Nella rubrica delle lettere sul Corriere della Sera del 15 aprile, un lettore in dissenso da Aldo Cazzullo ha affermato: “Lei spiega che la Resistenza non fu solo dei comunisti, è vero, molti parteciparono, preti, carabinieri, democristiani, liberali, persino monarchici, ma è vero che i comunisti furono la maggioranza”. Cazzullo gli ha risposto: “Non è così”. E lo ha dimostrato con dovizia di nomi e fatti, che sfatano “la leggenda dei partigiani quasi tutti rossi”. Finalmente una risposta inoppugnabile sulla Resistenza. Una risposta che mi consente di evidenziare un punto critico della Festa della Liberazione, sul quale insisto da anni. Approssimandosi gli ottant’anni della Liberazione, desidero ribadirlo. Se in passato avessi sentito nelle celebrazioni del 25 Aprile un discorso storicamente onesto, con i concetti e le parole di Cazzullo, mi sarei dichiarato pure io ufficialmente antifascista come lo sono sempre stato intimamente, a parole e fatti, da liberale e patriota “risorgimentale”. A chi vuol capirlo, lo spiego con l’esemplare vicenda di mio padre, analoga alla sorte capitata a migliaia e migliaia di altri ‘Volontari della Libertà’, internati militari italiani non collaborazionisti (IMI).
Capitano medico di stanza a Zara in Dalmazia, egli dirigeva l’ospedale da campo di Bencovazzo (oggi Croazia), dove il 9 settembre 1943 fu catturato e deportato in Germania a Meppen, confini olandesi. Vi restò prigioniero fino al rimpatrio del 5 settembre 1945. Benché ufficiale, non fu tenuto negli ‘Offizierslager’ ma in uno ‘Straflager ‘, campo di punizione dove finivano “i prigionieri protagonisti di tentativi di fuga o di quelli che i nazisti consideravano atti di insubordinazione” (Rossella Ropa, in Storia fotografica della prigionia dei militari italiani in Germania, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pag.55). La vita nei lager si svolgeva in condizioni al limite dell’insopportabilità fisica e morale. Il premio per chi accettasse di tornare in Italia per servire i nazifascisti di Salò consisteva in un wurstel e un quarto di pane bianco. Spesso una scelta tra vivere e morire. Mio padre rifiutò. Non fu una forma di eroismo da essere ricordata, onorata, commemorata innanzitutto dai partigiani veri, poi dalle autorità celebranti, infine da ogni sincero liberaldemocratico? Solo negli ultimi quindici/venti anni gli storici, compreso Aldo Cazzullo, non la Repubblica, rendono omaggio all’Altra Resistenza (titolo delle memorie di Alessandro Natta, che la casa editrice del Pci rifiutò di pubblicare!) e alla Resistenza senz’armi (sottotitolo del libro “I militari italiani nei lager nazisti” degli storici Avagliano e Palmieri).
Ecco perché, alla soglia dei miei ottant’anni, aspetto ancora di pronunciare i voti solenni di antifascismo. Ma non dispero.




