Ci sono uomini noti e meno noti, colti e meno colti che pubblicamente dichiarano di non credere, spesso lo scrivono, altri tengono per sé il proprio pensiero. Ad ognuno il suo, come anche, in modo analogo fa chi crede.
Di recente un noto e brillante giornalista su un quotidiano nazionale si è cimentato con una riflessione su Il dio di Trump a proposito dello scampato pericolo da una pallottola, o meglio, da chi lo aveva messo nel mirino. È noto che il povero pompiere che era alle sue spalle, invece, ne sia rimasto vittima. L’aver coinvolto l’Altissimo per lo scampato pericolo del candidato presidenziale degli USA appartiene alla visione delle cose di Trump, ma indigna lo stesso i suoi critici.
Anche Giovanni Paolo II ebbe l’intima percezione che Maria (era il giorno della memoria delle apparizioni di Fatima, il 13 maggio 1981) lo aveva salvato da un altro proiettile, e molti ne ebbero la stessa percezione. Quel proiettile oggi è incastonato nella corona che orna la statua di Maria a Fatima.
Anche Gesù si vide posto il problema del perché, in simili situazioni di scampato pericolo per gli uni e di drammatiche conseguenze per altri, uno venga salvato e l’altro no. Il vangelo di Luca (13, 1-5) ne parla a proposito di quei galilei il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Si trattava di un fatto di attualità di cui la gente parlava. A Gerusalemme, infatti, Pilato era intervenuto pesantemente nel reprimere una rivolta nel momento in cui si offrivano nel Tempio i sacrifici.
Gesù a sua volta ricorda un altro ben noto evento: su alcuni malcapitati era crollata la torre di Siloe e diciotto rimasero uccisi. Volendo ascoltare anche noi l’opinione di Cristo, vediamo che la risposta non affronta in senso razionale l’interrogativo; la risposta è un invito a ripensare quegli ed altri analoghi eventi non tanto in chiave fatalistica o moraleggiante, ma esistenziale; cioè a pensare che nella vita non tutto ha sempre una logica apparentemente lineare e che le risposte immediate o comunemente date sono spesso pericolose o vuote. C’è sempre un angolo misterioso che sfugge alla nostra comprensione; c’è un mistero altro che rientra in un’ottica di pensosa valutazione.
Insomma il dilemma che ci si pone è forte e, per la crisi del rispondere convincentemente, non di rado si resta silenziosi, se non superficialmente saccenti. Nessuno può sapere perché, nel caso di Trump, egli sia vistosamente scampato alla morte ed un altro ne sia rimasto vittima. È sempre rischioso dare risposte, identificare il bene e il male e collegare gli eventi positivi o negativi alla bontà o meno delle persone. Gesù è chiaro in merito. Le vicende della nostra vita hanno tutte un’origine prossima o remota, una causa vicina o lontana, nota o ignota, ma la loro comprensione rimane oggettivamente imperscrutabile.
Nel vangelo di Luca, Gesù non dà a chi lo interroga una risposta immediatamente persuasiva, ma lascia il mistero, ossia un angolo esistenzialmente non valutato che annoda direttamente a Dio, per chi crede. A me pare assai interessante che non ci siano risposte pretenziose. La coscienza, in verità, +non si acquieta mai e Agostino d’Ippona ne parlò mirabilmente in relazione alla sua vita; il fascino di quel pensatore proviene dal fatto che nessuno è privo di simili esperienze esistenziali, così costanti e innumerevoli, anche se quelle che più impressionano sono quelle da cui emerge una situazione profondamente problematica: Perché io? Perché proprio a me? Dolore, sofferenza, drammi, malattia, morte e vita, ogni parte del nostro vivere ci interroga, ma anche ci educa a quella riflessione data da Gesù ai suoi interroganti: Se non cambiate modo di pensare, non c’è risposta.
Mi piace pensare che ognuno di noi, nelle vicende della vita può trovare una sua intima persuasione: C’è chi si affida al destino (cioè?), c’è chi pensa alla fortuna o sfortuna (ossia?), c’è chi si costruisce sue visioni ideali o ideologiche.
Mi viene spesso a mente una mia esperienza, in questo caso non drammatica. Nel maggio del 1993 ero a Pechino per seguire una riunione internazionale per conto della Santa Sede. Quel pomeriggio di giovedì 27, con la luce ancora piena, mi feci trasportare da un taxi all’antica cattedrale, Beitang, nel quartiere settentrionale della vecchia capitale imperiale, dove ancora la vita scorreva semplice e vivace; credo che fosse la prima volta che un Rappresentante della Santa Sede vi si recasse dopo l’espulsione dell’Internunzio Riberi (1951) e dopo che quel luogo, con le prime riforme di Deng Xiaoping, veniva restituito al culto, giacché, per lungo tempo, era stato adibito a deposito di carbon fossile e ancora ne conservava l’odore inconfondibile.
Nel momento in cui, inatteso, entravo nel giardino, pieno di rose primaverili, accanto alla facciata della semi-gotica cattedrale, cinque giovani ragazze, in preghiera davanti alla riproduzione della grotta di Lourdes, intonavano in latino Salve Regina. Tra il mio stupore per la singolarità di quell’inaspettato canto, e in latino, pensai: “Oggi, qui, dopo quarant’anni dall’espulsione del Rappresentante del Papa, Maria, la Madre di Gesù, mi attendeva! Lei non se n’era mai andata”.
Semplice coincidenza? O misterioso momento in una logica che trascende la contemporaneità dei fatti e ne faceva per me (solo?) un incontro, al tempo stesso, emozionante e ricco di significato? E ciò poi mentre la Chiesa in Cina emergeva dalle catacombe e il maoismo aveva creato innumerevoli martiri e confessori della fede che avevano testimoniato il loro amore a Cristo e la propria fedeltà alla Chiesa e a Pietro?
Ovviamente non pretendo che tutti abbiano la mia stessa sensazione; per me ebbe il senso come di una profezia, di un già e non ancora, che spesso riveste esperienze significative e profonde del nostro essere e che nel tempo si colgono meglio.
Fernando Cardinale Filoni – Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Prefetto emerito della Congregazione per la evangelizzazione dei popoli