Ucraina, la guerra si complica. O va verso una soluzione imprevista?

Xi jinping scende finalmente in campo e chiama Zelenski. Nel giorno in cui viene preannunciata la controffensiva ucraina i bookmakers scommettono sulla fine della guerra e danno il via alla ricostruzione. Ignoto il “piano di pace” dei grandi della Terra. Lo scenario della forza di interposizione Onu. Intanto, su tutto, aleggia il rebus dei droni sul Cremlino

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Per ultimo – ma che ultimo! – sul teatro di guerra ucraina si è affacciato Xi Jinping. Dopo aver “riflettuto”, ha telefonato a Zelenski; il presidente ucraino, lungamente, aveva “fatto la corte” al dragone cinese, capendo che solo il suo coinvolgimento può portare Putin a più miti consigli. Una mossa disperata, forse la sola possibile, che potrebbe fermare il conflitto.

E comunque – si considera – la Cina “qualcosa” ha già fatto, avendo presentato il suo “piano di pace” (si dirà: “una semplice bozza, resta tutto da vedere”). In ogni caso, precedendo nell’iniziativa la stessa Onu, indecisa sul ruolo che le spetta, e l’Europa che ha fatto blocco su posizioni americane. Di questo passo, per conseguenza, tutto continua ad essere affidato alle armi, che diranno chi sarà il vincitore e chi lo sconfitto.

 

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Xi Jinping

 

Ma succede anche qualcos’altro sui cui vale la pena riflettere. Germania, Francia, Spagna e, in ritardo, l’Italia, che non pensano a come fermare la guerra, a come adoperarsi perché, quantomeno, ottengano un “cessate il fuoco” (ammesso che abbiano mai avuto in testa la cosa), e con i combattimenti che infuriano, già si accapigliano sulle spoglie dell’Ucraina, candidandosi a concorrere alla sua ricostruzione.  Vale a dire che, in virtù della loro capacità industriale, del loro know how, metteranno mano ai lavori e rimettere in piedi città, borghi e villaggi distrutti dai bombardamenti russi.  Tanto – sembrano dire – “un giorno la guerra finirà!”

Mille, duemila miliardi di euro per i danni provocati dalla guerra; questa la prudente previsione (ma già si parla di dieci volte tanto). Incontri bilaterali con l’Ucraina avvenuti per tempo e via ai progetti. Con le varie imprese di costruzione e logistica che magnificano le loro professionalità; poco importa che ciò avvenga sulla mattanza di centinaia di migliaia di morti tra militari e civili. Scommettono, come freddi bookmakers, sulla fine della guerra e quando gli si chiede se non sia “troppo presto” per pensarci, rispondono che debbono trovarsi pronti e preparati a intervenire. Insomma, quello che cresce è soltanto il cinismo per una guerra che non sembra più interessare l’opinione pubblica, se non per le conseguenze che per gli “occidentali” possa avere il costo del petrolio e dell’energia elettrica.

Di tutti gli attori, poi, a vario titolo coinvolti nel conflitto, ciascuno mantiene il suo disegno imperiale: a cominciare dalla Russia di Putin che ha scatenato una guerra devastante; così come gli Stati Uniti d’America, altro deus ex machina di tutta la vicenda e, si può dire, preminente fornitore di armi all’Ucraina.

 

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Biden

 

Oggi, avviene per la defilata Cina, che comincia ad agitarsi per i riflessi negativi della guerra sulla sua potente rete economica, la stessa India vuole dire la sua.  In tutto ciò, e per un gioco di sottrazione, l’Ucraina sembra quasi un “accidente della storia”. a cui un po’ tutti promettono che riavrà i territori conquistati dall’”operazione speciale” russa.

 

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Putin

 

Insomma, per meglio specificare e per quanto viene ripetutamente detto, alla fine di questo enorme conflitto, l’Ucraina “riavrebbe” l’integrità territoriale. Però mentono, sapendo che non sarà così. Donbass e Crimea restano nelle grinfie russe e a meno di un cataclisma militare e politico (putsch interno, sconfitta sul campo) quei territori non saranno più ucraini, quantomeno non solo ucraini.

A questo punto, che fare? Nessuno, davvero nessuno è in grado di dirlo. Anche gli stessi analisti militari stanno esaurendo le loro parole. Disertano Tv e talk perché hanno poco da aggiungere, se non per la “curiosità” dei droni sul Cremlino. Con una novità, da tempo annunciata: si dà per imminente la “campagna di primavera”, la controffensiva ucraina, forte delle tante armi ricevute, per “mettere a posto” la Russia e farla ritirare a gambe levate dai territori occupati. Tutto a costo di altre migliaia di caduti. Dopodichè, secondo lo schema tracciato,  si dovrebbe fare il punto sulla situazione. Una vera follia, e la prospettiva inquietante di non uscire più dal pantano. I “grandi” della Terra hanno sin qui fallito e solo un loro accordo in extremis potrà far intravedere una possibile via d’uscita. Che non può essere la pace, almeno come oggi la intendiamo (eppoi, come si riuscirebbe a ottenerla, dopo tanta devastazione e morte?) ma, tecnicamente, un “cessate il fuoco”. Dopodichè, corsa al tavolo.

Per fare che cosa? La “pax” imposta alla stessa Ucraina, con un accordo tra le parti; adombrata la corsa a una sostanziale forma di protettorato sulla cui formula l’Onu dovrà finalmente dire la sua.

 

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L’Ucraina non potrebbe non accettare (lo “scambio”: la si aiuterà con la ricostruzione, in ogni modo possibile; si sosterrà nel tempo il suo rilancio economico). I rischi, comunque, restano sempre molto alti in caso di mancato o monco accordo; si perpetuerebbe nelle zone contese filo-russe la tragedia del Donbass cominciata dal 2014 nella disattenzione generale dell’Europa e che ha provocato 8mila morti!

A quel punto, e di fronte al fallimento delle trattative, solo una imponente forza di interposizione potrà mettere le parti a tacere, con l’Onu che finalmente s’interesserebbe della cosa. In che modo? Inviando in quei luoghi le forze necessarie a dividere le parti (l’esempio vicino riguarda il Libano, che accoglie la forza Onu, dispiegata sui confini israeliani, a seguito dei continui attacchi alle forze di pace Unifil). Uno scenario da incubo, (pericolo di terrorismo), da dover interessare le future generazioni.

 

Luigi NanniGiornalista, analista politico

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