Paesaggi della memoria, il progetto educativo per raccontare ai giovani la Resistenza

Un incontro alla Casa della Memoria e della Storia per parlare delle nuove frontiere dell’insegnamento e dell’importanza di conoscere il passato, per preservare dagli errori il nostro futuro

Il 25 aprile 1945 segna la fine del processo di liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Per celebrare gli 80 anni di questo fondamentale punto di svolta storico, Anpc – Associazione Nazionale Partigiani Cristiani e Indire – Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa, in collaborazione con DiCultHer – Associazione Internazionale per la Promozione della Cultura Digitale -, hanno promosso un incontro per discutere dell’esperienza dei laboratori didattici tra passato e presente, nella suggestiva cornice della Casa della Memoria e della Storia di via San Francesco di Sales a Roma, allo scopo di insegnare i valori della Resistenza ai giovani.

Educare i giovani alla storia

«Siamo in un momento storico critico. Ora che i testimoni della Seconda guerra mondiale non sono più tra noi, in tutta Europa dilagano nazionalismo, negazionismo e cancel culture» ha esordito Silvia Costa, vicepresidente nazionale dell’Anpc. Mai come oggi, davanti a un pericoloso dilagare delle false informazioni, risulta indispensabile educare i giovani a una «coscienza critica delle fonti».  «Sono ottanta anni dall’anno del riscatto, quando nacque la consapevolezza democratica», ha continuato Costa «quando nel 1946 le donne votarono per la prima volta, nacquero la Repubblica e la democrazia italiana». Un anniversario per riflettere anche su una parte della storia spesso trascurata, come la realtà dei partigiani cattolici e l’esperienza della Giac (Gioventù italiana di azione cattolica), ha ricordato Gianfranco Noferi, consigliere nazionale Anpc. 

Il progetto, promosso da Indire, prevede attività didattiche per i docenti a partire dal lavoro di ricerca “Archivi e memoria come mezzo per una comunicazione culturale che abbia un impatto sociale”. Da cui prendono spunto i dialoghi sui “Paesaggi della memoria”: luoghi simbolo dell’antifascismo, della deportazione, della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e della Liberazione in Italia. «I ragazzi devono sentirsi parte, se non guida, del processo di riappropriazione del loro patrimonio culturale, bisogna stimolarli a parlare della Costituzione», ha affermato Carmine Marinucci, presidente di DiCultHer. Si tratta di «permettere ai giovani di rendersi conto dei potenti strumenti che possiedono e responsabilizzarli».

Una scuola media - Creative Commons
Una scuola media – Creative Commons

Imparare dalle fonti

Irene Zoppi, storica e collaboratrice tecnica alla ricerca presso Indire, ha chiarito che il progetto nasce col proposito di «coinvolgere i ragazzi in prima persona in un processo di risignificazione delle fonti». Attraverso un metodo «multi-percettivo» e transdisciplinare, l’iniziativa punta in modo particolare a far produrre ai ragazzi elaborati multimediali. Scelta compiuta nella convinzione che «le competenze critiche si costruiscano tramite l’ingaggio effettivo», ha affermato Pamela Giorgi, coordinatrice dell’Archivio storico di Indire. Per realizzare questo obiettivo ricorrere a foto e film è particolarmente funzionale alla didattica. Un’operazione che ha permesso di valorizzare le 14.000 fotografie sulla storia delle istituzioni e della scuola italiana custodite nell’archivio storico di Indire; una fonte di grande interesse storico, in quanto, ha ricordato Giorgi, negli archivi scolastici è possibile trovare preziose informazioni sulle deportazioni. Attraverso questi strumenti, i ragazzi sono invitati a ragionare sul tema dell’estraneità, per arrivare progressivamente, e in modo autonomo, a maturare una consapevolezza sulle leggi razziali.

Scuola e cinema

«L’audiovisivo tocca la sfera emotiva con meccanismi di transfert che possono portare a cambiamenti reali» e per questo è nato il progetto “La scuola allo schermo”, ha dichiarato Francesca Caprino, ricercatrice di Indire specializzata in didattica per studenti con bisogni educativi speciali (Bes). Un repertorio ragionato per i docenti di film, documentari, cortometraggi e interviste, da utilizzare in classe per approfondimenti su temi selezionati. L’argomento su cui hanno sentito l’esigenza di lavorare negli ultimi anni è stato soprattutto quello della pace. «Esiste un’ampia letteratura su cinema e non violenza» ha affermato Caprino «ma spesso per parlare di pace si finisce a parlare di guerra e le narrazioni che scelgono di non rappresentare la guerra sono incredibilmente poche». Tra i vari esempi di documenti audiovisivi raccolti dal progetto, ha ricordato “Il Cinegiornale della pace” di Cesare Zavattini del 1963, girato in piena guerra fredda. 

La nuova scuola

In una realtà complicata da narrazioni false e visioni parziali, condizionate da una forte impalcatura ideologica, Manfredi Merluzzi, Direttore Centro Interuniversitario per la Ricerca e Sviluppo della Public History, ha sottolineato l’immenso pericolo che corriamo davanti alla possibilità di perdere la memoria storica. «Quando sovra stimolate, tutte le società tendono a dimenticare, perché sacrificano i ricordi meno funzionali alla loro sopravvivenza» e la storia in questo momento, ha detto, «ha perso la sua centralità nella ricostruzione del passato, ma quando si perde la capacità critica di elaborare gli eventi che ci hanno preceduto, la realtà diventa manipolabile». Per questo è diventato indispensabile rendere più fruibili le conoscenze umanistiche, valorizzando la contaminazione tra discipline. Ciò che è urgente costruire in questo momento, ha avvertito Luigi Mantuano, vicepresidente della Società italiana scienze umane e sociali, è «una coscienza politica, senza la quale non possono funzionare né la cultura della pace né la storia per immagini. Tutto si può ridurre a nazionalismo, anche la Costituzione». Dobbiamo abbandonare il modello di scuola nozionistico, nell’idea di dover prevenire sentimenti di «rifiuto e difesa davanti all’avanguardia. Perché avanguardia ed educazione del popolo devono andare di pari passo e un’educazione che sia anche per la “massa”» ha affermato «non può essere elitaria. È in gioco la democrazia. La scuola da sola non ce la fa, serve un’alleanza anche con il terzo settore e le istituzioni». 

Giulia Maria Giuffra

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