Amava sollevare i malati intrattenendoli e tirandoli su di morale. Era solito aiutare i più poveri, le persone meno fortunate e dava l’elemosina a quelli che chiedevano aiuto per strada. Una volta comprò da mangiare a due bimbi rom che accompagnò a fare la spesa. Ad appena cinque anni svuotò tutto il salvadanaio per i bisognosi dell’Opera di San Francesco a Milano. Quando si accorgeva di un mendicante, ricordava alla nonna di preparare sempre un pasto caldo, perché “tutti gli uomini sono creature di Dio, tutte, nessuna esclusa”.
È bastato che in una scuola elementare di Nocera Inferiore si mostrasse una foto della salma di Carlo Acutis – ragazzo morto di leucemia fulminante in odore di santità – perché una pattuglia di madri gridasse allo scandalo e segnalasse la dirigente scolastica al provveditorato: al netto della ragione giacobina – la scuola è laica (come se laicità volesse significare spurgare la scuola pubblica di ogni eco religiosa, anche se dall’alto valore civile, sullo stile della Corea del Nord) – colpisce l’altra motivazione, esemplificativa dello spirito del mondo: i bambini sono rimasti sotto choc. Quasi che il corpo di un ragazzo – che vestiva da teenager, aiutava i coetanei in difficoltà e si emozionava per le parole del “Piccolo Principe” – potesse turbare le sensibili corde dei pargoli soltanto perché defunto.
È la durezza del vivere, bellezza, esiste anche la fine della partita: ma la verità – senza alcuna pretesa che non sia descrittiva – è che la morte risulta ormai intollerabile all’uomo moderno di cui questi genitori vogliono essere gli ultimi samurai. “La morte fisiologica – un enorme grazie alle parole di Massimo Fini in Modernità di un antimoderno – è terribilmente temuta perché non sta nel quadro della società tecnologica. Né in quello del benessere. Né in un pensiero, quello illuminista, che ha sancito il diritto alla felicità, diritto che a mano a mano che l’Illuminismo è venuto degenerando, soprattutto nella metà di questo secolo, in un edonismo straccione e di massa, si è trasformato in un obbligo sociale di essere felici”.
C’è però che le sorti progressive non sono poi così magnifiche: esiste il dolore, purtroppo si muore e non sempre la vita segue il ritmo dei nostri sogni. Sarebbe allora bello – se questi genitori vogliono davvero educare e non imporre la sharia del politicamente corretto – che dalla storia di Acutis (al di là che si creda o meno in Dio) si tragga l’insegnamento più umano che questo ragazzo consegna a tutti, laici o cattolici: combattere contro le ingiustizie, aiutare gli ultimi e affrontare persino la morte con il sorriso sul volto.
Consumato dalle emorragie e in piena agonia per le scelte che stava facendo il Creatore, vale la pena ricordare che Carlo non ha mai perso la speranza neanche per sbaglio: “Non io ma Dio”, usava ripetere alla madre disperata. E ancora: “La Tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio”. In una società malata di protagonismo e debolezza – dove la virtù è fregare il prossimo e alla durezza della vita molti ragazzi finiscono poi per preferire la fine della lotta – sorprende che la nuova polizia morale non si scandalizzi per quello che avviene ogni giorno nelle aule scolastiche: indifferenza, bullismo, classismo, competizione sfrenata, suicidi e autolesionismo cui nessuno offre uno straccio di spiegazione.
C’è invece che questi sacerdoti della modernità inorridiscono alla visione del corpo di un ragazzo che ha mostrato la via alla santità (umana o divina importa alla coscienza del singolo), anziché denunciare i danni di una società che ha preso a guardarsi allo specchio e ha smesso di mirare il cielo, dove magari risiede Dio o più laicamente un Ideale.
Basta fare un giro per le piazze, le case e i social per capire che quello che dovrebbe dare scandalo – invidie, cattiverie verbali, amore per il proprio tornaconto – siano ormai normalità, mentre il sorriso di un ragazzo generoso diventa pietra dello scandalo. Sull’onda della più degenerata americanizzazione degli spiriti e delle morali, stiamo andando verso una società che mette fianco a fianco l’indifferenza più spietata verso i deboli e i poveri (mai così oppressi sotto il calcagno di un capitalismo di rapina), e il puritanesimo più imbecille di chi lancia vernici rosse sulla statua di Indro Montanelli e grida allo scandalo per la ‘pornografia’ del David di Michelangelo.
Andrea Persili – Giornalista