Luca Spizzichino (Ugei): L’antisemitismo è sempre presente, spesso non si vede ma c’è

Ed è pronto a esplodere con tutta la sua forza. Intervista al presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, Luca Spizzichino, sul fenomeno sempre più dilagante dell’antisemitismo, in particolar modo nel mondo giovanile e studentesco: "La mancanza di solidarietà da parte di certe piazze e di certi movimenti ci fa sentire traditi"

Luca Spizzichino, negli ultimi giorni i fatti di Gioventù Nazionale dominano notiziari e prime pagine. Da Presidente dell’Ugei cosa hai provato vedendo certe scene?

Sono ancora inorridito dalle immagini dell’inchiesta, l’odio antiebraico all’interno di Gioventù Nazionale è stato sdoganato ed è questo quello che in realtà preoccupa di più. La domanda che mi pongo io è: quale sarà la futura leadership politica se queste sono le nuove leve?

Dal 7 ottobre vediamo come il seme antisemita sia tornato ad attecchire sempre di più, ma ciò che preoccupa maggiormente è che quest’odio, come dimostrano i fatti di cui parlavamo sopra e le continue manifestazioni all’interno delle università, provengono quasi totalmente dai giovani. Come se lo spiega?

Allora, bisogna partire dal presupposto che l’antisemitismo è una sorta di fiume carsico, sempre presente, tu non lo vedi scorrere, ma lui si insinua all’interno della società. Un odio che in realtà è presente ovunque, si nutre della polarizzazione e all’improvviso esplode con tutta la sua forza. Ed è quello che abbiamo visto dopo il 7 ottobre, quando è riemerso con una recrudescenza che non si vedeva da almeno 40 anni con la guerra in Libano. I giovani sicuramente sono diventati quelli più inclini ad essere polarizzati, ed anche i più vulnerabili all’odio antisemita. C’è, in primis, un problema di educazione e di promozione dei valori democratici, sia all’interno dell’estrema destra sia dell’estrema sinistra e quando l’antisemitismo è così forte capisci che qualcosa all’interno della società si è rotto, e che il supporto delle istituzioni non basta, ma serve lo sforzo di tutti i cittadini.

Luca Spizzichino

Io, studiando il fenomeno dell’antisemitismo, a seconda dell’origine lo divido in due tipologie (senza considerare quello jhadista). Uno storicamente cattolico, volto a salvaguardare la religione, l’etnia dominante ed affermare i valori e le tradizioni (che sfocia nella destra radicale e nella deriva nazista) e uno, invece, di estrema sinistra. Questo oggi appare forse più duro e anche più sottovalutato. E’ d’accordo?

In realtà tutte le ramificazioni dell’odio antisemita sono state sottovalutate, come dimostra il caso di Fanpage in cui vediamo che la gente finge di cadere dal pero e si accorge solo ora della presenza di un odio antisemita in certi ambienti della destra, ma che in realtà c’è sempre stato, anche se in parte nascosto. Il vero problema dell’antisemitismo è che si adatta alla società in maniera trasversale: si passa dalla giudeofobia all’antisemitismo razziale passando all’antisionismo.

Ha fatto, inoltre, scalpore il silenzio sugli stupri e sulle violenze di Hamas, da parte delle femministe e di chi si batte sempre per qualsiasi diritto. Se poi analizziamo le immagini e i video del pride si vedono sventolare solo bandiere palestinesi

È un cortocircuito clamoroso. Come rappresentanti dell’ebraismo giovanile italiano noi siamo sempre stati in prima fila per salvaguardare i diritti umani; tuttavia, dobbiamo purtroppo constatare che la mancanza solidarietà da parte di certe piazze e di certi movimenti ci fa sentire traditi. Questi gruppi ci hanno voltato le spalle, perché quando si parla di lotta alle discriminazioni bisogna contestarle tutte e non ci possono essere doppiopesismi.

Il problema secondo me è nella narrativa di questi movimenti: quando determinate minoranze sono vittime di un sistema di oppressione che per loro è orchestrato dal bianco-etero-colonialista vanno denunciate, mentre quando riguardano soggetti differenti in maniera abbastanza contorta si rispolverano alcuni miti e stereotipi del passato in cui l’ebreo viene identificato come quello bianco, etero e colonialista.

Ecco, in quest’ottica c’è stato quel cortocircuito per cui per loro i palestinesi starebbero loro stessi subendo l’ingiustizia sociale perché vittima dello stesso sistema, e nell’idea di questi collettivi non resta che unire le forze e combattere il loro nemico comune, che in questo caso è Israele o l’ebreo. Sarebbe curioso però ricordare a queste persone due cose: innanzitutto, il fatto che Israele sia l’unico Paese in Medio Oriente in cui tutte le libertà e diritti civili sono garantiti; in secondo luogo, ricordo che uno dei più grandi pride del bacino mediterraneo è proprio quello di Tel Aviv.

Spesso, proprio durante manifestazioni organizzate da questi movimenti, dietro il cd. antisionismo si nasconde un malcelato antisemitismo…

Assolutamente. Perché uno può legittimamente criticare il governo israeliano, ma in quel caso non stiamo parlando di antisionismo. L’antisionismo è tutt’altro. Significa non riconoscere il diritto dello Stato di Israele ad esistere e del popolo ebraico di poter autodeterminarsi e ritornare nella sua terra ancestrale, un ritorno per il quale preghiamo da duemila anni. La domanda che ci si pone è: perché è così difficile accettare l’autodeterminazione del popolo ebraico? Come hai detto tu, in realtà l’antisionismo non è altro che una nuova e più subdola mutazione dell’odio antisemita.

Torniamo al tema delle proteste giovanile, visto il ruolo che  che Lei presidente ricopre. A parte qualche singolo caso (come a Roma con la rettrice Polimeni che ha preso una posizione chiara) la risposta da parte degli atenei è stata spesso tiepida. Il semiologo Ugo Volli poche settimane fa ha attribuito la colpa di questo crescente antisemitismo all’interno dell’università all’atteggiamento poco coraggioso da parte dei rettori. La stessa Conferenza dei Rettori a marzo non prese posizione sul boicottaggio di Israele. Come giudichi questa decisione e non credi che questa possa legittimare le proteste?

Antonella Polimeni, rettrice della Sapienza

Dal mio punto di vista le università in questi ultimi mesi si sono ritrovate ad essere ostaggio dei loro stessi principi e chi vandalizza e occupa gli edifici dei nostri atenei sfrutta quei valori per i loro scopi. Quindi, è chiaro che le università si sono trovate tra l’incudine e il martello, e comprendo il problema di non poter agire in maniera più dura. Però tutt’altro discorso riguarda, invece, la necessità di condannare discorsi d’odio, in particolare quelli antisemiti, che come dici tu troppo spesso sono stati condannati a parole e poco con i fatti. Per quando riguarda il boicottaggio bisogna dire chiaramente una volta per tutte che rappresentano un enorme danno non per le università israeliane, bensì per i nostri atenei e per i nostri studenti, i quali vedono preclusa la possibilità di accedere in centri di ricerca riconosciuti in tutto il mondo.

Ugo Voli

Anche a livello internazionale la situazione non è molto più tranquilla, anzi nelle Ivy League e nelle principali università europee le cd. Intifade studentesche non sembrano cessare. Lei ha girato diversi Paesi europei negli ultimi mesi. Ci racconta qual è la situazione?

La situazione all’estero è peggio che qui in Italia. Negli States, nel Regno Unito, in Belgio, in Francia e in Olanda gli episodi di antisemitismo sono aumentati quantitativamente e qualitativamente. Racconto due episodi che fanno capire la gravità della situazione. In Belgio, il presidente degli studenti ebrei è stato aggredito fisicamente solamente perché era passato davanti ad un’occupazione della sua università con la bandiera di Israele sulle spalle e adesso è costretto a girare sotto scorta, mentre in Francia un’altra collega è finita in gruppo Telegram in cui vengono elencati gli ebrei da aggredire perché sionisti. Ecco perché dobbiamo guardare con attenzione quello che succede all’estero, perché se qui in Italia diventiamo troppo lassisti nel condannare chi instilla odio c’è il rischio che quello che stiamo vedendo nel resto dell’Occidente ce lo troviamo presto anche qui.

Rimaniamo all’estero. Se in Italia questi sentimenti vanno circoscritti quasi interamente ai movimenti studenteschi e giovanili, la situazione è diversa in Germania e in Francia, dove l’antisemitismo ha delle radici più profonde delle nostre. C’è preoccupazione per questo considerando che si tratta di due Paesi che hanno trainato il sentimento antisemita nel ‘900?

Come abbiamo detto prima, l’antisemitismo ha radice più profonde anche da noi, basta ricordare l’antisemitismo all’interno dello Stato Pontificio e la promulgazione delle leggi razziali. Certamente, pur senza minimizzare quello che sta avvenendo in Italia, è evidente che la presenza, in quei due Paesi, sempre più cospicua di persone che sono influenzate dall’islam radicale e che provengono da Stati che non hanno costituito accordi bilaterali con Israele e che oggi non hanno neanche una comunità ebraica, contribuisce ad alimentare un clima di tensione e ostilità che poi genera in manifestazioni antisemite, come ormai accade quasi ogni giorno in Germania e in Francia. E tendo a precisare che non è assolutamente l’Islam che abbiamo imparato e continuiamo a conoscere negli anni attraverso il dialogo interreligioso.

E in Italia, la politica e le istituzioni come si sono comportate?

Il mondo politico e istituzionale in Italia ha espresso sin dal primo momento la propria solidarietà e il loro supporto anche a livello di sicurezza. Ma il problema del rigurgito antisemita è un problema che riguarda ogni cittadino. Sembra però che il mondo politico e la società viaggino su due binari differenti. La società sta andando verso un binario totalmente differente, in cui l’odio è ampiamente sdoganato. In questi mesi abbiamo visto la maggior parte dei partiti, a parte qualche eccezione, supportare la comunità ebraica e il diritto di Israele a difendersi. Purtroppo, dobbiamo constatare come la società non abbia fatto lo stesso. Già ventiquattro ore dopo il massacro del 7 ottobre abbiamo notato una recrudescenza del sentimento antisemita.

Io credo che sia fondamentale trovare una risposta comune che veda le istituzioni e la cittadinanza attiva lavorare insieme. Quello che stiamo facendo noi è cercare di sensibilizzare, far capire che è necessario trovare una strada comune per contrastare l’antisemitismo. Bisogna dunque lavorare a livello culturale. Noi come Ugei, sin da prima dei fatti del 7 ottobre, giriamo le scuole e parliamo della cultura ebraica, al fine di far conoscere il popolo ebraico, ed in molti casi abbiamo notato interesse e curiosità da parte degli studenti.

Sen. A vita Liliana Segre

Dopo l’inchiesta di Fanpage, questo fine settimana è intervenuta la senatrice a vita Liliana Segre, come commenta le sue parole?

La Senatrice Liliana Segre, che ha visto l’odio portare allo sterminio del popolo ebraico, ha espresso in pochissime parole un messaggio importantissimo. Ma da tempo sta lanciando l’allarme a tutta la società civile: se continuiamo così, con la deriva che si sta prendendo, la Shoah rimarrà solo una riga nei libri di Storia e il famoso slogan “Mai più” rischia di rimanere, appunto, nient’altro che uno slogan.

 

 

 

Francesco Spartà Giornalista e Teaching Assistant

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