L’ho saputo questa mattina, in quella dimensione sospesa tra veglia e sonno quando un dolore che pensavi di aver immaginato si conferma reale. Mario ci ha lasciato. Mario Nanni, giornalista parlamentare, già caporedattore del servizio politico dell’Ansa, scrittore di valore, Maestro di vita, amico vero. Una personalità che ha attraversato il tempo della politica italiana con la dignità e il rigore di un testimone colto, equilibrato, profondo, mai compiacente.
Ricordo il nostro primo incontro, nato dalla mia recensione del suo “Il Caso Moro: il passato che non passa“. Le sue pagine avevano riacceso in me l’urgenza della verità storica, quel bisogno di fare luce nelle troppe ombre che avvolgono le pagine più dolorose della nostra Repubblica. Mario raccontava con una “semantica asciutta, priva di fronzoli retorici e artifizi narrativi”, alternando “un’ironia a tratti misurata e a tratti sferzante con un sostrato stilistico costantemente orientato alla gentilezza.” Era questo il Mario che ho conosciuto: un uomo capace di coniugare il rigore intellettuale con una rara umanità.
La collaborazione con Beemagazine

Dal nostro sodalizio intellettuale nacque poi la collaborazione con Beemagazine, la rivista da lui fondata e diretta con la stessa passione civile che animava ogni suo scritto. In quelle pagine, ho potuto apprezzare l’eredità più alta del suo giornalismo: la difesa ostinata dell’onestà intellettuale, la ricerca della parola esatta, il rifiuto di ogni approssimazione.
Con “Parlamento Sotterraneo” mi aveva regalato una visione inedita delle istituzioni, raccontate da una prospettiva privilegiata e con uno sguardo lucido, mai corrotto dal cinismo. Mi colpiva la sua capacità di “restituire dignità al tempo nella politica”, in un’epoca in cui il tempo sembra essersi fatto istante, privato di profondità e memoria.
E proprio alla memoria Mario aveva dedicato uno dei suoi libri più intensi, “Sulla giostra della memoria – Persone e parole di sei generazioni”. Un viaggio circolare tra epoche e generazioni, dove l’autore dimostrava quella straordinaria capacità di “conservare una scrittura priva di bizantinismi e barocchismi semantici, con una retorica ricercata, elegante, mai ridondante”. Leggendo quelle pagine, avevo scritto che era impossibile “non avvertire il ‘respiro’ delle ‘Lezioni Americane’ di Italo Calvino”, tanto era forte il senso della “magia della parola, il piacere della vertigine generato dai lemmi accompagnati dal movimento circolare della giostra”.
Nell’ultimo capitolo de “Le Due Culture”, pubblicato pochi mesi fa, Mario affrontava con coraggio il tema del dialogo tra sapere umanistico e scientifico nell’era digitale. Con la lucidità che lo contraddistingueva, aveva orchestrato “una polifonia di voci autorevoli per interrogarsi su una questione tanto antica quanto attuale”, lasciandoci una riflessione illuminante sulla necessità di non cedere alla frammentazione della conoscenza.
Uno scrittore raffinato
Mario Nanni non è stato solo un giornalista parlamentare e uno scrittore raffinato. È stato, per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, un Maestro nel senso più alto del termine. Un uomo che ha insegnato la pazienza dell’ascolto, la dignità dell’analisi, il valore della memoria in un tempo che sembra volerla cancellare.
Il suo ultimo dono, per chi lo ha conosciuto, è stata quella “trasposizione anagrafica”, quella capacità di guardare al mondo con gli occhi di tutte le generazioni che lo hanno preceduto e che lo seguiranno. Una lezione di umiltà e di speranza che continuerà a vivere nelle sue pagine. Mi manca già il suo sguardo ironico, la sua gentilezza d’altri tempi, le sue parole misurate ma mai timorose di fronte alla verità. Mi manca l’amico, il confidente, il maestro che con pazienza sapeva indicare la strada senza imporre il passo.
Mario ha compiuto l’ultimo giro sulla sua “giostra della memoria”. A noi il compito di mantenere viva la sua eredità, di onorare il suo esempio con la stessa onestà intellettuale che ha contraddistinto ogni momento della sua vita.
Grazie, Maestro. Continueremo a cercare la luce per illuminare le ombre, come ci hai insegnato tu.