Presidente Lombardo, basta anche uno sguardo alla sua biografia, e salta all’occhio una prima singolarità: Lei in qualunque campo si sia cimentato nella sua vita, è stato sempre il numero uno. È un fatto, e quindi non si schermisca. Anche a scuola era il primo della classe?
La ringrazio per l’apprezzamento e non voglio schermirmi, ma io ho solo cercato nelle varie mie attività di impegnarmi al massimo e di dare alle organizzazioni, istituzioni per le quali ho operato la migliore funzionalità ed operatività. A scuola non ero il primo della classe, tra i primi sì.
Dovendo pur seguire un criterio in questa intervista, sceglieremo il criterio cronologico. Partiamo dallo sport. Prima di approdare al calcio, Lei ha fatto pratica sportiva?
Sì, ho praticato atletica leggera (salto in alto), pallavolo, basket, tennis, ovviamente calcio.
Poi ha fatto l’arbitro di Serie A. Ha cominciato direttamente dalla massima serie?
No. Tutti gli arbitri iniziano dirigendo gare del settore giovanile, poi gare dei campionati Regionali della Lega Dilettanti (III categoria, II, I, promozione ed eccellenza) Poi i campionati nazionali della stessa Lega dilettanti, della Lega Pro (serie C) e infine i campionati di B ed A. È “un cursus honorum” lungo e difficile. Solo pochi raggiungono la Serie “A”.
Lei è di Marsala, all’altro capo dell’Isola c’era un altro arbitro di serie A, Concetto Lo Bello, che aveva fama di terribile, di inflessibile ed era di una generazione precedente alla sua. Che tipo di arbitro era Lo Bello? E Lei, sinceramente, che tipo di arbitro è stato?
Concetto Lo Bello è stato certamente nel suo periodo storico l’ arbitro simbolo del calcio italiano, sicuramente il più famoso e conosciuto non solo in Italia ma anche nel mondo. Impersonava un tipo di arbitraggio che già quando arbitravo io ed oggi, ancor di più, non sarebbe stato, soprattutto nel modo di porsi con i calciatori e con gli operatori del settore, compatibile. Per rimanere nella famiglia Lo Bello, Rosario, figlio di Concetto, che arbitrò nello stesso mio periodo, dirigeva in modo diverso, i tempi cambiano e si evolvono. Concetto Lo Bello è stato l’antesignano di un arbitro atleticamente preparato e dinamico, sempre vicino all’azione. Ritengo di essere stato un buon arbitro che non ha potuto esprimere tutte le sue potenzialità sia per l’attività lavorativa che svolgevo sia perché ho dovuto abbandonare il campo per fare il presidente dell’AIA (Associazione italiana arbitri).
Ci racconta qualche episodio in cui ha dovuto sfidare l’impopolarità? Per esempio, un rigore alla squadra di casa? Un assedio dei tifosi.
Devo dire, con sincerità, che nei massimi campionati (A, B e Lega Pro) pur avendo, a volte, fischiato rigori contro le squadre ospitanti o preso provvedimenti disciplinari nei confronti di calciatori delle stesse, non sono stato oggetto di particolari contestazioni o assedi da parte dei tifosi, sono stato fortunato, errori sicuramente ne avrò commessi.
Lei ha arbitrato partite dove hanno giocato campioni famosi. Ce ne indica alcuni?
Maradona, Vialli Mancini, Baggio, Paolo Rossi, Van Basten, Maldini, Baresi, Ancelotti, Tacconi, Cabrini, Scirea, Donadoni, Mauro, Laudrup, Rush, Altobelli, Serena, Collovati, Pruzzo, Boniek, Voller e tanti altri.
Maradona in campo com’era sul piano della disciplina?
Pur essendo spesso oggetto di falli, trattenute, ecc, non protestava mai era molto corretto e rispettoso dei ruoli.
Ci racconti un aneddoto legato all’arbitraggio di qualche campione
Senza fare nomi ma, solo per far vedere che in campo i calciatori, spesso, protestano senza motivo, creando tensione sugli spalti. Fischio un rigore per un fallo netto, arriva il capitano della squadra di casa e, non potendo contestare il fallo evidentissimo, mi dice «ma come può dare il rigore, il fallo è stato commesso sulla linea dell’area» ed io “appunto” – Le linee fanno parte delle aree che delimitano.
Quando faceva l’arbitro era già notaio?
Si, anche quando arbitravo in serie C (Lega Pro)
Riusciva a conciliare questa attività arbitrale con l’attività professionale?
Si con molti sacrifici, anche economici, ma la passione è passione
Com’è cambiato l’arbitraggio oggi? Con l’introduzione del var, l’arbitro non ha perso la sua centralità, diciamo pure la sua onnipotenza o presunzione di infallibilità? L’arbitro oggi, con gli occhi del var puntati addosso, si sentirà meno esposto all’errore, ma non si sente anche un po’ sotto controllo?
Premesso che l’arbitro non si sente onnipotente né infallibile, il Var utilizzato bene coadiuva ed aiuta l’arbitro a sbagliare meno. La tecnologia ha sempre aiutato. Quando arbitravo io non c’era alcun collegamento fonico con gli assistenti, non c’era il quarto uomo, non c’erano le bandierine elettroniche, non c’era il goal line technology. Occorreva essere affiatati con gli assistenti, allora guardalinee, e con alcuni segni convenzionali comunicare senza che nessuno li comprendesse. Oggi sicuramente tutti questi nuovi sistemi e per ultimi i var e il sistema semiautomatico di rilevazione del fuori gioco hanno aiutato ed aiutano l’arbitro, la cui funzione non viene sminuita ma anzi esaltata perché evita di sbagliare. La cosa peggiore per l’arbitro è accorgersi di aver sbagliato. L’arbitro è sempre stato controllato dai Commissari speciali oggi osservatori arbitrali, dalle TV e dalle loro telecamere, sempre più numerose.
Per quale squadra faceva o fa il tifo? Ora che non è più arbitro, ce lo può dire
Ho iniziato ad arbitrare da giovanissimo e quindi non ho tifato per alcuna squadra di grande blasone, ma solo per la squadra della mia città, il Marsala, che alternava presenze in serie D e C.
Dell’attuale mondo del calcio, dove circolano troppi soldi, mentre alcune società fanno il passo più lungo della gamba, che cosa pensa?
Ritengo che occorrerà attuare delle riforme strutturali e valorizzare giovani e vivai nell’interesse delle società stesse e soprattutto della nazionale. Il calcio non è comunque una realtà a sè stante ma vive nella società e nel mondo attuale e ne rispecchia pregi e difetti.
A un certo punto, lei, presidente Lombardo, ha deposto il fischietto arbitrale. Ed è diventato il capo degli arbitri. Com’è avvenuto questo passaggio?
In modo traumatico. Avevo 39 anni potevo ancora arbitrare per altri 5- 6 anni ma l’allora Presidente Federale Matarrese mi convinse “ad appendere il fischietto al chiodo” per divenire presidente dell’AIA rinunciando anche a poter diventare arbitro internazionale. Accettai con grande spirito di sacrificio perché si sceglie di fare l’arbitro per stare in campo non dietro una scrivania. Ma, in un momento delicato per l’AIA, non potevo tirarmi indietro. Poi, avevo sempre, oltre ad andare in campo, svolto compiti dirigenziali divenendo, giovanissimo, prima consigliere e poi presidente della Sezione di Marsala. Inoltre, avevo capito che, continuare ad arbitrare, sarebbe stato, per me, sempre più complicato perché aumentavano le gare, gli allenamenti ecc. e quindi era sempre più complesso conciliare tutto ciò con la mia professione di notaio e la mia “sostenibilità economica”. Allora per ogni gara di A, oltre al rimborso delle spese, prendevamo 90.000 lire e infatti tutti gli arbitri svolgevano una loro professione: avvocati, medici, impiegati, ingegneri ecc.
Lei poi ha avuto una esperienza di amministratore. È stato sindaco di Marsala, una città che agli italiani evoca Garibaldi, l’inizio dell’unificazione italiana, ma anche le sue bellezze naturali, le isole di fronte, Mozia tra tutte, con le sue scoperte archeologiche, e i suoi prodotti vinicoli. Nella sua attività di sindaco quanto le è stata utile la pratica di severità e di rigore dell’attività arbitrale? Ha trovato o messo in fuorigioco spesso i suoi avversari politici?
Ho sempre detto ai miei giovani colleghi arbitri quando da Presidente dell’Associazione visitavo le sezioni e li incontravo che aver fatto l’arbitro è stato importante nella mia vita e nelle varie attività che ho svolto. Da ragazzi si impara a far rispettare le regole ma soprattutto a rispettarle ad essere corretti ed al di sopra delle parti, espletando una figura terza che, tra l’altro è fondamentale, ad esempio nell’attività di notaio. Nei miei otto anni di Sindaco (2 mandati allora la durata era di 4 anni) ho lavorato con rigore e passione cercando di migliorare la mia città non solo “esteticamente”: nuove strade, nuove strutture ecc., ma anche e soprattutto nella mentalità e nel sociale.
Non ho messo fuorigioco i politici dei partiti e movimenti di opposizione perché non ne avevo né l’intenzione né la volontà, ho cercato di lavorare assieme a loro. Il mio avversario è stato il contrasto al malaffare ed alla mafia, e questo mi ha comportato di vivere scortato per quattro anni, un’auto bruciata ecc.
La sua professione di notaio è praticata anche da qualcuno della sua famiglia, come spesso avviene nel Sud? Una professione solenne e sinonimo di garanzia. Nel Sud, per dare solennità e fondamento a un gesto o una parola diciamo: garantisco come davanti al notaio.
Oppure: questa lettera vale come una carta di notaio.
Si mia figlia Francesca è notaio a Reggio Emilia. Era innamorata della professione di notaio, avendo frequentato il mio studio, ha molto studiato ed ha superato il concorso che, notoriamente, assieme a quello per giudice è il più difficile che c’è. Ha preferito scegliere Reggio Emilia e non lavorare a Marsala e si è avvicinata all’altro mio figlio Michele che ha preferito fare l’avvocato a Modena.
Poi è stato eletto presidente del Consiglio Nazionale del Notariato e in tale veste ha avuto modo di conoscere i presidenti dei notai di numerosi Paesi stranieri, per uno scambio di idee ed esperienze, e di incontrare uomini di Stato e di Governo. Ha qualche ricordo particolare di personalità straniere che ha incontrato?
Ho incontrato Ministri, Sindaci, ambasciatori in vari paesi ma ne voglio solo ricordare uno che, purtroppo, mi ha deluso. Quando l’ho incontrato mi è sembrata una persona gentilissima che apprezzava l’Italia ed il notariato italiano ed oggi invece si distingue per una violenza verbale inaudita nei confronti dell’Occidente, dell’Italia e dell’Ucraina.
E chi è?
L’allora primo ministro della Russia Dmitrij Medvedev.
Per il suo ruolo apicale nei vari campi dove ha operato, ha incontrato spesso i presidenti della Repubblica, i Papi. Di ognuno di essi immagino lei abbia, oltre che le foto degli incontri, anche un ricordo
Ricordo la dolcezza e umanità di Papa Giovanni Paolo II che incontrai da Presidente Nazionale delle Città del Vino ed a cui consegnai un magnum di blend di vino da messa dei vari territori italiani e lo scambio di battute sul vino e sul “bottiglione”; l’apparente freddezza ed austerità di Papa Benedetto XVI che si sciolse in un sorriso ed una battuta ” ora posso giocare” quando gli consegnai come Vicepresidente della Lega Pro il pallone della Lega. Dei Presidenti della Repubblica ho incontrato Scalfaro, Ciampi e la simpatica sua consorte e più volte Sergio Mattarella che conosco, da tantissimi anni, anche prima che fosse Presidente e che apprezzo per la grande dirittura morale, la preparazione giuridica, l’affabilità e signorilità.
Conclusa l’esperienza di presidente del Notariato, Lei è stato chiamato a un incarico che è un po’ un ritorno alle origini: il calcio. Attualmente, se non erro, lei è vicepresidente della Corte Federale di Appello, la Cassazione del calcio. C’è un contenzioso notevole? Ci sono solo questioni disciplinari, squalifiche, o vi occupate anche di infrazione alle regole di bilancio delle società di calcio?
Si, sono uno dei Vicepresidenti della Corte federale d’appello che si occupa in secondo grado ed ultimo come organo di giustizia della Federcalcio, di tutte le violazioni, ad eccezione di quelle connesse alla disciplina antidoping, dello Statuto federale, del Codice di giustizia e delle norme federali in genere, da parte di tutti coloro che sono soggetti all’ordinamento federale. La corte è composta da operatori del diritto di eccelsa qualità, presidenti di sezione del Consiglio di stato, consiglieri di Stato, presidenti e consiglieri di Tar, avvocati dello Stato, professori universitari, avvocati e notai che operano con scrupolo, coscienza e grande professionalità.
C’è un ritorno della violenza negli stadi e non solo in Italia: cosa si può fare per far si che gli stadi siano solo luogo di incontro di tifosi e famiglie che vogliono trascorrere del tempo ad assistere a quello che viene definito “il giuoco più bello del mondo”?
Purtroppo, attorno al calcio e negli stadi si assiste, spesso, a fatti che nulla hanno a che fare con lo sport e con il calcio. Alcune zone degli stadi sono frequentate da teppisti, da violenti, da veri delinquenti. Inoltre, le violenze non si limitano allo stadio ma anche alle intere città. Il fenomeno si va sempre più estendendo ed internazionalizzando. In Italia, per un certo periodo, con le misure adottate dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, del quale per anni sono stato componente, con l’introduzione della tessera dello sportivo, degli steward, il fenomeno era stato contenuto, adesso però ha ripreso virulenza e si notano collegamenti internazionali. Probabilmente occorrono provvedimenti legislativi non solo in Italia e quindi un coordinamento tra i vari stati Europei. Non si può consentire che una partita di calcio diventi l’occasione perché violenti danneggino opere d’arte mettano a soqquadro città ed a repentaglio l’incolumità dei veri sportivi, dei cittadini e delle stesse forze dell’ordine che, per tutelarci, mettono a repentaglio la loro incolumità.
Qual è stato, nelle sue varie cariche che ha ricoperto, il suo rapporto con i giornalisti?
Direi in genere ottimo, in pochissimi casi non ho “legato” con qualcuno perché mi ha dato l’impressione di “essere di parte” e di avere preconcetti
In questo atteggiamento qual è stata, se c’è stata, l’influenza che ha potuto esercitare su di lei sua moglie, Rosa Rubino, che è giornalista, una delle poche donne direttori di giornale, da anni alla guida del Vomere, che si pubblica a Marsala dal 1896!
Al di là di quanto mia moglie Rosa abbia potuto influire, mi ha fatto certamente conoscere la cura ed il controllo che un giornalista serio o un direttore di giornale effettua nel pubblicare delle notizie che ipoteticamente possono danneggiare qualcuno o creare disagio, fermo restando l’obbligo deontologico di dare le notizie ed evitare fake news.
Non solo calcio, non solo professione, ma anche radicamento nella propria terra, ricca e ubertosa. E così lei è anche presidente delle “Strade del vino”, una associazione consortile che raggruppa decine di produttori vinicoli.
Sono Presidente della strada del vino di Marsala Terre d’occidente, una strada, che già nel nome fa capire l’importanza e la storia della stessa, il Marsala e la più antica doc d’Italia e il nome evoca i grandi vini da “meditazione” assieme al Madera, il Porto e lo Sherry. Compito della strada del vino non è vendere vino ma valorizzare il territorio e le aziende che operano in esso facendo apprezzare e mettere in risalto le bellezze storiche, archeologiche, naturali e le meraviglie dei prodotti enogastronomici, in particolare l’olio ed il vino del “terroir”.
Una curiosità: come fa a conciliare tutti questi impegni? Dorme poche ore come faceva Napoleone?
Dormo il giusto, io ho una mia filosofia, ritengo che chi è molto impegnato riesca a svolgere più attività ed a trovare il tempo per tutto. Per operare al meglio, occorre avere passione, impegno, saper scegliere i propri collaboratori e valorizzarli, delegando i necessari poteri.
Per chiudere, due ultime domande: c’è un motto, una regola di comportamento, un principio, un metodo che ha seguito e lo ha ispirato in tutte le sue varie esperienze sportive, politiche, professionali, fino a farne una filosofia di vita?
Rispettare le regole e operare per la collettività in senso lato più che per sé stesso.
Ha potuto constatare sulla sua persona la fondatezza dell’idea crociana della circolarità dello spirito, secondo cui – lo dico con parole semplici – la vita è come una ruota che gira e ad ogni giro si arricchisce delle esperienze precedenti? Nel senso che, pur nella diversità dei ruoli ricoperti, le esperienze precedenti le sono servite come spunto e come insegnamento in quelle successive?
Certamente anche nella diversità di ruoli e funzioni le esperienze precedenti ti formano e ti migliorano anche perché ogni occasione, di confronto e di contatto umano, ti fa crescere ed acquisire nuove conoscenze.
Grazie presidente.
Pino Nano – Giornalista, già capo redattore centrale Rai