Ucraina, come Zelenski ha vinto la guerra sui social

Tra Russia e Ucraina la guerra si combatte anche attraverso i social. Con Zelenski che è stato costretto a registrare un videoselfie per strada in modo da fugare i dubbi su una sua presunta fuga da Kiev. Il presidente ucraino ha finora risposto efficacemente ai tentativi russi di manipolare la sua immagine, ma non è facile: anche perché le fake news sono dietro l’angolo. Ci aiuta a orientarci in questo labirinto comunicativo non privo di tranelli Francesca Comunello, professoressa associata presso il Dipartimento. di Comunicazione e Ricerca Sociale,  Università di Roma “La Sapienza”, dove insegna Studi su Internet e sui social media. 

In un contesto in cui anche il Tg2 sbaglia (è il caso del video dei missili non veritiero mandato in onda in un servizio del 24 febbraio) come informarsi?

Tradizionalmente le emittenti nazionali garantiscono, per statuto e per ruolo, l’attività di fact checking (verifica). Che chiaramente può a volte saltare in un contesto convulso come quello che stiamo vivendo: in cui le informazioni che passano attraverso i social spingono a un’ulteriore rapidità. L’importante è quindi verificare più fonti e fare affidamento, laddove possibile, alle testate ucraine: vicine ai luoghi dove avvengono i fatti. 

Su Instagram ci sono canali come Will, Torcha, VD News che fanno informazione attraverso i loro inviati.

Queste realtà native dei social sono molto vicine ai giovani. È auspicabile non seguire solo la testata, ma anche gli account degli inviati che raccontano in prima persona le loro esperienze.

Ad esempio?

Francesca Mannocchi, ma non è la sola. Consiglio inoltre di consultare i podcast, un fenomeno in crescita. 

Quali suggerisce?

Globally di Will, che è un podcast realizzato insieme con l’ISPI. Ma anche la rassegna stampa del Post o Cecilia Sala per Chora Media, che dà voce alle persone sul posto. Anche Kiev Indipendent è molto attivo su Telegram. 

A proposito di Telegram, la piattaforma social ideata da un russo e ora utilizzata spesso dagli ucraini per comunicare: come nell’ultimo video del delegato del Paese che aggiorna sullo stato dei negoziati. Quale narrativa si è costruita?

L’Ucraina sta cercando di comunicare con l’opinione pubblica occidentale con una retorica molto diversa da quella che si potrebbe immaginare qui quando si tratta di parlare di guerra. Penso alle parlamentari ucraine che mettono nello stesso post stralci di vita quotidiana, ma subito dopo anche un’immagine delle scale del rifugio dove si proteggono. È un modo per cercare un’identificazione da parte del pubblico occidentale che solitamente è poco avvezzo a vivere in prima persona il conflitto. 

Viene da pensare ai videoselfie di Zelenski. Il re della controinformazione, Putin, è stato battuto da una star della comunicazione?

Per gli Occidentali sicuramente. Zelenski è abile dal punto di vista comunicativo. Mi viene da pensare all’episodio in cui gli Stati Uniti gli hanno dato la possibilità di “scappare” e invece di fare una dichiarazione patriottica, di vecchio stampo, ha quasi creato un meme rispondendo: “Non voglio una via di fuga, ma armi”.

L’abilità comunicativa di Zelenski è stata sottovalutata da Putin?

Per Putin è più importante lavorare più sul piano comunicativo interno che esterno. Per l’Ucraina, invece, era strategico conquistare il supporto dell’Occidente. E Zelenski ci è riuscito. 

Eppure la figura di Zelenski, un uomo con passato da attore (ci sono anche video di lui che spara, mentre recita, al Parlamento ucraino) era facilmente manipolabile.

Comunicare non è stato una priorità per i russi. Lo è stato invece per gli ucraini. Ad esempio Zelenski è apparso molto umano: vestito con giacca e cravatta è passato ad abiti militari. Mentre Putin ha parlato a metri di distanza con Marcon.

Che ruolo ha avuto e avrà la comunicazione nel conflitto?

Le guerre non si vincono a colpi di meme. Il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale non dipende solo dalla comunicazione ma anche dal fatto che, dopo tanti anni, la guerra è tornata in Europa. E questo ha portato i nostri stessi leader a scelte drastiche: ad esempio la stessa Svizzera ha aderito alle sanzioni contro la Russia. La comunicazione, però, ha avuto una forte pressione su tutti ambienti: dalla moda allo sport. Anche chi non si occupa di geopolitica si è reso conto di ciò che sta succedendo. 

 

Alessandro Rosi – Giornalista

 

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