Competitività, il rilancio del Sistema Paese. Spunti da un dibattito sul libro Antonio Fazio e i fatti italiani

L’ex Governatore di Bankitalia ricorda i travagli che precedettero l’entrata nell’euro.

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“Sistema Paese” è stato il tema dominante di un incontro di studio alla Lumsa tra esponenti di culture ed esperienze diverse come Bonanni, Papi, Di Taranto e Bechis. L’occasione è stata la presentazione del libro di Ivo Tarolli su Antonio Fazio e i fatti italiani. Un libro che illumina vicende di un passato non troppo lontano e che sono ancora vive per gli effetti che hanno prodotto sul sistema economico.

“Era uno scontro di poteri”, come ha detto Franco Bechis, “e la storia dá ragione a chi aveva visto giusto”. Il prof Di Taranto si è soffermato sulla assenza di regole scientifiche per i due parametri europei del deficit al 3 per cento e del debito al 60 per cento sul Pil, così come sia cambiata la politica europea sugli eurobond perché molti protagonisti, come Angela Merkel, hanno lasciato la politica. L’Italia era un terreno di investimenti (e di conquista ndr) per le banche estere per la forte propensione al risparmio del nostro Paese.

Enzo Paci ha guardato agli scenari geopolitici internazionali soffermandosi sulla forza della Cina, con quote rilevanti del commercio mondiale e sulle lotte per i minerali rari e le terre rare che sono le materie prime della transizione, sulla debolezza degli Stati Uniti che si sono riempiti di finanza e svuotati di lavoro e la spinta alla ristrutturazione interna che è alla base dello scontro tra Repubblicani e Democratici con una presenza di una Unione Europea frazionata dai sovranismi.

L’euro è servito a paesi con grande disciplina ma richiede interventi sulla giustizia, sulla flessibilità, sulle professionalità, sulle infrastrutture, sulla università in connessione con il mondo produttivo e quello della istruzione tecnica con il mondo del lavoro. Ha portato la sua esperienza diretta di manager dell’industria privata e di aziende pubbliche delle Ppss che hanno saputo trovare successo con un nuovo modello di relazioni industriali nel rapporto tra lavoratori, manager e azionisti.

Raffaele Bonanni ha richiamato, insieme alla critica per misure assistenzialistiche come il reddito di cittadinanza, misura contro il buon senso, la necessità di premiare la produttività del lavoro come direzione di marcia per lo sviluppo in cui il lavoro sia protagonista insieme agli altri fattori produttivi.

A questo punto fa notare che ci sono 400-500 miliardi di pil tra area cassa depositi e prestiti, municipalizzate e parte considerevole a gestione diretta della PA che non fanno produttività.

Sullo sfondo le teorie economiche che guardano alla dottrina sociale della Chiesa, muovendo dalla tomistica fino a Keynes e ai diffusori del suo pensiero più autentico, un mondo lontano dalla ubriacatura del liberismo selvaggio e dalla globalizzazione del profitto. Il Panel ha posto le premesse alla entrata in scena di due assoluti protagonisti come Paola Savona e Antonio Fazio. Un passato di entrambi che illumina il presente.

Paola Savona sottolinea come dalla lettura dei grafici con indici che piegano in giù, c’è però la Bilancia dei Pagamenti negli ultimi sette anni sempre strutturalmente in attivo, una cosa in passato, con Fazio, che abbiamo sempre sognato e mai ottenuto. Se il tema è la competitività il giudizio non può essere negativo e tranchant. Se il resto del mondo è cresciuto, noi non siamo andati indietro. Fare attenzione perché le cose non vanno così male; non si fanno gli investimenti perché manca una sufficiente fiducia per impegnare la imprenditoria privata mentre ci sono enormi pressioni per impegnare la imprenditoria pubblica in un contesto in cui sono arrivati due problemi esogeni: l’inflazione e il debito pubblico. L’inflazione non può essere affrontata con gli strumenti classici con la stretta monetaria o fiscale ma con un giusto mix evitando il rischio di sbagliare la dose per non aggravare i problemi. Il recupero salariale dovrà avvenire in un modo o in un altro.

La storia ci insegna che l’inflazione ha eroso i risparmi e il potere di acquisto del patrimonio immobiliare a disposizione nell’equilibrio tra politica monetaria e attività fiscale devono entrare i salari. Come restituiamo la fiducia? Si possono mettere insieme le esigenze della imprenditoria capace di competere mantenendo surplus nella Bilancia dei pagamenti. Siamo uno dei tre paesi che ha avanzo nelle partite correnti. Significa che viviamo al di sotto delle nostre risorse. Il resto del mondo considera il contrario. Non è vero! Ci rappresentiamo all’estero molto male con gli strumenti di comunicazione e politici.

Larga parte del nostro risparmio defluisce all’estero e non riesce a saldarsi con la volontà di crescita. Il primo modello econometrico della Banca d’Italia e altri strumenti non funzionano più con la intelligenza artificiale avendo ignorato l’affermarsi di strumenti virtuali come i cryptocurrencies e molte altre forme. Strumenti che sono legati ai derivati, cioè il Nulla che garantisce l’Incerto, perché le formule per la valutazione di mercato dei derivati non esistono. Il nostro maestro Guido Carli ci insegnava che i ritardi delle decisioni costano di più di decisioni sbagliate prese immediatamente.

L’annuncio che le banche centrali interverranno per dare liquidità e non si tirano indietro di fronte alla situazione di crisi sistemica consentirebbe di risparmiare moltissimo di fronte a una crisi come quella affrontata nel 2008 quando si decise di portare avanti la decisione e si finì per far fallire Lehman Brothers e salvando il resto, investendo cifre gigantesche. Proprio quelle che Carli avrebbe detto erano eccessive rispetto a ciò che sarebbe costato l’intervento immediato per rispondere alla possibilità di rimborsare il risparmio che incautamente si è infilato in una situazione con il consenso delle autorità. Per l’inflazione bisogna approntare programmi di intervento.

Poi entra in scena Antonio Fazio il matematico, l’economista, quello che dopo gli studi al Mit di Boston con grandi maestri, su spinta di Guido Carli ha realizzato in Banca d’Italia il primo modello econometrico e lo fa con il rigore dei numeri, con una lettura profonda dei dati, per cogliere in ogni indicatore, gli andamenti e i movimenti dell’economia. Parte dal lontano 1974, dalla crisi valutaria del primo shock petrolifero con la quadruplicazione dei prezzi del petrolio, Carli e Ossola decisero di dominare la situazione del mercato dei cambi con la missione a Washington con Paolo Savona, Carlo Santini e Stefano Lo Faso, presso il FMI camuffata da una partecipazione ad una conferenza sull’energia. Vi fu un uno scontro lungo e durissimo tra le delegazioni, con la richiesta di svalutare fortemente la lira e di mettere a posto i conti pubblici. Con la regola che al dinner non si discuteva al primo piatto, ma solo dopo. Alla fine accettano, solo dopo molte simulazioni nonostante il jet lag, con il modello econometrico di BI, fu possibile arrivare alla approvazione del nostro Piano e alla lettera di intenti firmata Guido Carli.

Il salvataggio dell’Italia e della lira funzionó alla perfezione. Furono messi dei vincoli molto stretti e per le banche che non li avevano osservati, Carli fece un cicchetto a 3 – 4 banchieri. C’era un clima molto freddo e i membri della delegazione comprarono un colbacco. E qui Antonio Fazio non può fare a meno di ricordare, con orgoglio, qualche tempo dopo i tecnici del FMI gli proposero di andare a lavorare da loro ma rifiutó facendo sempre prevalere il sentimento di preferire servire le Istituzioni Italiane come la Banca d’Italia, insieme all’attaccamento profondo per i legami familiari.

Questo discorso si è ripetuto con il governo Andreotti, quando si doveva fare un intervento pari al 4 per cento del Pil. Anche allora la simulazione con il modello funzionò. Abbiamo alle spalle un certo numero di frenate dure che hanno funzionato, però bisogna anche costruire. Ho raccontato in altre occasioni la stretta dell’anno 2005 con lo spread a 900 punti. I titoli decennali tedeschi rendevano il 5,5 per cento i titoli italiani arrivarono a rendere in alcuni giorni il 14, 5 per cento. Chiamai i banchieri ed esortai a comprarli. Fecero un guadagno. In altre occasioni c’è stato qualche fenomeno che hanno fatto dei macelli politici.

Fazio non può neppure fare a meno di rilevare che per l’Italia avere perso la Banca centrale nazionale è un impoverimento delle capacità di intervento rispetto ai passato.

Poi ripercorre alcuni passaggi del 1995-1996 con l’azione fatta per fermare l’inflazione sul percorso di entrata in Europa monetaria, sulla credibilità di una banca centrale. Fu un punto rilevante. ” Ero preoccupato sui rischi di una stretta che avrebbe fermato l’economia. Con Ciocca parlammo delle attese dei mercati sulla riduzione dei prezzi per rilanciare l’economia e dell’influenza della teoria delle aspettative razionali rispetto all’andamento dei prezzi che erano intorno al 6 per cento anche se non c’erano le condizioni per partecipare. Vincemmo. Cominciammo a vedere che le previsioni diminuivano fin poco sopra il 5. La crescita degli investimenti e dei consumi non fu toccata. “

Ero considerato euroscettico

Poi Fazio ricorda le trattative sulla moneta comune.

Si resta in 11 paesi dopo le auto esclusioni di Regno Unito Danimarca e Svezia. Dissi : non posso firmare il rapporto e che se il rapporto diventerà pubblico e l’Italia non è in grado di partecipare domani salta la lira e salteranno appresso il franco qualche altra valuta, salterà il sistema.

Verso le 23, William Duisemberg disse mettetevi d’accordo. Uscì la dizione l’Italia farà gli sforzi per raggiungere i rapporti di convergenza europei. Vengo chiamato in Parlamento.

Dissi: “Non ci sarà un terremoto monetario, ma ci sarà un bradisismo!”

Poi Fazio con una lettura approfondita di numeri e di tabelle analizza la situazione della competitività dell’industria italiana prima e dopo l’entrata nell’Euro e offre quanto già affermato nel marzo 1997, una sintesi lungimirante, ma inascoltata, eravamo di fronte ad un bradisismo economico, l’abbassamento lento e progressivo del suolo come a Pozzuoli!

Non senza una amara ironia evidenzia come Il debito pubblico è passato da 106 a 136 per cento del Pil con i consigli della Commissione! Spesso le indicazioni al taglio dei disavanzi di traducono in tagli al Pil!

Ma Antonio Fazio non si ferma. Pubblicherà prossimamente un saggio di 40 pagine: “Le conseguenze economiche dell’Euro! “, ci saranno molti argomenti che oggi sono stati anticipati.

Poi si sofferma su ultimo dato, quasi come un saggio anmonimento. Il problema della scarsa crescita è un problema dell’Europa. Ricorda sul piano storico le vicende del Gold Standard e le conseguenze economiche di Winston Churchill quando furono delineate come perdita di competitività. Molti paesi rimasero per orgoglio con i cambi ancorati al 1913 fino al 1938. Questo è il fenomeno del trasformarsi della crisi congiunturale del 29 nella prolungata crisi degli anni 30 rimanere con il cambio del 1913.

Poi nel 1944 verranno gli accordi di Bretton Woods.

Un invito a guardare la storia per evitare errori dannosi e pericolosi!

 

Maurizio Eufemi – Già senatore nella XIV e XV legislatura

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