Fra il 2021 e 2022 si sta celebrando il Centenario dell’assassinio di Giuseppe Di Vagno, il parlamentare socialista poco più che trentenne nato nel 1889 a Conversano, colpito a morte a Mola di Bari la sera del 25 settembre dove spirò il mattino successivo: fra le braccia dell’anziana madre e della giovanissima sposa e avendo al suo fianco i suoi compagni più fidati, fra i quali Giuseppe Di Vittorio.
Primo atto della strategia della violenza della componente più rozza del nascente fascismo: primo, ma non ultimo.
La Fondazione Di Vagno, attraverso il Comitato Nazionale per il Centenario, istituito dal Ministero della Cultura nel maggio scorso con l’adesione del mondo democratico e antifascista di tutt’Italia, sta rievocando assieme a quel tragico evento il contesto storico e politico nel quale nacque e ascese al potere il fascismo.
Più che esercizio di retorica il Centenario costituisce l’occasione per la rivisitazione di un evento della storia nazionale a torto marginalizzato: consapevoli del forte legame fra Storia e Memoria ma anche dell’antico conflitto tra la Storia, conoscenza accertata del passato, e la Memoria, patrimonio di fatti e idee, ricordi e immagini in continua rielaborazione.
Giuseppe Di Vagno, una meteora nella storia dell’antifascismo italiano, può aiutare i contemporanei a ritrovare la passione civile come nutrimento essenziale di ogni libertà: e in particolare in queste tragiche ore che l’Europa, forse il mondo intero, si accingono a vivere.
A cent’anni dall’assassinio, attraverso un confronto senza preclusioni ma al riparo da qualsiasi tentazione giustificazionista, men che mai negazionista, appare infatti necessario aggiornare gli studi sulle origini del fascismo, sul blocco storico 1919-1922, sull’uso spregiudicato della violenza come strumento per la conquista potere.
Una maratona tra lezioni, seminari, convegni, mostre e nuovi libri stanno impegnando questo tempo innanzitutto intorno alla biografia umana e politica di Giuseppe Di Vagno, a partire dalla sua vocazione pacifista e contro la guerra che lo hanno accompagnato tra il 1914 e fino alla fine del conflitto, e che Gli costarono due condanne al confino.
Eventi culturali tra Bari, Roma, Milano, Fratta Polesine, Conversano, Mola e altre città della Puglia, in collaborazione con le Istituzioni e le Fondazioni che rimandano alla medesima tradizione dell’antifascismo: per rendere sempre meno occasionale la collaborazione fra coloro che fra mille difficoltà cercano di tener viva la Memoria del Socialismo italiano, dell’antifascismo e della Resistenza, parti essenziali della storia d’Italia, affinché quella visione del mondo resti nel presente e si proietti nel futuro.
Il programma per il Centenario rivolge particolare attenzione alla gioventù che studia: alle Scuole Secondarie con le quali è nata una Rete di scopo che si cimenterà in un Certamen prima interno e poi fra Istituti; e ai giovani che frequentano l’Università con Seminari loro riservati, nel corso dei quali il fascismo sarà riesaminato in ogni sua sfaccettatura, anche quelle inedite che riguardano in particolare la vicenda Di Vagno; all’Accademia di Belle Arti e all’Università di Bari con un ciclo di Seminari.
Perché nell’attualità è necessario sostenere, primi fra tutti, i giovani, garantire il racconto tramandato dalle precedenti generazioni attraverso un percorso incentrato sul libero confronto delle idee, l’unico che riesce a saldare passato e futuro, rendere attuale la lezione democratica che tramanda quella giovane esistenza barbaramente stroncata.
Alla memoria di Giuseppe Di Vagno, a Conversano e nel giorno anniversario ha reso omaggio il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: una testimonianza di cui il Paese non avrebbe potuto fare a meno quando l’intolleranza, comunque travestita o camuffata, continua a riemergere ogni qual volta l’interesse nazionale, e quello superiore della collettività, dovrebbe consigliare ad operare nel senso contrario.
Il Presidente della Repubblica ha pronunciato poche ma molto significative parole: “Ho voluto esserci per testimoniare che lo Stato c’è!”, con ciò usando il linguaggio della verità; e come pellegrino della pace sociale e della democrazia, ha rimarginato la grave ferita, la frattura sociale che quell’assassinio provocò fra le masse bracciantili nel popolo della Puglia e dell’Italia intera che in questo intero secolo quelle popolazioni non hanno dimenticato, cercando non vendetta, ma verità e giustizia: quella giustizia che non hanno assicurato le aule dei tribunali ma che è stata garantita dalle forze culturali e dalla gente più comune.
Nell’epoca difficile e straordinaria che prima la pandemia da covid e da poche ore l’aggressione sovietica all’Ucraina, che mette a rischio la pace in Europa e nel mondo. stanno facendo vivere all’umanità, fra i tanti, Di Vagno consegna un insegnamento prezioso e attuale per le giovani generazioni.
Giuseppe Di Vagno, grazie alla sua famiglia, fu antesignano del processo di ascesa sociale, verso il quale siamo tutt’ora in forte debito e che già oltre un secolo addietro fu agevolato da La Sapienza, l’Università romana nella quale si laureò nel 1912; e che si concretizzò nella preparazione ad una professione intellettuale di chi figlio di Avvocato non era e nella formazione della coscienza critica e politica per la quale il giovane Di Vagno, figlio di agricoltori, aveva dimostrato forte predisposizione già nel liceo-seminario di Conversano.
Un messaggio attuale nella crisi educazionale contemporanea, con il fortissimo credito formativo accumulato dai nostri giovani e di vero e proprio imbarbarimento di alcune frange pur minoritarie, per il cui superamento necessita un impegno di pari eccezionalità e l’aiuto di istituzioni nazionali ed europee: non ignorando tuttavia che molto, anzi moltissimo, dipende dagli stessi adolescenti e dalle loro famiglie.
Se è vero che oltre un secolo addietro i genitori del giovane Di Vagno ebbero fiducia, scommisero che con i loro sacrifici avrebbero saputo mettere a profitto le potenzialità del loro promettente figliolo, oggi è dovere primario innanzitutto dello Stato aiutare, convincere i genitori ad avere fiducia, a scommette sul futuro facendo in modo che la platea di laureati, di cui tutt’ora siamo in forte arretrato, possa crescere a misura dei bisogni della società che crescono e si sviluppano di giorno in giorno, restando nel loro Paese.
A quel lascito della Storia occorre tornare assieme all’antifascismo, e non solo in presenza del fascismo, ma sempre; perché nell’antifascismo sono condensati i migliori ideali della politica, dalla solidarietà alla giustizia sociale, dall’uguaglianza alla pace, all’affermazione dei diritti individuali e sociali: e al di sopra di tutto la libertà, alla quale il giovane Di Vagno dedicò, sacrificandola, la sua vita e in nome della quale, un secolo dopo, onorarne la Memoria è solo un dovere culturale ma soprattutto politico.
Gianvito Mastroleo – Presidente della Fondazione Giuseppe Di Vagno