Ricordando Foucault.
Le megalopoli crescono di numero, dappertutto,
in tutti i Continenti (per la verità in Europa un po’ meno…).
Lo stesso concetto di metropoli è diventato obsoleto, se non nel modo
di dire certamente in quello di pensare, nell’immaginario collettivo, fatto
di immense periferie, che sono grandi metastasi, dove lo stesso concetto
di centro, cioè di luogo dove si elaborano i linguaggi, le strategie, le morali
i costumi, è diventato residuale, senza un sito specifico.
Ma una sorta di spargimento, di svanimento, in cui i nomi e le cose sono quelli impalpabili
citati dai media, quelli che nelle ventiquattrore (h.24) parlano, danno notizie
e informazioni caotiche, senza intelletto, senza corrispettivi, nelle reali stanze
dell’esistere, del manipolare, che spesso non sono altro che derive involutive,
automatiche, solo per caso piacevoli, ma spesso catastrofiche.
Fra qualche anno, la popolazione “urbana”, fra virgolette
(nel senso di quella popolazione che non pratica l’agricoltura) diventerà stragrande maggioranza, con sempre maggiori problemi di distruzione dell’ecosistema e del paesaggio terrestre, per contaminazione, per degrado irreversibile.
Tutto, probabilmente, diventerà un dedalo, un formicaio, irregolare,
con isole di paradisi fortificati e inaccessibili e viuzze maleodoranti,
attorniate di circonvallazioni veloci e straniate;
la vita delle immense periferie,
dove i numeri prenderanno il posto dei nomi, degli slums, delle baraccopoli,
sarà isolata dai quartieri bene, di benessere e di sfarzo, circondati da mura, da sbarre , da cancelli, con tutti i servizi e le comodità, che ne fanno (e ne faranno) i luoghi dell’umanità cerebrotonica,
sempre più distante da quella viscerotonica della sottocultura mediale, del cibo
spazzatura, della violenza (e quindi della repressione).
Il futuro delle megalopoli, cioè del quasi tutto, è quello di parametri di libertà
e di privacy per pochi.
E della sorveglianza e della punizione
per le stragrandi folle, dette masse.
Videocamere di controllo, droni, ricostruttori facciali identificativi,
sono il grande prossimo venturo.
Ma per alcuni in Africa, in Asia, in America Latina già attualità,
per cui non c’è molto da gioire.
Si può, si deve ( si potrebbe, si dovrebbe) ancora intervenire e fare in modo che
l’umanità non disumanizzi.
Ma mettersi d’accordo è molto difficile,
tra soft power e hard power che la vedono in maniera strutturalmente differente.
È necessaria una grande intelligenza del fenomeno e non una semplice
Constatazione, inerte.
Bisogna mettere insieme, il naturale e l’artificiale,
avendo presenti Darwin, Malthus, Illich,.Ma senza farne un dogma.
Francesco Gallo Mazzeo – Docente emerito ABA di Roma. Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano