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Le paure di Putin

“La paura più grande per Putin è che questo conflitto duri tantissimo”, intervistiamo Salvatore Custureri, PhD, Post-Doc in International Law alla LUISS Guido Carli e Project Manager presso Luiss Data Lab.

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Ucraina, come può cambiare la cartina geografica con la guerra

Con il riconoscimento da parte di Putin delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, bisogna aggiornare gli attuali confini della cartina geografica. Ma che valore ha a livello internazionale un provvedimento del genere? Ci sono stati casi recenti simili? Quali conseguenze si hanno sul piano giuridico? Ne abbiamo parlato con Ugo Villani, Professore emerito di Diritto internazionale all’Università di Bari “Aldo Moro”, di Diritto dell’Unione europea alla LUISS “Guido Carli” di Roma e di Diritto internazionale nel Master “Esperti in politica e in relazioni internazionali” alla LUMSA di Roma. “L’Onu non funziona, il diritto di veto russo paralizza tutto. Ma il diritto di veto lo hanno usato tutti”. La guerra finirebbe se la Russia rinunciasse alle regioni conquistate e l’Ucraina accettasse lo status di neutralità permanente. Il riconoscimento russo delle due Repubbliche autoprocalamtesi “è un atto d’ingerenza  e quindi illecito”.   Putin ha riconosciuto le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk. Sul piano giuridico, quale valore ha? Di per sé il riconoscimento è un atto politico: uno Stato può o meno riconoscerne un altro. In questo caso, però, è diverso. Perché la Russia ha riconosciuto due entità territoriali che appartengono all’Ucraina e perciò è un atto illecito, dal momento che rappresenta una forma di ingerenza nelle questioni interne di un altro Stato. È come se, quando la Lega propugnava la secessione della Padania, uno Stato terzo l’avesse riconosciuta.  Però le due repubbliche si sono autoproclamate. È vero che esiste il diritto di autodeterminazione dei popoli. Un diritto che non spetta ad ogni entità territoriale e nemmeno a ogni minoranza, ma solo in determinati casi: popolo sottoposto a regime coloniale (è il caso del popolazione saharawi spagnola), a regime razzista (ad esempio quello sudafricano), a dominazione straniera imposta con la forza (si può dire il popolo palestinese). Uno Stato terzo che favorisca

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Ucraina, Unicef: Attenzione alle truffe per le adozioni

Tre milioni di profughi dall’Ucraina, la metà sono bambini. “È un dato sconvolgente – commenta Andrea Iacomini, portavoce dell’UNICEF Italia –. Un bambino ogni secondo è rifugiato”. Non ha dubbi sulla gravità: “È la crisi dei profughi più veloce che l’umanità abbia visto”. Di fronte a questi dati, in Occidente, ma soprattutto in italia, è partita la gara di solidarietà. C’è chi raccoglie coperte, cibo e medicinali, e chi, invece, si rende disponibile anche alle adozioni. Ma qual è l’iter da seguire? Ce ne parla Iacomini per fare chiarezza. Sui giornali si legge di persone che hanno accolto minori ucraini nella loro famiglia. Ma anche di genitori che hanno in affidamento dei bambini scappati dalla guerra. Ci aiuta a fare chiarezza? C’è tanta solidarietà e umanità in giro. Ma attenzione a chi ci propone di fare affidamenti, a chi ci propone di fare percorsi di aiuti agli ucraini se non sono enti accreditati dai Comuni, se non stanno nel sistema del Ministero dell’Interno. Perché di questo passo i bambini rischiano di finire in maglie non ben identificate di associazioni che purtroppo proliferano. In questo momento è fondamentale il ricongiungimento, che è attualmente alla base della nostra attività in Ucraina. Molti di questi bambini hanno un parente in Ucraina. Dopodiché, naturalmente, scatta un sistema di accoglienza che segue le norme italiane.  L’iter di adozione è percorribile? L’adozione è un sistema troppo lungo per questo tipo di emergenze. Conclusa la fase di registrazione e accoglienza, apriremo le maglie degli affidamenti alle strutture, alle famiglie che saranno accreditate e che il Ministero riscontrerà essere adeguate.  Su whatsapp circolano messaggi in cui si richiede la disponibilità per affidamenti di minori ucraini, come segnalato da alcuni Comuni. Perché alcune associazioni mandano, da indirizzari non meglio precisati, proposte di affidamento e adozione (ci hanno segnalato che

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Ucraina, Unhcr: “No al razzismo, consentire l’accesso a tutti”

La guerra non ferma il razzismo. La denuncia corre sui social attraverso l’hashtag #AfricansinUkraine. Nei video, ripresi sul proprio account da Ayoade Alakija, inviata speciale dell’Oms per l’emergenza Covid, si vedono centinaia di profughi respinti al confine con la Polonia. “Ci hanno detto “No Blacks” – ha raccontato un attivista nigeriano, padre di tre figli, all’Independent – e ci hanno fatto scendere dal bus che stava attraversando la frontiera con la Polonia. A me, alla mia famiglia e ad altri immigrati”. Come sta gestendo questa situazione l’UNHCR? Risponde Carlotta Sami, portavoce dell’Agenzia ONU per i Rifugiati. Al confine tra Ucraina e Polonia ci sono state alcune testimonianze di razzismo. Come state intervenendo per prevenirle?  I governi hanno assicurato che a tutti coloro che arrivano dall’Ucraina sarà consentito l’ingresso. Tutti i paesi vicini hanno finora tenuto lodevolmente aperte le loro frontiere per i rifugiati in fuga dall’Ucraina. C’è stata un’enorme solidarietà e ospitalità da parte dei Paesi che hanno accolto i rifugiati, anche da parte delle autorità e delle comunità locali. Quale intervento richiedete? L’UNHCR esorta i governi a continuare a mantenere l’accesso al territorio per tutti coloro che fuggono: Ucraini, e cittadini di Paesi terzi che vivono in Ucraina, che sono ora costretti a fuggire dalla violenza. In quali zone siete attivi in questo momento? Siamo presenti insieme ai nostri partner nelle principali zone di confine della regione. Quali sono i problemi principali che stanno affrontando i profughi? Ci sono diverse segnalazioni di persone che incontrano difficoltà ad entrare in Polonia dall’Ucraina. Stiamo seguendo il loro caso. Sosteniamo l’accesso alla sicurezza per tutti, indipendentemente dallo status legale, dalla nazionalità e dalla razza, così come l’accesso all’asilo per tutti coloro che vogliono chiederlo. Sottolineiamo che non ci devono essere discriminazioni contro nessuna persona o gruppo. Chi sta scappando dall’Ucraina deve avere

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Ucraina, come Zelenski ha vinto la guerra sui social

Tra Russia e Ucraina la guerra si combatte anche attraverso i social. Con Zelenski che è stato costretto a registrare un videoselfie per strada in modo da fugare i dubbi su una sua presunta fuga da Kiev. Il presidente ucraino ha finora risposto efficacemente ai tentativi russi di manipolare la sua immagine, ma non è facile: anche perché le fake news sono dietro l’angolo. Ci aiuta a orientarci in questo labirinto comunicativo non privo di tranelli Francesca Comunello, professoressa associata presso il Dipartimento. di Comunicazione e Ricerca Sociale,  Università di Roma “La Sapienza”, dove insegna Studi su Internet e sui social media.  In un contesto in cui anche il Tg2 sbaglia (è il caso del video dei missili non veritiero mandato in onda in un servizio del 24 febbraio) come informarsi? Tradizionalmente le emittenti nazionali garantiscono, per statuto e per ruolo, l’attività di fact checking (verifica). Che chiaramente può a volte saltare in un contesto convulso come quello che stiamo vivendo: in cui le informazioni che passano attraverso i social spingono a un’ulteriore rapidità. L’importante è quindi verificare più fonti e fare affidamento, laddove possibile, alle testate ucraine: vicine ai luoghi dove avvengono i fatti.  Su Instagram ci sono canali come Will, Torcha, VD News che fanno informazione attraverso i loro inviati. Queste realtà native dei social sono molto vicine ai giovani. È auspicabile non seguire solo la testata, ma anche gli account degli inviati che raccontano in prima persona le loro esperienze. Ad esempio? Francesca Mannocchi, ma non è la sola. Consiglio inoltre di consultare i podcast, un fenomeno in crescita.  Quali suggerisce? Globally di Will, che è un podcast realizzato insieme con l’ISPI. Ma anche la rassegna stampa del Post o Cecilia Sala per Chora Media, che dà voce alle persone sul posto. Anche Kiev Indipendent è molto

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Cultura

Ucraina, Gramaglia: “Escalation favorisce Biden e Putin. Potrebbe presto svanire”

Venti di guerra in Ucraina. Un conflitto di dichiarazioni, attacchi mediatici e risposte al veleno tra Stati Uniti e Russia. Per Giampiero Gramaglia, già corrispondente dell’ANSA da Bruxelles, poi Direttore della massima agenzia di stampa italiana ed esperto di politica estera, “un conflitto armato è inverosimile”. Ma si prospetta una “battaglia di sanzioni e ritorsioni”. Chi vince? “Tutti e due”, se l’obiettivo di Biden e Putin è quello di far salire la tensione per guadagnare consensi e poi ritirarsi.  Il rischio, però, che qualcosa di impronosticabile accada è dietro l’angolo. La storia insegna che basta poco a far accendere la miccia nei momenti di tensione. Secondo l’ultimo dossier americano, mercoledì la Russia invaderà l’Ucraina. C’è davvero questo rischio? Dall’inizio di questo momento di crisi, sull’Ucraina c’è una forte drammatizzazione della minaccia da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e poi a seguire, in modo più o meno riluttante, dei Paesi Europei della NATO. Se gli USA danno l’impressione di esacerbare la minaccia, la Russia non fa niente per evitarlo. Anzi, in modo deliberato sta creando i presupposti perché questa minaccia ci sia e si possa tradurre in azione. Agli Stati Uniti serve una guerra? La vera domanda è se serve una guerra alla Russia. Perché, se porta avanti un’offensiva in Ucraina, non scoppia un conflitto armato: ma una battaglia di sanzioni e ritorsioni. Un possibile scenario, poi, potrebbe essere quello di una situazione di tensione, in cui sia Putin sia Biden mostrano i muscoli, fanno la voce grossa e poi si ritirano. In questo caso, vincono tutti e due. Stiamo vivendo un po’ di tensione, ma alla fine potrebbe sgonfiarsi tutto. Però, a un certo punto, qualche segnale di de-escalation ci deve essere. L’escalation in Ucraina aiuterà Biden per le elezioni di mid-term a novembre? Il presidente americano, quando

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Crisi Ucraina, Armando Sanguini (ISPI): Biden fa il gioco di Putin

Tra i Paesi più vulnerabili in caso di un’eventuale interruzione (o riduzione) delle forniture di gas da Mosca c’è l’Italia. Con un’indice del 19%: tra i più alti dei grandi Paesi europei. A certificarlo l’analisi dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) che sottolinea come diverse Nazioni dell’Europa centro-orientale rischiano di esaurire gli stoccaggi entro la fine dell’inverno. Ne abbiamo parlato con Armando Sanguini, ambasciatore e Scientific Adviser dell’Istituto di Studi Politica internazionale di Milano. L’Italia è tra i Paesi più vulnerabili da una riduzione di gas da parte della Russia. Come si deve muovere? L’Italia ha dei forti interessi con la Russia. Trasversali tra l’altro, visto che il gas non è l’unico motivo per cui abbiamo intensi rapporti. Stesso discorso per Francia e Germania. L’Europa quindi vede nella Russia una realtà diversa da quella che Washington dichiara di avere. Mi sembra singolare che da settimane non si parli più di Cina, ma solo di presunte minacce russe con un contingente militare, sicuramente robusto, che però non è a mezzo metro dal confine ucraino, ma a diversi chilometri di distanza. E allora, se il soggetto principale di questa minaccia è l’Europa, per quale motivo dobbiamo avere negli Stati Uniti il motore di questa operazione. Se gli USA si presentano come garanti dell’Europa tramite la NATO, è ovvio che ciò può diventare poco digesto a Mosca. Per quale motivo dobbiamo spostare l’alleanza militare a Est se da decenni sappiamo che è un motivo di disturbo per Mosca? Viene ogni tanto ricordato il caso di Cuba, che era una minaccia alla dottrina Monroe (ndr, l’idea della supremazia degli Stati Uniti nel continente americano). Ci stiamo trovando nella stessa situazione. Dovremmo riuscire a parlare apertamente con Putin come Unione Europea. Chi vuole più la crisi: Biden o Putin? La questione ucraina è seria, le possibili soluzioni ci sarebbero

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