Padre Ibrahim Faltas, come si vivono in Terra Santa questi giorni di tregua? Resta la paura o fa capolino la speranza?
La tregua è servita soprattutto a fermare la perdita di vite umane a Gaza, purtroppo ci sono morti e feriti in continui scontri in Cisgiordania. La tregua a Gaza sta reggendo ed è certamente motivo di speranza anche se le basi su cui poggia il cessate il fuoco sono molto fragili. C’è la paura del rischio che la tregua sia interrotta: in questa fase gli equilibri sono ancora instabili.
La vita quotidiana della gente ha avuto qualche beneficio pratico dalla tregua o restano i problemi di sempre?
Stanno entrando gli aiuti umanitari a Gaza. Giovedì scorso ho incontrato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ad Ashdod per la consegna di quindici camion che trasportano beni di prima necessità agli abitanti di Gaza. I bisogni sono sempre tanti, la gente è stanca e oltre al cibo, all’acqua, alle cure ha bisogno di stabilità. La maggior parte degli abitanti di Gaza vive sfollata in tende umide e fra le macerie. I benefici della tregua devono continuare con l’intenzione di fermare la guerra e di cominciare a costruire soprattutto un futuro dignitoso per le persone.
Il turismo religioso è ancora fermo? Anche i pellegrinaggi organizzati sono sospesi?
I pellegrini stanno tornando. Non sono molti ma si sta ricominciando piano piano ad organizzare per i prossimi mesi. Gerusalemme, Betlemme, Nazareth sono città che, con le dovute accortezze, possono essere visitate in sicurezza. I pellegrinaggi sono indispensabili per dare lavoro ai cristiani locali, per condividere la fede nei Luoghi Santi, per dare solidarietà fraterna a chi sta vivendo grandi difficoltà in Terra Santa.

A Lei che di frequente ha contatti e incontri con personaggi di livello internazionale, per fare qualche esempio: Macron, la regina Rania di Giordania, lo stesso Papa Francesco con il quale ha spesso interlocuzioni, facciamo qualche domanda politica e di prospettiva: che cosa pensa dell’idea di Trump di svuotare Gaza per ricostruirla e di spostare i palestinesi in Cisgiordania?
Speravamo che l’elezione di Trump potesse dare una svolta decisiva al processo di pace. Le dichiarazioni del presidente americano sembrano prendere altre direzioni. La risposta alla discutibile proposta di spostare il popolo palestinese per “svuotare” Gaza dovrebbe arrivare dalla comunità internazionale. Certe “idee” devono essere bloccate sul nascere, se vogliamo condividere equilibri di pace.
Dopo la tregua, secondo Lei, dovendo considerarsi inimmaginabile che tornino a farsi la guerra, quale dovrebbe essere il prossimo passo?
Non voglio pensare che si possa tornare a fare la guerra perché significherà che si tornerà ad una maggiore violenza. Alla tregua devono seguire fasi concrete di soluzione del conflitto. Bisogna continuare su questa strada con volontà e determinazione.
Due popoli, due Stati, è uno slogan continuamente e finora invano ripetuto o una concreta prospettiva su cui si dovrebbe lavorare su un piano politico – diplomatico?
Non voglio pensare alla soluzione dei due Stati come ad uno slogan: è l’unica soluzione possibile, non ce ne sono altre. È la soluzione dignitosa e giusta per due popoli che soffrono e che hanno sofferto da anni. Il popolo palestinese ha diritto a vivere nella propria terra, ha la necessità vitale di sentirsi unito in un territorio che storicamente gli appartiene, ha diritto alla propria libertà e autodeterminazione.
Si invoca ogni tanto una visita in Terra Santa del Papa, che tanto si et speso con appelli, esortazioni, preghiere. Lei la ritiene possibile?
Magari, anzi Inshalla! Papa Francesco ha visitato la Terra Santa, conosce la bellezza e la difficoltà di una terra martoriata. Voleva fare incontrare il presidente palestinese Abu Mazen e il presidente israeliano Shimon Perez a Gerusalemme durante il suo pellegrinaggio apostolico del maggio 2014. Non ci riuscì e un mese dopo li invitò a piantare insieme un albero di olivo nei giardini Vaticani. Quell’albero ha messo radici, è forte perché viene curato. Le parole del Santo Padre danno forza e vigore a chi lavora per la pace, dobbiamo accoglierle e farle radicare nel cuore dell’umanità per dare il frutto desiderato della pace.

Come ha fatto per la guerra in Ucraina mandando il cardinale Zuppi, in missione diplomatica, Le risulta che sia in azione o ci sarà un rappresentante della Santa Sede per attivare un’azione diplomatica, in vista della fine della tregua?
Sicuramente le diplomazie sono al lavoro. È un lavoro lungo e meticoloso che spesso si interrompe anche per motivi che sembrano distruggere quanto raggiunto fino ad allora. È importante comunque ripartire da punti fermi e ricominciare sulla strada della pace che è una strada possibile ma tortuosa e con tanti blocchi da superare.
Una domanda di carattere più personale: a livello psicologico e umano che effetto le fa occuparsi della Custodia dei Luoghi Santi?
Vivo da 36 anni in Terra Santa, terra benedetta ma martoriata da sempre. Sarebbe difficile per me allontanarmi dai Luoghi Santi che San Francesco ha affidato ai suoi figli. Sono fiero di appartenere all’ordine francescano: Pace e bene non è solo un saluto, una esortazione, è soprattutto la vera e unica speranza che la pace porti il bene nella vita dell’umanità! Ogni giorno sperimento la presenza di Dio nella mia vita e spero di poter continuare a custodire i Luoghi Santi anche nel servizio alle Pietre vive che li abitano. Vi aspetto in Terra Santa! Non abbiate paura, venite!
Mario Nanni