Termini ebraici, termini islamici: cosa significano? Ecco un glossario

Il perdurare, purtroppo, delle guerre in Medio Oriente rende opportuno riproporre un glossario di termini ebraici e islamici per meglio orientarsi nella lettura delle cronache. Il glossario, arricchito di altre voci rispetto a quello pubblicato alcuni mesi fa, è stato redatto da uno specialista, non solo della storia recente e meno recente dell’area, ma anche della cultura e delle tradizioni di quei paesi

Questo repertorio “ragionato” di termini riguardanti il mondo e la cultura ebraici e islamici non ha alcuna pretesa di approfondimento e meno ancora di completezza. Ritengo, tuttavia, che possa trovarne giovamento chi non ha dimestichezza con certe tematiche oppure è interessato a rinfrescare qualcosa che si era dimenticata o di cui si era appannato il ricordo. Ciascuna di queste voci, comunque, data la complessità dei temi, potrebbe essere una base di partenza per uno o mille approfondimenti.

Mi sembra giusto far notare anche che nella traslitterazione di termini semitici (o yiddish, che pur essendo di origine tedesca o slava si scrivono prevalentemente con l’alfabeto ebraico) mi sono attenuto ai criteri empirici e non sempre coerenti prevalenti in pubblicazioni o articoli non specialistici. In particolare per l’ebraico, che si pronuncia con l’accento tonico sulle ultime sillabe, ho reso la pronuncia sulle vocali tronche con l’acca finale, invece di mettere arbitrariamente un accento. Che però ho lasciato se in una data parola prevale quella traslitterazione. Infine, salvo difformità motivate dall’uso, ho preferito non pluralizzare mai alcuna parola, secondo quello che a me pare corretto fare, quando si scrivono parole straniere.

Abu Mazen: patronimico (ossia alias ricavato spesso dal nome del figlio maggiore, pratica comune nell’onomastica araba) di Mahmud Abbas, presidente dell’OLP (v.), dell’ANP (v.) e dello Stato di Palestina (v.). Tra i fondatori dell’organizzazione palestinese al-Fatah (v.) ha preso parte ai colloqui di pace di Madrid del 1991 ed è stato coordinatore dei colloqui di Oslo nel 1993. Primo ministro dell’OLP nel 2003, alla morte di Yasser Arafat (v.), nel 2004, gli è succeduto come presidente. Inizialmente alla guida dei Territori di Cisgiordania e di Gaza, dopo la guerra civile tra fazioni palestinesi a Gaza dal 2005 al 2007 e la vittoria di Hamas, è la figura palestinese politico-amministrativa apicale nella sola Cisgiordania.

Abu Mazen
Abu Mazen

 

Accordi di Abramo: dichiarazione congiunta tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, sottoscritta nell’agosto del 2020. Il mese seguente si è unito anche il Bahrein. L’accordo è stata la prima normalizzazione delle relazioni tra Israele e paesi arabi, dopo quella con l’Egitto del 1979 (pace di Camp David) e con la Giordania nel 1994 (Valle dell’Arava). Gli accordi di Abramo, iniziati dal presidente americano Donald Trump, sotto la successiva amministrazione di Joe Biden si sono avviati a essere estesi anche al più importante dei Paesi del Golfo, l’Arabia Saudita, che nel luglio del 2022 ha aperto il proprio spazio aereo ai voli commerciali da e per Israele. Ma già nel 2023 il perdurare della guerra in Ucraina, visti i rapporti sempre più cordiali di Mosca con l’Arabia Saudita e gli Emirati, ha per così dire congelato gli accordi di Abramo. Ora il gravissimo conflitto tra Israele e i palestinesi (che avevano da subito osteggiato quegli accordi) rischia di far saltare, o almeno di mantenere a lungo bloccato, quello che avrebbe dovuto essere il nuovo assetto in Medio Oriente.

al-Fatah: organizzazione politica e paramilitare per la Palestina, fondata nel 1959 in Kuwait e dal 1967 parte dell’OLP (v.). Capo di al-Fatah è stato il leader storico Yasser Arafat. Per decenni è stato il principale partito combattente contro Israele, soprattutto dopo la Guerra dei sei giorni vinta da Israele nel 1967, con l’annessione di grandi porzioni di territorio palestinese e di Gerusalemme est. Negli ultimi anni a guida di Arafat, il movimento, come la stessa ANP, è stato da più parti accusato di corruzione e ciò ha favorito l’affermazione di Hamas a Gaza.

Aliyah : Emigrazione della diaspora ebraica verso la Palestina, avvenuta in fasi successive tra il 1881 e la fine del Mandato britannico, cui seguì la nascita di Israele nel 1948. Letteralmente aliyah significa ‘’salita’’, da intendersi come pellegrinaggio verso Gerusalemme. Chi fa l’aliyah è definito ‘’oleh’’, plurale ‘’olim’’. Il percorso inverso che un ebreo fa per tornare nella disapora si chiama ‘’yerida’’(v,), cioeè ‘’discesa.

Allah: designazione in arabo del Dio unico, incorporeo, irrappresentabile, che permea ogni aspetto della vita di ogni credente musulmano, sul piano religioso, politico e privato. Questi àmbiti, pur essendo distinti, non possono essere separati. Dalla fede assoluta e incondizionata in Allah, creatore e suscitatore di ogni cosa esistente e concepibile, è derivato l’islam, (v.) la più recente delle tre religioni abramitiche.

Arafat
Yasser Arafat

 

Arafat Yasser (alias Abu Ammar): il più noto dei leader storici palestinesi, è stato una figura controversa ma di enorme notorietà non solo nel mondo arabo. Proveniente da una delle famiglie più in vista della Palestina, gli Husseini, guerrigliero e Premio Nobel per la pace nel 1994, nondimeno fece naufragare gli sforzi congiunti del presidente americano Bill Clinton e del premier (laburista) israeliano Ehud Barak per giungere a un accordo di pace con i palestinesi. Anche la sua morte, avvenuta nel 2004 all’età di 75 anni, fu al centro di polemiche, e ci fu chi accusò Israele o anche fazioni palestinesi rivali di averlo fatto avvelenare. Nulla di tutto ciò fu però mai provato. Alla leadership palestinese gli successe l’attuale presidente Abu Mazen.

Aschenaziti, sefarditi e altri gruppi etnoreligiosi: gli aschenaziti sono gli ebrei di lingua e cultura yiddish (v.), che nel Medioevo si erano stabiliti nell’Europa centro-orientale. Oggi sono di origine aschenazita circa i tre quarti dei circa 16/17 milioni di ebrei nel mondo, di cui la metà vivono in Israele. Della metà che compongono la diaspora (v.) il 90 per cento sono soprattutto in USA, la stragrande maggioranza dei quali sono aschenaziti. In Israele la popolazione è abbastanza equamente divisa tra ebrei aschenaziti e sefarditi (v.), oltre altri gruppi fortemente minoritari, come mizrahì (dall’ebraico misrach, oriente) originari del Maghreb e del Medio Oriente; italkim, gli ebrei italiani, circa 30.000, di cui la metà vivono a Roma, considerati la comunità diasporica più antica nel mondo; ebrei berberi, appartenenti alle varie comunità di lingua berbera che vivono nelle montagne marocchine dell’Atlante ma non riconducibili ai mizrahì;  romanioti, un gruppo ebraico radicatosi nella odierna Grecia da oltre 2.000 anni, di lingua greca, che vive in varie città, soprattutto Tebe, Corinto, Corfù e Lesbo; falascià, popolo etiope di religione ebraica e dalle origini oscure; ebrei di Cochin, discendenti degli ebrei dell’antico regno di Cochin, nell’India meridionale, di lingua ebraico/malayam (stato del Kerala).

Aramaico: è una delle lingue semitiche un tempo più diffuse, sia di culto sia come lingua amministrativa di imperi. Risalente a circa tremila anni fa, ha avuto molte varianti, non tutte intellegibili tra loro. In aramaico è stato scritto il Talmud ebraico e altri corpi dell’Antico Testamento; aramaico era la lingua che si ritiene fosse parlata più spesso da Gesù.

Bar-mitzvah e bat-mitzvah: sono le due cerimonie che tra gli ebrei segnano il passaggio all’età, 13 anni e un giorno per i maschi e 12 anni e un giorno per le femmine, in cui si diventa responsabili della propria appartenenza all’ebraismo e si ha l’obbligo di seguirne i dettami. In ebraico, infatti, significano rispettivamente “figlio del precetto” e “figlia del precetto” e a partire da quegli eventi, solennizzati da cerimonie gioiose, un ragazzo e una ragazza diventano capaci di distinguere autonomamente il bene dal male.

Una cerimonia di Bar Mitzvah
Una cerimonia di Bar Mitzvah

 

Cabala: v. Kabbalah ebraica.

Calendario ebraico: è un calendario lunisolare, ossia calcolato sia su base lunare sia solare. L’anno è composto da 12 o 13 mesi, a loro volta formati da 29 o 30 giorni. L’anno corrente, il 5784, è cominciato dal tramonto del 15 settembre 2023 e finirà al tramonto del 2 ottobre 2024. Il calendario comincia dalla asserita data della creazione del mondo, che stando a quanto afferma la Bibbia è stata individuata nel 3760 a.C.

Calendario islamico: l’era musulmana inizia dall’anno dell’egira (v.), migrazione del profeta Maometto (in arabo traslitterato Mohammed, Muhammed e altre varianti) dalla Mecca a Medina. Per il calendario occidentale la data di inizio è stata fissata nel 16 luglio 622 dell’era cristiana. L’anno musulmano è composto da dodici mesi lunari di 29 o 30 giorni. In un ciclo di trent’anni, il secondo, quinto, settimo, decimo, tredicesimo, sedicesimo, diciottesimo, ventunesimo, ventiquattresimo e ventiseiesimo sono anni bisestili di 355 giorni; tutti gli altri sono composti da 354 giorni. L’anno lunare musulmano è di dieci o undici giorni più breve di quello cristiano. Attualmente siamo nel 1445. La maggior parte dei paesi musulmani usa il calendario dell’egira insieme a quello cristiano.

Chutzpah (pron. Khutzpah): parola ebraica e yddish entrata nell’uso dell’inglese, soprattutto nordamericano, che significa sfrontatezza, faccia tosta.

La Mecca
Pellegrini alla Mecca

 

Cinque pilastri dell’Islam, in arabo traslitterato “arkan al-islam”: 1) professione di fede (shahada), “Allah è l’unico Dio e Maometto è il suo profeta”; 2) preghiera (salat) cinque volte al giorno, dopo aver compiuto le abluzioni rituali, inginocchiati e rivolti alla Mecca; 3) elargizione dell’elemosina alla comunità (zakat), in misura proporzionale alle proprie possibilità; 4) pratica del digiuno (sawm) durante il ramadan; pellegrinaggio alla Mecca (hajj), almeno una volta nella vita.

Circoncisione: pratica comune a ebrei e musulmani, è adottata anche in molte comunità africane di religioni diverse, compresi i cristiani copti, gli ortodossi etiopi e ortodossi eritrei; nella maggior parte di questi casi è praticata in età infantile. Per gli israeliti, salvo impedimenti di carattere medico, il precetto più significativo dell’ebraismo e simbolo dell’alleanza con Dio, chiamato in ebraico brit milà, “patto della circoncisione”, avviene tassativamente otto giorni dopo la nascita del bambino. La esegue un mohel, un circoncisore esperto, di solito un medico, su incarico del padre, su cui incombe l’obbligo (delegabile) di praticare l’escissione del prepuzio del figlio. Nell’islam la circoncisione, in arabo khitan, non riflette una prescrizione coranica né richiama un patto con Allah, ma è una consuetudine che risale agli albori della più antica religione abramitica, millenni prima dell’islam; lo stesso Maometto la raccomanda. A seconda delle comunità e delle circostanze, può avere luogo tra il settimo giorno dalla nascita e ogni momento della vita.

Cisgiordania: la “parte al di qua del fiume Giordano” è uno dei luoghi più tormentati, contesi e complicati della terra; di questa complessità fanno fede i diversi nomi con i quali quelle terre sono chiamate. Per lo Stato d’Israele è formato dall’unione delle due storiche regioni Giudea e Samaria, che in inglese tornano a chiamarsi in modo neutrale West Bank, “Sponda occidentale”, ma anche “Territories”, (i territori), che con Gaza sono da intendere “occupati” (da Israele nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni) e appartenenti alla regione della Palestina storica, che, solo per restare all’ultimo secolo, dopo la sconfitta dell’Impero ottomano nella Prima guerra mondiale era passata sotto Mandato britannico. Dopo la fondazione di Israele, nel 1948, cui furono assegnati parte di quei Territori, e dopo l’armistizio seguito alla guerra scatenata dalla coalizione araba quello stesso anno e vinta da Israele, che si annesse una porzione di Giudea e Samaria, la parte restante fu inglobata dalla Giordania, un nuovo regno nel frattempo formatosi. La West Bank passò poi interamente a Israele, insieme con Gaza e Gerusalemme, dopo la vittoria dello Stato ebraico nel 1967. Nel 1988 la Giordania, che non aveva mai rinunciato alla giurisdizione sui Territori, cedette le sue pretese all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), guidata da Yasser Arafat (v.). A partire dal 1993, con gli accordi di Oslo, i Territori furono sottoposti al controllo misto da parte di Israele e dello Stato di Palestina, a riconoscimento limitato, e l’anno seguente fu istituita l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), con base a Ramallah, a pochi km da Gerusalemme est, sotto la presidenza di Mahmud Abbas, noto col nome di battaglia di Abu Mazen, tuttora alla guida dell’ANP ma senza più giurisdizione di fatto su Gaza, dal 2007 interamente sotto il controllo del Movimento islamico di resistenza, Hamas.

Un giovane palestinese in Cisgiordania
Un giovane palestinese in Cisgiordania

 

Corano (arabo ‘’Quran’’, lett. ‘’la lettura):: testo sacro dell’Islam, diviso il 114  (v.) rappresentato dal corpus di rivelazioni in lingua araba ricevute da Maometto e da lui riferite ai primi seguaci per far conoscere la sua nuova religione e stabilire i principi della nuova società dei fedeli. Dopo la morte del Profeta, durante il califfato di suo genero Othman, le rivelazioni furono fissate per iscritto per evitare che si dessero esegesi diverse.

Diaspora: il termine, di origine greca, aveva il significato originario di “dispersione”, con riferimento a un popolo che ha abbandonato i luoghi di origine, in genere, ma non necessariamente, perché costretto dalle circostanze. Dopo le deportazioni in Assiria (721 a.C.), in Babilonia (586 a.C.) e le dispersioni seguite alla conquista e lo smembramento della Palestina ebraica da parte dei romani (70 d.C. e 135 d.C.) la diaspora per antonomasia è stata quella degli ebrei per il mondo. Ci sono però, storicamente, anche altre diaspore: la palestinese (in seguito alla fondazione di Israele nel 1948); la armena (dopo il genocidio compiuto dai turchi ottomani all’inizio del XX secolo); l’esodo forzato giuliano-fiumano-dalmata (dopo la fine della Seconda guerra mondiale) dei cittadini di origine e lingua italiana da Istria, Quarnaro e Dalmazia; la ‘diaspora nera’ (la deportazione dai paesi africani di origine di milioni di abitanti ridotti in schiavitù, tra il XVI e il XIX secolo) e altre ancora.

Ebraico: lingua utilizzata originariamente dagli ebrei, sia come espressione orale sia come scrittura della maggior parte dei testi sacri, il principale dei quali è la Bibbia (Torah), il Libro per eccellenza.  Già circa duemila anni fa l’ebraico come lingua parlata era stato soppiantato dall’aramaico, rimanendo in uso sostanzialmente come lingua di culto. A partire dal XVIII secolo l’ebraico entrò nella sua fase moderna grazie al movimento dell’Haskalah (Illuminismo ebraico). Nella Mitteleuropa e nei paesi dell’Europa orientale sia pure come lingua minoritaria e riservata soprattutto al culto cominciò ad affiancare lo yiddish (v.) anche come lingua di comunicazione. Tale tendenza andò vieppiù accentuandosi lungo tutto l’Ottocento e ancora di più nel Novecento, specie col diffondersi del sionismo (v.) Con la fondazione di Israele (v.) l’ebraico divenne la lingua ufficiale dello Stato di Israele.

Una Torah
Una Torah

 

Ebraismo: religione monoteista le cui origini risalgono alla ultima fase del neolitico, circa 4.000 anni prima dell’era volgare, come tra gli ebrei si preferisce definire il periodo cristiano. Gli ebrei credono in un Dio unico e onnipotente, creatore “ex nihilo” del mondo e signore della storia umana. Tra i fondamenti dell’ebraismo ci sono la Torah, raccolta degli insegnamenti contenuti nella prima parte dell’Antico Testamento e rivelati da Dio a Mosè e da lui impartiti al suo popolo tramite i sacerdoti. Oltre alla Torah comprendono la Rivelazione altri testi sacri che formano la Bibbia, quali il Talmud, la Mishnah e la Ghemara, trasmessi oralmente e sempre ispirati da Dio, successivamente trascritti. Fulcro dell’ebraismo sono i dieci comandamenti e i 613 precetti.

Egira: hijra in arabo traslitterato, letteralmente “emigrazione”. È quando Maometto (in arabo traslitterato Mohammed, Muhammed e altre varianti), seguito da una piccola comunità di fedeli, appena 70 persone oltre ad alcuni membri della sua famiglia appena convertiti all’Islam, compì l’egira, dando inizio alla nuova era.

Feste ebraiche: Rosh Hashanà, il Capodanno; Yom Kippur, giorno dell’espiazione; Sukkot, festa delle capanne, in ricordo di quelle che gli ebrei costruirono nel deserto dopo l’esodo dall’Egitto; Simchat Torah, Gioia della Torah, (v.); Chanukkà, festa delle luci; Tu Bishvat, festa della natura e in particolare degli alberi; Purim, equivalente del Carnevale, ricorda l’abolizione del decreto di sterminio del popolo ebraico nella Persia, sotto il dominio di Assuero (VI secolo a.C.); Pesach, Pasqua ebraica, per molti la più importante di tutte le feste, in cui non si possono consumare né detenere cibi contenenti lievito e che ricorda la liberazione dalla schiavitù d’Egitto; Shavuot, la Pentecoste; Tishà be av, digiuno del 9 del mese di Av, che ricorda la distruzione del primo e del secondo tempio di Gerusalemme e altri gravi eventi della storia ebraica; Selichot, invocazione del perdono e commemorazione di eventi tragici o particolarmente significativi, tra cui, in tempi moderni, Shoah e nascita di Israele.

Rosh Hashanah
Una cartolina d’epoca per la festa di Rosh Hashanah

 

Feste musulmane: ramadan, in cui si pratica il digiuno completo (sawm, in arabo traslitterato), comprese le bevande. Il ramadan ricorda la prima rivelazione del Corano a Maometto, durante la “notte del destino” (laylat al-qadr), la cui data esatta è avvolta dal mistero. Laylat al-miraj (ascesa al paradiso) di Maometto da quella che è poi divenuta la Cupola della Roccia (v. Spianata delle moschee). Eid ul-fitr (la fine del digiuno del ramadan), in cui si festeggia per tre giorni. Eid al-adha (festa del sacrificio), che ricorda la sostituzione con un montone, per grazia di Allah, del figlio di Abramo (Ibrahim per i musulmani) Ismaele e non del fratello Isacco, come secondo la narrazione veterotestamentaria. Ashura, ricorrenza cara agli sciiti (v.), in cui fra altri avvenimenti si ricorda il sacrificio di Hussein, nipote di Maometto. Mawlid al-rasul (compleanno del Profeta Maometto), Hajj (pellegrinaggio tradizionale alla Mecca), uno dei Cinque pilastri dell’islam, v. Sharia.

Gaza: v. Striscia

Gehenna: sorta di canyon o valle formata dal torrente Hinnom sul lato meridionale della collina di Sion (v.), presso cui sorge Gerusalemme. In ebraico Gehenna significa appunto Valle dello Hinnom. Nella tradizione veterotestamentaria, in questo luogo (oggi interamente costruito e attraversato da una superstrada) i re di Giuda avrebbero praticato il culto del dio Moloch, al quale venivano sacrificati bambini. Secondo il profeta Geremia, una volta abbandonato il culto pagano, Geova comandò che in quel posto si dovessero bruciare in olocausto i cadaveri dei giudei sconfitti in battaglia. Il re giudeo Giosia, per eliminare ogni culto idolatrico, stabilì che il luogo fosse adibito a immondezzaio e infatti la Gehenna, secondo fonti rabbiniche storiche, restò a lungo la discarica della città santa. Per il Nuovo Testamento, invece, per Gehenna si indica l’inferno, dove bruciavano i peccatori, come un tempo i corpi dei soldati e poi i rifiuti.

Geova: nome di Dio per gli ebrei, ripreso semplificandone l’origine concettuale, teologica e glottologica, da parte di molti non ebrei che vogliano nominare l’Essere supremo degli israeliti. Per gli ebrei (con estrema semplificazione) la parola “Dio” la si può scrivere (meglio se con allusione puramente simbolica), ma non deve essere pronunciata nel timore di profanare il “nome ineffabile”. Grazie a una complicata serie di passaggi di ordine concettuale e allo stesso tempo fonetico-glottologico, gli ebrei osservanti hanno escogitato una similitudine (che non si può comprendere appieno senza conoscere in profondità alfabeto e lingua ebraici) tra la parola “Adonai” (“Signore”), liberamente pronunciabile e comunemente usata anche nelle preghiere, e il tetragramma JHVH (qui sempre traslitterato con lettere latine) riconducibile a “Yehowah”, appunto Geova.

Gerusalemme
Una veduta di Gerusalemme

 

Gerusalemme (in ebraico Yerushalayim, in latino Ierusalem, in arabo al-Quds): in ebraico significa “Città della pace” ed è considerata “la Città santa” per antonomasia da tutte e tre le religioni “rivelate”, “abramitiche”, “del Libro” o come le si voglia chiamare. Capitale giudaica tra il X e il VI secolo a.C. è dal 1948 la capitale (contesa) di Israele e punto nodale del dissidio tra israeliani e palestinesi. Nessun’altra città è così carica di significati, in genere contrastanti, per tante persone appartenenti a fedi diverse. Definirla “della pace” appare un controsenso. Lungo i millenni della sua esistenza la città è stata distrutta due volte, assediata 23, attaccata 52 e catturata, perduta e riconquistata 44 volte. Nel contenzioso tra i due popoli, la ‘questione gerosolimitana’ è probabilmente la più complessa e di più ardua soluzione. Forse per questo nei tentativi negoziali fatti sinora (nessuno dei quali andato a buon fine) Gerusalemme è stata sempre tenuta per ultima.

Giudea e Samaria: nomi storici della Cisgiordania (v.).

Fine prima parte

Carlo Giacobbe Giornalista – Corrispondente dal Medio Oriente, e da varie capitali europee ed extraeuropee. Scrittore

 

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