Elezioni europee, paradosso: la maggioranza Ursula tiene ma “l’onda nera sale”

Queste elezioni certificano un paradosso: l’attuale “maggioranza Ursula” tiene, 184 seggi per il Ppe in leggera crescita, 139 per S&D in lieve calo, 80 per i macroniani di Renew che perdono una ventina di scranni. La coalizione intorno a Von der Leyen – che è e si sente favorita per la presidenza della Commissione – supera (sulla carta) la maggioranza di 361 sfiorando 400 consensi all’Europarlamento. 

Un bottino che la candidata vuole arrotondare per disinnescare assenti e franchi tiratori, ma che resta ragguardevole. Negli Stati membri, invece, la cosiddetta “onda nera” sale: fatto salvo il frangiflutti dei Popolari l’estrema destra avanza, l’asse franco-tedesco di Macron e Scholz finisce travolto, i Socialisti (escluse Italia e Spagna) non sono competitivi come alternativa. E non soltanto l’attenzione dei media si concentra sui terremoti nazionali anziché sulla stabilità a Strasburgo. Il presidente francese – con un azzardo da pokerista giudicato audace oppure irresponsabile – scioglie l’Assemblea Nazionale e indice nuove elezioni il 30 giugno scommettendo sul “fronte repubblicano” ma mettendo in conto anche una coabitazione con il Rassemblement National dal futuro completamente imprevedibile. 

Se Jordan Bardella andasse a Palazzo Matignon, nessuno è in grado di vaticinare gli effetti sulle presidenziali 2027: Marine Le Pen potrebbe arrivarvi logorata da tre anni di governo di guerra e crisi economica, oppure il presidente più europeista che la Francia ha mai avuto finirebbe per consegnare agli “eredi di Vichy” le chiavi della Quinta Repubblica. 

 

 

Si vedrà. E un ruolo in quella storia potrebbe averlo Giorgia Meloni. Il 28,8% di FdI è tutto suo, come i 2,3 milioni di preferenze personali. Gli alleati Lega e Forza Italia sono lontani, ben più che doppiati. 

È l’unico premier di un grande Paese, insieme al polacco Donald Tusk, ad avere vinto queste elezioni, e la crisi improvvisa di Scholz e Macron, principali sostenitori di Zelensky, la proietta nel ruolo di caposaldo dell’alleanza euro-atlantica e del fronte anti-russo nel Vecchio Continente. Come si giocherà questa rendita di posizione? È probabile che, nel chiuso del consiglio dei leader, Meloni darà indicazione a favore dell’amica Ursula, con cui nei mesi scorsi ha costruito un soldo legame fatto di viaggi a Tunisi e sopralluoghi nelle zone alluvionate, e che nemmeno l’ultima fase da “anatra zoppa” della Spitzenkandidatin Popolare aveva interrotto. Ma al momento della conferma nell’Europarlamento, le cose potrebbero cambiare.

Von der Leyen ha avvisato: abbiamo vinto al centro, servono stabilità e responsabilità, fermeremo gli estremismi. Sebbene l’esortazione a ripartire dalla coalizione pro-Kiev sia sembrata una chiara apertura a “detta Giorgia”. Meloni tuttavia non può scoprirsi tropo a destra, dove ha due problemi. Il primo si chiama Matteo Salvini, il miglior incassatore della politica italiana, che nel suo gramo 9% indica come stella polare il mezzo milione di preferenze ghermite dal “contestato” generale Vannacci e dal suo credo di ultradestra. 

Ma è soprattutto il secondo, in prospettiva, il problema maggiore: il 32,5% del movimento di Marine Le Pen, che fra tre settimane potrebbe co-governare l’Esagono e che punta al gruppo unico da una posizione di forza. Difficile, anzi impossibile, per Meloni far digerire a entrambi un semaforo verde a Von der Leyen. L’Economist di fine maggio aveva messo in copertina proprio Ursula e le due “regine nere”: tre risposte diverse al populismo, tre donne chiave per modellare l’Europa del prossimo futuro. Non è detto però che una non elida l’altra. 

 

Federica Fantozzi – Giornalista

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