sono truffe. Bisogna stare attenti ai bambini, che sono traumatizzati, vanno aiutati con il supporto degli psicologi e trattati nel modo migliore.
Come state operando in Ucraina?
Abbiamo un team di 200 persone. Siamo in tutte le città della crisi. Portiamo medicine, ossigeno agli ospedali con i nostri team mobili. Sul confine registriamo e procediamo al censimento dei bambini. In Italia lo stesso: registrazione, censimento e poi smistamento e protezione. Siamo su tutti e due gli scenari. Come in tutti questi casi. Noi siamo presenti in Ucraina dal 1997, abbiamo già vissuto la guerra del Donbass. Sappiamo di cosa si tratta.
Quali storie avete raccolto durante la vostra attività nelle zone di guerra?
Bambini che hanno viaggiato con una nonna, con la mamma (con il papà che li ha lasciati al confine). Bambini a cui i genitori raccontano che stanno andando a fare un viaggio, come ha fatto Benigni nel film. Storie di bambini che hanno perso tutto, figli delle bombe. In questo momento la narrazione è a 360 gradi.
C’è il rischio che i minori vengano strumentalizzati nel conflitto (vedi foto della bambina in posa che imbraccia il fucile)?
Il rischio è enorme. La foto della bambina messa in posa non rispecchia la realtà. Non parliamo di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni morto che ha fatto aprire gli occhi al mondo sulla guerra in Siria. Qui parliamo di una bambina che era consapevole di avere un lecca lecca in bocca e un fucile in braccio ed era in posa. I bambini non devono stare in prima pagina con le armi in mano.
Gli italiani che da casa vogliono aiutare come possono fare?
Abbiamo attivo un sms solidale insieme Croce Rossa e UNHCR che è il 45525. È per gli aiuti immediati, che stiamo mandando e portando tutti insieme. Dall’altra parte abbiamo anche il nostro sito dove si può donare e avere tutte le informazioni.
Alessandro Rosi – Giornalista