Trasmettere l’amore per il Bello – per il nostro sterminato Patrimonio Culturale – è quello a cui tutti aspiriamo. Non è un compito facile. Accanto ai monumenti e alle opere ci sono le loro storie. Un groviglio di informazioni che hanno senso solo se chi ce le racconta è preciso.
Storie che rendono questi luoghi e queste opere luoghi e opere dell’anima e li fanno vivere nel nostro immaginario, nella nostra memoria culturale condivisa.
Ci è riuscita Lauretta Colonnelli che – dopo il successo de Le muse nascoste (Giunti) – ora ci regala uno straordinario viaggio nell’arte, nel paesaggio e nelle anime multiple del nostro fantastico Meridione, intitolato Storie Meridiane. Miti leggende e favole per raccontare l’arte, edito da Marsilio.
Il riflettore è puntato sul Sud – sorprendente e non solo già noto – dalla Concattedrale di Taranto di Gio Ponti ai deliziosi paesaggi del tedesco Jakob Philipp Hackert (1737-1807), a L’uomo che misura le nuvole di Jan Fabre (2019).
Lauretta Colonnelli scava nelle sterminate ricchezze culturali del nostro Meridione e, come Guglielmo II d’Altavilla (il Buono) che sogna e trova sotto a un carrubo il tesoro con cui realizzare il rilucente Duomo di Monreale, estrae dal suo scrigno preziosi racconti d’arte che ammaliano e fanno sognare.
Sono quaranta i capitoli di un percorso poliedrico alla riscoperta di capolavori, monumenti e luoghi dimenticati o delle storie nascoste di quelli più noti.
L’archeologia ha un ruolo non piccolo in questo moderno florilegio e la raccolta si apre con la curiosa scoperta nei dipinti ottocenteschi di Edouard de Sain e Filippo Palizzi delle giovani donne che lavoravano come portatrici di terra negli scavi di Pompei.
Ragazze dimenticate, che la Colonnelli con sagacia riconosce come operaie tessili che avevano perduto il lavoro per la chiusura degli opifici del cotone (niente di nuovo sotto il sole). Siamo nell’epoca in cui il direttore dei Musei era Alexandre Dumas (su nomina di Garibaldi – come sopra, niente di nuovo sotto il sole) a fianco del Soprintendente Giuseppe Fiorelli.
Simili emozioni si provano nel racconto della scoperta della Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina, con i suoi straordinari mosaici, tra i quali le atlete in bikini (con il subligar – e la fascia mammillare), che corrono e si sfidano in onore di Era. O quando ci fa perdere nel profondo blu del
“Vaso Blu” oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) e ci racconta di come questo colore sia stato trasmesso dagli Egizi ai grandi pittori del Rinascimento.
Non potevano mancare il Satiro danzante di Mazara del Vallo o la lastra dipinta della Tomba del tuffatore di Paestum e – in un saggio perfetto – i bronzi di Riace, ma anche l’avvincente cratere corinzio con il combattimento di Achille e Mèmnon oggi nel castello federiciano di Gioia del Colle (che, pur se ampiamente restaurato, merita la visita).
Ma non è solo archeologia.
La Colonnelli ci riempie gli occhi con i capolavori noti e meno noti: dal ritratto di Cefalù di Antonello da Messina al Trionfo della Morte del Museo Abatellis di Palermo, passando per la straordinaria caduta di Icaro di Bruegel ambientata nello Stretto di Messina per finire con i diciotto metri e mezzo di Lucania ‘61 di Carlo Levi a Matera. Insomma, un infinito tessuto dove tante immagini si mescolano e si intrecciano: un rincorrersi di storie in cui perdersi come nei labirinti del Principe di Donnafugata o di Franco Maria Ricci.
Esempio: come poté Guttuso realizzare la sua grandiosa opera che ritrae la Vucciria, il mercato più grande e affastellato di Palermo dallo studio di Velate a Milano? Per la stessa ragione per cui Nikolaj Gogol’ affermò: “Solo stando a Roma io posso scrivere della Russia. Solo da qui essa mi si erge dinanzi in tutta la sua vastità”, ci spiega la Colonnelli.
L’autrice ci porta a conoscere l’origine del presepio (e dove se non a Napoli con il sogno di Benino) oppure a Tricase ai piedi dell’immensa quercia vallonea, ovvero a Scicli ad ammirare il Cristo ai cui piedi è un uovo di struzzo o a Rossano Calabro per sgranare gli occhi davanti al Codice Purpureo.
Un’edizione sontuosa per una saggista multiforme, che sa narrare, ma anche essere testimone. Una giornalista capace di raccontare il mito. Un libro dalla copertina dorata con lo sguardo inebriato del Satiro danzante che ci restituisce tanto e tanto ancora.
Lorenzo Nigro – Ordinario di archeologia nell’Università La Sapienza, Direttore del Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo. Direttore di numerose missioni di scavo in vare aree del mondo.
LEGGI ANCHE:Betlemme, al di là del muro. Parla l’archeologo.