Come esistono liberali sedicenti così esistono illiberali inconsapevoli. Se non il liberalismo classico, troppa grazia, è tornato di moda il sostantivo/aggettivo liberale, ma per respingerne il senso. Tale ritorno non deve apparire strano in tempi di illiberalismo, un sostantivo che non esisteva nemmeno nel vocabolario italiano (pure il correttore automatico del pc rifiuta infatti di accettarlo) finché non lo inventai per evidenziare, “a contrario”, quanto poco liberalismo ci fosse nel Bel Paese (cfr. Illiberalismo, “Storia contemporanea”, n.3/2023, pag. 49). Al giorno d’oggi, e non perché è in carica un governo orgogliosamente di destra per la prima volta nell’Italia repubblicana, risulta che non ci sarebbe granché di cui vantarsi nella democrazia liberale.
I regimi del primo dopoguerrra del ‘900
La politica internazionale ha riportato alla memoria la reazione antiliberale dei regimi instaurati nel primo dopoguerra del ‘900. Fascismo italiano e nazismo tedesco ricevettero all’inizio una sorta d’investitura elettorale, ma sostenuta dalla violenza. Il comunismo russo, invece, fu originato dal colpo di Stato della fazione bolscevica.
Nel secondo dopoguerra la realtà era comprensibile a tutti. A parte i nostalgici dei regimi neri, c’era il mondo libero e il mondo sovietico, l’America e la Russia, gli anticomunisti e i comunisti, la democrazia liberale e la dittatura sovietica. C’erano anche allora i liberali sedicenti perché bastava essere anticomunisti per apparire liberali, mentre quei nostalgici erano anticomunisti ma parimenti antiliberali per coerenza con se stessi.
I liberali sedicenti volevano apparire “aggiornati” anziché retrogradi ottocenteschi. Ora, questa storia del liberalismo superato dalla Storia l’hanno inventata i cultori del determinismo impegnati a raggiungere la meta ineluttabile dell’umanità. La meta e il superamento, però, non esistono.
Tuttavia, quando la democrazia liberale ha dato l’impressione di aver stravinto e d’esser diventata essa stessa ineluttabile, i sedicenti liberali sono ricomparsi sotto la doratura di veri liberali, benché realmente non meno sedicenti dei loro omologhi predecessori. A questo punto il novero dei liberali sedicenti ha finito per confluire nel gruppo degli illiberali inconsapevoli, confondendosi gli uni con gli altri.
Come alla foce di un fiume l’acqua non è completamente né dolce né salata, così i liberali sedicenti sono diventati apertamente illiberali e gli illiberali inconsapevoli hanno preso coscienza. E tutti assieme inclinano ad apprezzare la democrazia come illiberalismo, ad accusare il liberalismo di pervertire la democrazia, a perorare la democrazia illiberale.
Gli Ateniesi chiamavano l’uguaglianza legale con il nome bellissimo di “isonomia”
Fu l’uguaglianza a generare la democrazia, non il contrario. Sentendosi eguali, pretesero di esercitare un eguale potere politico. Se fosse vissuto a quel tempo, il liberale avrebbe detto all’ateniese: “Chi vuoi che comandi, te lo scegli come ti pare. Però il tuo governante non dovrà poter fare quel che vuole, ma sottostare a limiti e divieti.” E gli avrebbe suggerito una Costituzione, come il morso per il cavallo. A quale scopo? A preservare l’eguale libertà di ciascun individuo, controllando i governanti e diffidando del potere, un cavallo pazzo.
La democratura
Negli ultimi tempi, tanto il consolidarsi della dittatura in due superpotenze mondiali, quanto l’intenzione e i tentativi di separare la democrazia dal liberalismo, dove ancora resiste il virtuoso connubio, dimostrano che è all’opera e cresce l’insofferenza verso la classica libertà mentre alla democrazia viene reso un omaggio ipocrita e paradossale con il neologismo “democratura”, che starebbe ad indicare una ‘dittatura democratica’ nel senso che il dittatore verrebbe insediato bensì dal popolo ma una volta soltanto. A parte la peculiare eccezione del Papa nella Chiesa cattolica, sarebbe un inedito storico: il “monarca assoluto elettivo”.
Forse “democratura” allude a una democrazia nella quale la libertà è data col contagocce a giudizio del dittatore, quella che gli piace di più al momento. L’ipocrisia sta nel fatto che la “democratura” non viene perseguita ufficialmente come modello ideale ma di fatto conseguita obliquamente, passo dopo passo, a colpi bassi.
Solo i liberali consapevoli, di qualsiasi colore politico e a qualsiasi partito storico od occasionale appartengano, mostrano davvero genuino amore per lademocrazia come “governo del popolo, attraverso il popolo, per il popolo” (Abramo Lincoln) e sentono il dovere di difenderla dai suoi adulteratori. Per non passare dalla “Fine della storia” (Francis Fukuyama) all’inizio della “democratura”.
Il paradosso
Il paradosso, poi, consiste in ciò, che la reazione in atto beneficia proprio della libertà che la democrazia liberale concede alla nuova categoria di reazionari affacciatasi sulla storia. Ma il paradosso non è nuovo.
Il più clamoroso e devastante accadde, come già detto, nel primo dopoguerra e, a quanto pare, non è bastato. Ma altri casi furono e sono propiziati dal fatto che “certi liberali di ringhiera e di piazza, illiberalmente professano la libertà” (Niccolò Tommaseo) e che “non è la prima volta che la libertà è stata mezzana dei partiti che la combattono” (Francesco de Sanctis).