Ucraina. 29 giugno 2022, non un giorno qualsiasi!

Il recente vertice NATO sembra virare decisamente sulla guerra aperta alla Russia. Abbandono dei negoziati e la pace diventa una chimera. E il 29 giugno 2022 potrebbe essere ricordata come la data più infausta del conflitto.

Segnatevi a futura memoria la data del 29 giugno 2022, giornata nella quale nel vertice tenutosi a Madrid la NATO ha accettato le candidature di Svezia e Finlandia. Il tutto rapportato alla guerra ucraina che si protrae da oltre quattro mesi con migliaia di morti e feriti, distruzione di intere città. Eppoi, non scordarsi un nome: Stoltenberg, segretario generale della NATO. E poi un altro: Kuleba: ministro ucraino. Un altro ancora: Von der Leyen, presidente della Commissione europea. Aggiungiamone un quarto: Biden, presidente USA e certo un quinto: Zelensky, presidente ucraino; un sesto: Erdogan, satrapo turco, mediatore a giorni alterni.

Un settimo: liberi voi di inserirlo. Come anche un ottavo. Ad libitum. Insomma, non mancherebbero altri nomi. Infine, un’organizzazione politico-militare: la NATO con tutti i suoi aderenti. E siamo arrivati al greve quiz dell’estate: cosa hanno in comune queste entità apparentemente eterogenee? Che non a chiacchiere e nemmeno a parole, ma con i fatti, chi più e chi meno, (e salvo clamorose retromarce), tutti hanno dichiarato guerra alla Russia di Putin. La guerra del contraccambio. Vale a dire che da poche ore si è entrati in una fase nuova del conflitto, dove l’opzione militare è la “prima scelta” e la ricerca della pace solo una congetturale lasciata in bocca al Papa e a qualche irriducibile pacifista.

Si dirà, non è questa una novità! Non è così, dal momento che la parola “negoziato” non compare più in nessun resoconto stenografico e la parola “pace”, semplicemente ignorata.

Un’altra precisazione, non certo piccola: sulla questione, ucraina, la NATO “cita” la Cina, speriamo non a sproposito.

E, dunque? La guerra viene ormai dichiarata su larga scala, tra la sottovalutazione generale di una possibile escalation. Con nuovi contingenti e nuove truppe (al momento in 300mila), piazzate sul quadrante europeo a “sorvegliare” i confini in funzione anti-russa.

Ne consegue che il nascondimento italiano, tra reticenze e improprietà lessicali sull’invio di armi all’Ucraina, è destinato a evaporare ed essere spazzato via di fronte alle parole di Stoltenberg e Biden, che mettono già in conto che la guerra possa durare un anno e anche più. Tronfi, poi, dell’apprezzamento che quasi tutti i membri NATO abbiano raggiunto e anche superato il 2% del Pil in armamenti. Ma uno dei tanti sondaggi ci dice anche che noi italiani alla guerra pensiamo sempre meno, angustiati i come siamo da problemi quotidiani, di risorse che vengono a mancare, prezzi alle stelle, non soltanto quelli dell’energia, e inflazione mai vista prima d’ora. Un pericolo (grave) in più: quello di essere in balìa degli eventi e sopraffatti. Quando, poi, sarebbe troppo tardi per rimediare.

 

Luigi Nanni – Analista politico

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