Elly è una leader? la verità è che in Europa non tocca palla

Elly Schlein sbandiera che la posizione del Pd sul Rearm Europe avrebbe influenzato i Socialisti Europei. Ma sembra tutto il contrario: è il Pd ad aver copiato dal Pse, con qualche “aggiustamento” tattico. Questo piano di riarmo ha bisogno di una “revisione radicale” come dice il Pd, o è un “primo passo importante” come dice il Pse? Vai a capirlo

“Nemo propheta acceptus est in patria sua”, si legge nel vangelo di Luca, triste assioma che ben si addice in questa fase a Elly Schlein segretaria del Pd, sempre in alto nei sondaggi, ma finita sotto il tiro incrociato dei maschi del suo partito: considerati antichi reperti di una vecchia politica, ma che una qualche influenza ce l’hanno ancora, eccome. Come ce l’ha Sergio Mattarella, presidente riverito dal popolo, che si è costruito una fama nelle cancellerie occidentali quando fece il ministro della Difesa in due governi, coordinando l’azione delle forze italiane in Kosovo. E che oggi benedice il piano di Riarmo europeo guardando con algido distacco chi lo respinge. Beh se questa è la dura condizione della prima leader donna di un partito di sinistra in Italia, non è che in Europa la giovane Elly abbia miglior fortuna. Anzi, a guardare le carte, sortite negli ultimi giorni dai piani alti del Pes, altrimenti detto Partito socialista europeo, sembra proprio che il Pd e la sua segretaria a Bruxelles non tocchino palla.

Sergio Mattarella

È il Partito Socialista europeo ad aver preso dal Pd, o il Pd ad aver copiato dal Pes? La seconda

Pochi sanno infatti che quando c’è da scrivere una mozione da mettere ai voti, come quelle votate una settimana fa alla Camera su guerra e armamenti europei, sono gli uffici dei gruppi parlamentari di solito a occuparsi di stilare i testi. Dopo un lavorìo politico con tutte le correnti del partito, certo, ma con l’arte sottile degli scriba più esperti, di legulei di vaglia, si mettono a punto testi dove virgole e aggettivi vengono pesati e soppesati. Ecco, stavolta, ovvero il 18 marzo scorso, chi è addentro a queste cose giura che il testo della risoluzione è arrivato nelle segrete stanze dove i capicorrente Pd trattavano con lo stato maggiore, piovuto non si sa bene da dove, ma non dagli uffici dei gruppi. Come se fosse stato redatto al partito. Invece potrebbe essere arrivato direttamente da Bruxelles e poi rimaneggiato con alcune spuntature. Che fanno la differenza.

Guarda caso, ad una lettura attenta, il testo della mozione Pd coincide (in varie parti) con quello diffuso dal partito socialista europeo tre giorni dopo. Tanto che la segretaria del Pd ha voluto sbandierare in un’intervista a tutta pagina di aver influenzato i compagni europei, riuscendo a far mettere paletti e caveat d’ogni sorta nel documento ufficiale del Pes. Ma qualcuno sospetta sia andata al rovescio: prima di licenziare un documento ufficiale, gli sherpa del Pse lo concordano con i partiti socialisti nazionali e quindi il testo potrebbe essere circolato al Nazareno, dicono le malelingue democratiche, prima del voto alla Camera del 18 marzo.

Il riarmo è un “primo passo”? No, ha bisogno di una “radicale revisione”

Tradotto, alcuni pezzi della Carta del Pse potrebbero essere stati trasfusi nella mozione italiana, tranne però quello cruciale: nel testo fatto votare da Elly Schlein con tanti maldipancia ai suoi deputati, le parole chiave sono “radicale revisione” del piano di riarmo Ue. Mentre in quello del Pse lo stesso piano viene definito “un primo passo importante”, stessa formula usata dai padri nobili del Pd, i vari Romano Prodi, Paolo Gentiloni e Walter Veltroni. Ben altra cosa rispetto alla “revisione radicale” che resterà nel cassetto dei sogni, essendo il Pse, insieme al Ppe, ai liberali e ai conservatori di Meloni, uno dei pilastri della maggioranza che regge la commissione Ue di Ursula.

Ecco perché si può dire che i padri fondatori del Pd ancora contino qualcosa, se non altro sono allineati con i cugini d’oltralpe, con i tedeschi, gli spagnoli, i portoghesi, con cui condividono valori e battaglie, nonché un sano riformismo, quello dei piccoli passi. Quello di un europeista antesignano nel Pci come Giorgio Napolitano, uno dei protagonisti della corrente dei “miglioristi” ispirata da una figura come Giorgio Amendola. Chiamati così con sprezzo da un certo Pietro Ingrao che (facendo infuriare Napolitano) intendeva così bollare chi era affetto dal ristretto orizzonte di cercare di migliorare il mondo invece che rivoluzionarlo del tutto.

La premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa organizzata dall'Associazione stampa parlamentare, Roma, 9 Gennaio 2025 - Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Giorgia Meloni Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Elly come Giorgia

Ecco, oggi quell’antico scontro torna in auge in un Pd privo di tali slanci ideali e colmo di slanci irreali condivisi con un Movimento 5stelle che cerca di sopravvivere, provando ad attirare nelle sue grinfie, quelle della piazza no-arm del 5 aprile una indignata Schlein. Che non andrà ma che avrà lì molti suoi seguaci. E che però stavolta è scivolata nel gorgo della propaganda. Al pari di Giorgia Meloni che alla Camera fa votare una risoluzione atona e senza nerbo per non spaccare la sua maggioranza, divisa sul riarmo Ue; ma che subito dopo atterra a Bruxelles e si piega al volere di Ursula votando Sì al Libro bianco della commissione europea che contiene i principi del piano di riarmo.

E tanto per tornare ai testi, ecco due estratti della mozione italiana e di quella del Pse che svelano l’operazione tentata dalla leader Pd. A fronte dell’autoencomio per aver influenzato in senso pacifista la linea dei socialisti, uno si chiede: che avrà tirato fuori la giovane Elly Schlein per piegare al suo volere dei tipi tosti come Pedro Sanchez (il premier spagnolo che ha detto sì al Rearm Eu pur litigando con i comunisti della sua maggioranza); o il neo-leader della Spd, Lars Klingbeil, che ha nel nuovo governo un ariete come il ministro della Difesa Boris Pistorius, alias “lo sceriffo” con fama da duro; o ancora, l’influente Antonio Costa, socialista ed ex premier portoghese, presidente del Parlamento Ue? Sul sito del PES, i socialisti europei, spunta il 21 marzo la Declaration: Stepping up efforts for European Security and Defence it, dove la parte più rilevante è quella in cui i socialisti europei dicono (al pari di Prodi, Gentiloni, Veltroni, Guerini, Picierno, Amendola e tanti altri)  che il pacchetto Rearm Europe è solo un primo passo che necessita di maggiore ambizione e di essere abbinato a un programma completo per una difesa comune europea.

Elly Schlein

Per Elly Schlein il Rearm Europe è “da cambiare”. Per la sinistra europea no

“Abbinato”,  non “subordinato” ad un programma per una difesa comune. Due cose differenti. Tanto che questa frase nella mozione del Pd non c’è.  Come fa notare Schlein, ci sono sì paletti di vario tipo, caldeggiati anche dal Pd ma non solo, come la richiesta di investimenti comuni, visto che il documento parla di eurobond per la difesa. Ma sul punto chiave, il Sì al piano di riarmo, il Pse dice una cosa e il Pd dice al contrario che va “radicalmente cambiato”: tanto che a Bruxelles gli europarlamentari Pd fedeli alla segretaria si sono astenuti e non hanno votato il libro bianco, mentre tutti gli altri socialisti sì. Dall’incipit della Declaration del Pse, si capisce bene che le due linee sono ben distinte: “L’UE deve urgentemente rivalutare la propria strategia per il mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza collettiva”, dice la Declaration, il che non coincide con la tesi del Pd che prima di fare qualsiasi cosa vadano poste le basi per una difesa comune europea. Tutta da realizzare. Con buona pace di Elly. Così come sarà tutto da rrealizzare il piano di Riarmo Ue di Ursula. Ma questo è un altro problema.

Carlo Bertini

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