Ucraina, Gramaglia: “Escalation favorisce Biden e Putin. Potrebbe presto svanire”

Venti di guerra in Ucraina. Un conflitto di dichiarazioni, attacchi mediatici e risposte al veleno tra Stati Uniti e Russia. Per Giampiero Gramaglia, già corrispondente dell’ANSA da Bruxelles, poi Direttore della massima agenzia di stampa italiana ed esperto di politica estera, “un conflitto armato è inverosimile”.

Ma si prospetta una “battaglia di sanzioni e ritorsioni”.

Chi vince? “Tutti e due”, se l’obiettivo di Biden e Putin è quello di far salire la tensione per guadagnare consensi e poi ritirarsi.  Il rischio, però, che qualcosa di impronosticabile accada è dietro l’angolo. La storia insegna che basta poco a far accendere la miccia nei momenti di tensione.

Secondo l’ultimo dossier americano, mercoledì la Russia invaderà l’Ucraina. C’è davvero questo rischio?

Dall’inizio di questo momento di crisi, sull’Ucraina c’è una forte drammatizzazione della minaccia da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e poi a seguire, in modo più o meno riluttante, dei Paesi Europei della NATO. Se gli USA danno l’impressione di esacerbare la minaccia, la Russia non fa niente per evitarlo. Anzi, in modo deliberato sta creando i presupposti perché questa minaccia ci sia e si possa tradurre in azione.

Agli Stati Uniti serve una guerra?

La vera domanda è se serve una guerra alla Russia. Perché, se porta avanti un’offensiva in Ucraina, non scoppia un conflitto armato: ma una battaglia di sanzioni e ritorsioni. Un possibile scenario, poi, potrebbe essere quello di una situazione di tensione, in cui sia Putin sia Biden mostrano i muscoli, fanno la voce grossa e poi si ritirano. In questo caso, vincono tutti e due. Stiamo vivendo un po’ di tensione, ma alla fine potrebbe sgonfiarsi tutto. Però, a un certo punto, qualche segnale di de-escalation ci deve essere.

L’escalation in Ucraina aiuterà Biden per le elezioni di mid-term a novembre?

Il presidente americano, quando batte i pugni sul tavolo, trova gran parte dei suoi connazionali che lo appoggiano. È un calcolo che Biden può fare e ha sempre fatto durante il suo mandato.

La crisi in Ucraina ricorda quella dei missili a Cuba nel 1962 ?

Ci sono dei punti di similitudine. Però quello era un confronto sulla soglia di un conflitto nucleare tra due superpotenze. Lo scontro era diretto: Stati Uniti contro Russia. Le navi americane fermarono quelle russe che si avvicinarono a Cuba. Qui c’è un “cuscinetto” nello scontro costituito dagli ucraini.

Si è parlato di “finlandizzazione” dell’Ucraina, ovvero la possibilità che un Paese (in questo caso la Russia) possa avere un’influenza consistente su di un altro (ossia Ucraina): come accadde dopo la Seconda Guerra Mondiale tra Finlandia e Unione Sovietica. Potrebbe accadere?

È un’ipotesi di cui Macron ha parlato con Putin. Ma non piacerebbe all’Ucraina perché si sentirebbe “vaso di coccio” tra due paesi ostili. Se ne può parlare se si scende dallo stato di tensione attuale, non con una pistola sul tavolo.

Un altro attore del conflitto in Russia di cui si parla meno è la Cina. Nel 1972 Nixon andò in visita a Pechino, mentre oggi i rapporti tra gli Stati Uniti e Xi non sembrano essere dei migliori. C’è stato un passo indietro della diplomazia statunitense?

Le dichiarazioni degli Stati Uniti – a partire da dopo l’estate – non hanno brillato né nei confronti dei russi né degli USA. Sembra quasi che cerchino un confronto muscolare, dal punto di vista economico e politico. Quasi per mostrare, anche all’opinione pubblica nazionale, fermezza. Ma bisogna vedere se queste azioni siano anche efficaci: ora non lo sono.

C’è da dire che siamo in un’epoca distante da quella dei viaggi diplomatici, non è più necessario andare in visita per segnare un progresso nei rapporti.

Non sarebbe più efficace andare in visita sul posto?

In questo contesto si va quando hai un risultato da portare a casa. Se invece la trattativa è in fieri, allora continui a negoziare.

In caso di escalation, Italia e Germania sono in grado di evitare il blackout di gas come potrebbe minacciare la Russia?

Faranno di tutto per evitarlo. La Germania, però, ha più strumenti perché è uno dei Paesi garanti degli accordi di Minsk e può insistere sotto quell’aspetto.

 

Alessandro Rosi – Giornalista

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