Prima parte dell’intervista, la diciassettesima della serie, in cui l’ex segretario della Uil racconta, tra l’altro, episodi e aneddoti legati all’accordo di San Valentino sulla scala mobile, al referendum voluto da Pci e Cgil, ai rapporti tra Lama e Berlinguer, all’attività di Craxi in favore di esuli e perseguitati politici. Qualche giudizio sull’attualità politica. E un monito alla sinistra.
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Giorgio Benvenuto, noi abbiamo fatto una serie di interviste ad esponenti di culture diverse sul governo Craxi, di cui lo scorso anno ricorreva il 40°. Parleremo anche di tante altre cose, tra cui il decreto di San Valentino del 1984 con il taglio di alcuni punti di scala mobile. Per cominciare: Secondo Lei, che cosa resta di quell’esperienza di governo che è durato 4 anni?
A mano a mano che il tempo passa, i giudizi sono più sereni. La storia finisce per far riflettere le persone. Penso che quelli siano stati anni di grandissima opportunità per il nostro Paese e per l’Europa, ma purtroppo è stata un’occasione persa. Negli anni Ottanta l’Italia contava molto sul piano internazionale. Avevamo sconfitto Il terrorismo, l’Italia era diventata il quinto Paese maggiormente industrializzato. Erano state realizzate molte riforme. Il nostro Paese aveva un grosso peso in Europa e nel mondo.
Può ricordare, anche a beneficio dei lettori, il contesto di quel tempo?
Alla fine degli anni Settanta l’Italia attraversava una fase estremamente difficile sul piano economico e sul piano politico. Mi soffermo su questi fatti per inquadrare la situazione. Ad un certo punto il PCI si rese conto che ad appoggiare i governi Andreotti senza contropartite avrebbe perso posizioni e sostegno politico, per cui iniziarono a valutare altre scelte.
Si, il PCI passò all’opposizione nel gennaio 1979, quando il 26, ad una riunione dei segretari dei partiti di maggioranza, Berlinguer annunciò che il suo partito ritirava l’appoggio all’esecutivo. Pochi giorni dopo uscì un articolo sul Messaggero, intitolato: Il PCI passerà all’opposizione se non sarà accettata la presenza di ministri comunisti. Secondo me l’intenzione c’era già prima, lo sciopero dei metalmeccanici dell’inverno 1977 segna uno spartiacque, e Berlinguer ad un certo punto si rese conto che il suo partito non l’avrebbe seguito su determinate strade. Inoltre è da supporre che in quel momento così delicato lui come segretario non volesse aprire un dibattito interno. Per quanto invece riguarda le elezioni politiche del giugno 1979 Lei ricorda quella famosa vignetta, quella con un accigliato Berlinguer post elettorale il quale diceva: “Siamo il partito con il maggior numero di elettori che ha cambiato idea”. E insomma fu la fine del compromesso storico.
Tenga conto che Lama, intervistato da Giampaolo Pansa, racconta che apprese dai giornali la scelta di Berlinguer di rinunciare al compromesso storico per passare all’opposizione. Nel 1979 alle elezioni politiche il PCI andò indietro (perse quasi quattro punti, NdR). Fu un grande insuccesso che segnò il fallimento del compromesso storico tra DC e PCI. Nel 1979 i presidente della Repubblica Sandro Pertini introdusse un grande elemento di novità quando, considerato che il governo non potesse e non dovesse essere sempre a guida un democristiana, diede l’incarico di formare il nuovo governo a Craxi. É una cosa che, oggi, in molti dimenticano.
La Democrazia Cristiana con Zaccagnini (fu segretario nazionale della DC dal 1975 al 1980, ndr): Aldo Moro in mano ai brigatisti lo definì “il più fragile segretario che mai abbia avuto la DC”) e De Mita (Ciriaco de Mita, futuro segretario della DC dal 1982 al 1989 e presidente del Consiglio nel 1988 – 1989) ed il partito comunista guidato da Berlinguer si ritrovarono d’accordo per rifiutare l’indicazione di Craxi che dovette rinunciare all’incarico. I comunisti in particolare avevano assunto una posizione di rottura.
E poi?
Poi ci furono alcuni governi di breve durata chiamati “balneari”. Poi Pertini tentò ancora con Ugo La Malfa e anche lì ci fu una opposizione da parte dei due maggiori partiti, la DC ed il PCI.
Quindi nel 1980 ci fu il cambiamento della DC con il cosiddetto preambolo (consistente nel rifiuto di governi che comprendessero il PCI e nell’avvio di un processo di apertura al mondo cattolico che portò all’Assemblea nazionale degli “esterni”, con l’impegno diretto in politica di molti intellettuali dell’area cattolica).
Alla fine nel 1981 venne designato Giovanni Spadolini, la Uil lo appoggiò con molta forza perché rappresentava un cambiamento nella storia del Paese. Ferruccio Parri fu designato Presidente del Consiglio nel 1945, Spadolini, dopo trentasei anni, assumeva come laico la guida del governo.
Intanto si prendevano decisioni importanti a livello internazionale
Furono prese naturalmente non solo dall’Italia ma anche in Germania e in Francia. Mi riferisco alla installazione degli euromissili in Europa: si crearono le condizioni di una fase transitoria con il governo Fanfani (il sesto della serie, anno 1983) che durò tre mesi. Alla fine arrivò Craxi.
Cosa fece il sindacato in quel periodo difficile per combattere l’inflazione e la crisi economica?
La Federazione Unitaria CGIL, CISL e UIL aveva trovato con il Governo Cossiga nel 1980 l’accordo sul Fondo di Solidarietà per il Mezzogiorno. Successivamente facemmo l’accordo con Enzo Scotti che quale ministro del Lavoro (governo Fanfani, dicembre 82 – agosto 83) condusse una complessa trattativa durata un anno e mezzo. Alla fine questo accordo, articolato in 14 punti, venne firmato nella notte del 22 gennaio 1983 fra governo, CGI-CISL-UIL e Confindustria. Il Lodo Scotti pose fine, con la mediazione del governo, allo scontro tra sindacati e industriali; le parti si fecero concessioni reciproche, ed il i sindacati s’impegnarono a sospendere la contrattazione integrativa mentre la Confindustria sbloccò il rinnovo dei contratti le cui trattative erano state sospese. Fu faticoso.
Il Pci come valutò questo accordo?
Il PCI non vedeva di buon occhio che ci fosse un rapporto costruttivo con un governo che non tenesse al suo interno anche i comunisti. Berlinguer chiese un incontro alla federazione CGIL, CISL e UIL. Venne nella sede unitaria e si rivolse a Lama, che cercava di spiegare le ragioni di questa intesa. Berlinguer gli disse: “Luciano, non comportarti come di solito in modo superficiale. Tu devi capire che se il PCI è all’opposizione non ci può essere pace sociale, non ci possono essere intese di carattere politico che escludano i comunisti”. Berlinguer riesumava la teoria per cui la CGIL doveva fungere da cinghia di trasmissione.
Facciamo un salto in avanti e parliamo della lotta all’inflazione e del taglio della scala mobile ai tempi del governo Craxi. Secondo Lei, non era possibile un accordo unitario? e come la pensava Lama?
L’inflazione era alle stelle. La lotta all’inflazione era necessaria; era ragionevole anche il taglio della scala mobile. La federazione CGIL, CISL e UIL fece l’impossibile per siglare l’accordo unitario con il nuovo governo Craxi. Lama era convinto della necessità dell’accordo unitario tra sindacati e governo, ma Il PCI fu irremovibile.
Quali erano i rapporti di Craxi con Lama?
Craxi aveva uno splendido rapporto con Lama, Le racconto due episodi.
Il primo: quando sull’Avanti si facevano le interviste ai segretari generali dei sindacati Craxi voleva farla lui direttamente a Lama, e questo fino a quando non divenne presidente del Consiglio.
Il secondo episodio: Vede alla parete questo ritratto di Lama? l’ha fatto fare Craxi al pittore Nani Tedeschi.
E il secondo episodio?
Craxi un giorno disse a me e ai socialisti della CGIL: “Quali sono stati i grandi sindacalisti socialisti da ricordare quando festeggeremo i 100 anni dalla costituzione del partito socialista?”
(il centenario del Psi sarebbe caduto nel 1992, NdR). La Uil e la Cgil fornirono l’elenco.
Mi telefonano ad un certo punto dalla Cgil e mi dicono che Craxi si è inquietato, ma perché? Perché avevamo fatto un’omissione. Poi mi chiama Craxi e io gli chiedo:”Qual è il problema?” E lui mi risponde: “Avete dimenticato Lama! Lama è un socialista! Lama è un riformista!” (Luciano Lama, giovane partigiano di provenienza socialista, nel 1944 diventa segretario della Camera del Lavoro di Forlì su proposta del CLN. Resterà nel PSI fino al 1946, passando successivamente al PCI, NdR).
Craxi aveva un ottimo rapporto con lui. Quando poi nel 1992 la mostra sui 100 anni del Partito Socialista non si fece più io ho conservato questo ritratto nella sede della Fondazione Bruno Buozzi.
Faceste dunque ogni sforzo per fare l’accordo con la Cgil
Facemmo “carte false” per cercare l’accordo. Craxi era titubante ma l’accordo venne impostato molto bene da Gianni De Michelis, ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, e da Brunetta.
Ma cosa c’era esattamente in questo accordo?
Nel testo non c’era solo il taglio della scala mobile ma c’erano contropartite sulle tariffe, sui prezzi amministrati e controllati e sulle politiche fiscali; bloccammo l’equo canone ed ottenemmo l’eliminazione del Fiscal Drag, cosa dovuta perché all’epoca l’inflazione era a due cifre. Senza correttivi avrebbero applicato aliquote altissime ad un reddito aumentato solo dall’inflazione: le lavoratrici e i lavoratori erano rovinati! Ed è quello che oggi, nel 2023-24, dovrebbe fare il governo Meloni! In Fondazione ho il testo dell’accordo, è un libretto che venne fatto con l’elenco preciso delle contropartite. Renato Brunetta diceva, con bonaria ironia, che quello era il “libretto rosso” del nostro accordo.
Su queste basi noi tentammo di andare verso l’accordo unitario ma non ci fu niente da fare. Andai una volta ad un incontro con Berlinguer insieme a Carniti di cui sono sempre stato molto amico, Carniti cercava di fare un discorso nel merito e l’altro faceva un discorso di principio ideologico. Berlinguer diceva:”Non ci può essere accordo se non c’è il sì del Pci, voi alterate la Costituzione! noi comunisti siamo sempre stati sentiti e non possiamo accettare che vengano prese decisioni che riguardano il mondo del lavoro senza la partecipazione del PCI. Non basta la CGIL”.
E quindi che cosa avvenne?
Carniti continuò a cercare un contatto, e io ad un certo punto gli ho detto: “Ma che vai a fare a parlare con Berlinguer, lui ti continua a dire che lì c’è un principio politico, perdi tempo. Io sono un sindacalista e voglio ragionare nel merito della questione”.
E questo perché senza il Pci non si governa, come dicevano all’epoca
Sì è proprio così. Craxi non voleva fare un atto di forza, lui voleva fare un accordo come avevano già fatto Spadolini e Scotti. Bisognava ridurre l’inflazione, i sindacati avevano già avuto un avviso con la marcia dei 40.000 quadri a Torino alla FIAT. Il rapporto tra il salario più basso e lo stipendio più alto era di 100 a 135, era un appiattimento autolesionista dei livelli retributivi.
Craxi fece molti incontri con Lama ma non riuscì a trovare una soluzione. Come ti dicevo, Craxi era preoccupato e non voleva ricorrere ad un atto di forza, anche Rino Formica aveva dei dubbi, come del resto Gennaro Acquaviva. Molti dirigenti socialisti temevano il finimondo, sostenevano che i comunisti avrebbero distrutto la Cisl e la Uil.
Ma esattamente in che cosa consistevano questi timori?
Mi ricordo, senza fare nomi, i che molti mi dicevano nel Psi: ma che fine farà la Uil? La stritoleranno. E la Cisl? Stritolano anche quella. Craxi mi chiama e mi chiede come vanno le cose. Gli dico che i primi sondaggi erano terribili, solo il 10% degli elettori votava a favore, il 50% era contro e il 40% si asteneva. Craxi era molto preoccupato. Gli dicevano molti compagni: è la prima volta che un socialista va al governo e noi ci andiamo a imbarcare in una vicenda di questo genere!?
Insomma Craxi era preoccupato e incerto ma al tempo stesso deciso ad andare avanti
Un giorno Craxi mi disse: “A me non mi fregano questi comunisti. Gli restituisco 30, 40 punti di scala mobile”. Quando Craxi aveva questi stati d’animo era inutile continuare a parlargli.
Vado invece da Carniti che pochi giorni prima era stato colpito da un infarto ed era ricoverato al Policlinico “Umberto I” di Roma. Riuscii a parlargli per raccontargli la reazione di Craxi. Pierre gli scrisse una lettera. Non ne so il contenuto, non me ne ha mai parlato nemmeno Craxi. So però che Craxi da allora non ebbe più momenti di debolezza.
Craxi andò a trovare Carniti: fu sempre fermo sulle sue posizioni nei rapporti con lui e con Lama, anche nei rapporti con me ma questi erano scontati. Era pronto a discutere ma non a rimangiarsi la posizione perché alla fine bisognava decidere.
Ha qualche altro ricordo a tal proposito?
Ne avrei tanti, ma aggiungo questo. Lama fece un’altra cosa straordinaria quando ci fu la manifestazione di protesta a Roma molto prima del referendum. Non fece lo sciopero generale e la manifestazione venne organizzata di sabato. Io telefono il giorno prima a Luciano e gli dico: “Luciano, cosa avete intenzione di fare domani? Ti preannuncio che a scanso di equivoci la sede della UIL è presidiata, ho chiamato molti operai per proteggerla e se qualche testa calda viene per assaltare la nostra sede… trova pane per i suoi denti”. E sa cosa mi risponde Luciano? “Ma Giorgio cosa dici?! Io parlerò per cercare di riaprire le questioni. Farò un discorso moderato. Tu sai come la penso. Ti mando il discorso che domani farò. Se vuoi, fallo avere anche a Carniti”.
Mi inviò subito il testo, immagina. Fu effettivamente ragionevole e moderato.
(il referendum si tenne il 9/10 giugno del 1985).
Per il referendum, mentre la Uil e la CISL dichiararono che avrebbero invitato i propri iscritti a votare NO all’abrogazione del decreto, Lama disse che la CGIL lasciava la libertà di voto.
Ma in televisione apparivano assieme Luciano Lama, che diceva di votare per abrogare il decreto, e Ottaviano Del Turco (segretario generale aggiunto della CGIL, socialista) che diceva di votare per mantenerlo (a favore).
(FINE PRIMA PARTE, la seconda sarà pubblicata lunedì, NdR)
Gianluca Ruotolo – Avvocato, pubblicista