Venerdì primo dicembre, RAI-Documentari propone il racconto, per certi versi affascinante e suggestivo, della storia di Natuzza Evolo, la mistica calabrese scomparsa 14 anni fa all’età di 85 anni, e che durante la Settimana Santa viveva il mistero delle stigmate.
Lo speciale -spiegano gli autori- non è altro che la storia di questa donna calabrese che raccontava di “vedere e di parlare con la madonna” e di “avere avuto affidato da lei il compito di realizzare a Paravati, paesino di tremila anime in provincia di Vibo Valentia dove Natuzza viveva, una grande basilica”.
Oggi, dopo la sua morte, la Chiesa che Natuzza ha fatto costruire prima della sua morte è diventata meta infinita di pellegrinaggi di fede da ogni parte del mondo.
Ma la mistica di Paravati raccontava anche di essere in grado “dialogare con gli angeli e con le anime dei defunti”, e lo speciale propone alcune interviste inedite ed esclusive in cui Natuzza raccontava come “dietro le spalle di ogni uomo c’è un angelo con il quale io parlo e che mi aiuta a conoscere cosa pensa e cosa vuole chi viene a cercarmi”.
È lo stesso angelo- ripeteva più volte Natuzza- che “mi permette di parlare tante lingue diverse, pur non essendo io mai andata a scuola, e pur non avendo mai imparato né a leggere né a scrivere”.
“Il Rifugio delle Anime” – commentano gli autori- vuole essere soprattutto la ricostruzione dettagliata di quello che per la chiesa italiana diventò negli anni ‘30/’40 un caso davvero “difficile da decodificare e da interpretare”.
Con l’aiuto dei documenti inediti recuperati presso l’Archivio Storico dell’Università Cattolica di Milano, il docu-film di Pino Nano e Maurizio Pizzuto propone per la prima volta al grande pubblico italiano il carteggio epistolare che ci fu allora tra il vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Paolo Albera, e il rettore della Cattolica di Milano Padre Agostino Gemelli, carteggio da cui si evince che, come era già accaduto anni prima per Padre Pio, Padre Agostino Gemelli, aveva bollato “il Caso Evolo” alla stessa maniera di quello del frate di Pietrelcina.
“Un caso di pura isteria” – scriveva Padre Agostino Gemelli alla Chiesa locale, consigliando alla Curia Arcivescovile calabrese di “isolare la ragazza che parlava con la madonna”, e di “ridurla al silenzio”. Poi in realtà Natuzza venne rinchiusa nel manicomio criminale di Reggio Calabria.
Un racconto avvincente, che ripropone anche immagini inedite delle stigmate della donna di Paravati in varie fasi della sua vita, tutte testimonianze fotografiche autentiche e strettamente legate al giorno del Venerdì Santo di ogni anno.
Molte anche le “voci” e le “testimonianze” di vecchi filmati, che gli autori del docufilm, hanno recuperato negli archivi di RAI TECHE, la più suggestiva quella del grande antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, che intervistato da Enzo Biagi spiegava quanto il “fenomeno Natuzza Evolo fosse più che mai autentico e reale”.
Tra le testimonianze scelte per dar corpo allo speciale – spiegano ancora gli autori del docufilm- ci sono, in particolare, quella del medico chirurgo che ha seguito Natuzza Evolo per lunghi anni durante la Settimana Santa, “quando Natuzza viveva i segni della passione di Gesù”, il dr. Franco Petrolo; quella di Ruggero Pegna, famoso promoter musicale, che racconta di essere stato da lei miracolato dopo una terribile diagnosi di tumore e che per i medici del Gaslini di Genova era assolutamente inguaribile; quella del fisico nucleare prof. Valerio Marinelli che ha analizzato le sue emografie per quasi 50 anni scrivendo su di lei 12 libri diversi; quella del primo padre postulatore don. Enzo Gabrieli che per 14 lunghi anni ha seguito il caso per conto della santa sede, dopo l’avvio del processo di beatificazione; quello dei due sacerdoti che più le sono stati accanto nel corso di questi ultimi 40 anni, don Pasquale Varone e don Michele Cordiano, e infine la riflessione dello scrittore e giornalista di Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Roberto Italo Zanini che su Natuzza Evolo ha appena dato alle stampe l’ultimo suo libro.
Un “caso di fede ancora irrisolto”, ricco di troppi misteri, e di tanti interrogativi irrisolti, e che a cento anni dalla nascita di Natuzza Evolo -questo è il messaggio finale del film di Pino Nano e Maurizio Pizzuto– hanno trasformato la storia di questa contadina calabrese in una vera e propria leggenda popolare.
Sarà ora la Chiesa di Francesco, nei prossimi anni, ad analizzare i “frutti di Paravati” e a decidere sulla santità o meno di Natuzza Evolo, anche se per la gente che l’ha incontrata e conosciuta- questo è il messaggio finale dello speciale televisivo- “Natuzza è già Santa”.
Il 1 novembre scorso a Paravati, per il quattordicesimo anniversario della morte di Natuzza Evolo, il vero grande assente alla cerimonia di ricordo era proprio lui, il vecchio Luigi, il caro Luigi Maria Lombardi Satriani, l’indimenticabile “barone rosso”, l’antropologo forse più famoso d’Italia, certamente uno dei padri storici dell’antropologia moderna, che viveva a due passi da Paravati, guida e maestro insuperabile di intere generazioni, e che per 40 anni io ho personalmente seguito cercato inseguito e ammirato con la devozione che un tempo si riservava solo agli uomini di Chiesa.
Lui il solo vero grande assente, alla Festa del ricordo in onore di Natuzza Evolo. Spero che prima o poi si tenga da qualche parte un grande convegno sul ruolo che la Televisione italiana ha avuto nel processo di ramificazione della missione pastorale umanitaria e sociale di Natuzza tra la gente, perché in quella occasione finalmente verrà sacralizzata una verità storica di cui nessuno in realtà sembra abbia ancora voglia di parlare.
Ma Natuzza Evolo e Luigi Maria Lombardi Satriani erano in realtà le due facce della stessa medaglia.
Senza Luigi, Natuzza non sarebbe mai esistita forse. E senza Natuzza, Luigi Maria Lombardi Satriani forse non avrebbe mai vinto il prestigiosissimo “Premio Viareggio” assegnato ad uno dei suoi saggi più completi e più avvolgenti, che era “Il Ponte di San Giacomo”.
Dentro “Il Ponte di San Giacomo”, il grande antropologo cerca di spiegare il mistero del sangue, che per tutta la vita ha rincorso Natuzza Evolo, e cerca soprattutto di dare forma a quel filo immaginario che legava Natuzza al mondo dei morti, e di cui Natuzza sembrava essere diventata la vera interprete e ambasciatrice vivente di quel mondo.
Per Luigi Maria Lombardi Satriani– non faceva che ripetermelo fino alla nausea ogni qualvolta lo andavo a intervistare su Natuzza- “il successo di questa donna popolare sta nella mediazione che Natuzza svolge tra mondo dei vivi e mondo dei morti, e che consente di dare concretezza al bisogno di un recupero del rapporto interrotto”.
Ma perché tanto successo in televisione?
Forse perché la storia di questa donna era legata sempre di più alla nevrosi del mondo moderno. Satriani aveva sempre una risposta pronta: “L’attività di Natuzza è in nome della vita; della vita dei superstiti, cui ridà sguardo e parola; dei morti, cui assicura continuità di discorso; in sintesi, di una comunità rifondata nella quale vivi e morti possono comunque continuare in relazione: la vita è nel rapporto, è il rapporto”.
Non c’èra occasione pubblica o privata in cui il grande antropologo non cercasse di convicere sé stesso della bontà delle sue tesi, e ricordo che in decine di interviste diverse ha provato in tutti i modi a spiegare come Natuzza, pur nella estrama semplicità della sua vita, presentasse alla fine un “conto di straordinarietà fuori dal comune”.
“Non era un bluff questa donna. Era invece una donna straordinaria, e lo era nella sua ordinarietà. Era una figura al centro di una serie di fenomeni, di cui si è molto parlato, perchè questi fenomeni erano vissuti in una dimensioe di assoluta semplicità. Incontro Natuzza Evolo da bambino, quindi tantissimi anni fa, perché io sono di un piccolo paese che si chiama San Costantino di Briatico che è molto vicino al paese di Natuzza, Paravati, e le persone del mio paese andavano da Natuzza, erano fedeli di Natuzza; quindi, io ho sentito parlare di Natuzza proprio quando ero ancora un bambino. Persino a casa mia se ne parlava come di una figura straordinaria, ma che nello stesso tempo era una persona molto familiare per tutti noi. Natuzza ritornava nei discorsi di ogni giorno, nei racconti che i nonni facevano ai nipoti e ai figli, se ne parlava dovunque e sempre in maniera per così dire straordinaria”.
Sceglie TV2000, la TV dei Vescovi Italiani, il vecchio antropologo per dire molto di più su Natuzza Evolo, sfidando forse sé stesso e le stesse regole basilari della sua immensa cultura.
“Solo a distanza di tempo, da antropologo, ne ho fatto oggetto di studio andando a casa sua, incontrandola personalmente, e parlando poi di lei in un convegno internazionale. A distanza di anni ancora, volendo io fare un documentario antropologico con Maricla Boggio pensammo di chiedere il permesso a Natuzza di riprenderla”.
-Perché chiederle il permesso?
“Perché noi siamo contrari -risponde il professore guardando dritto in macchina- a ogni forma di rapina giornalistica. Oggi in qualche maniera con i mezzi attuali si possono strappare le immagini di un evento, si possono fare mille interviste diverse ai fedeli, tentare scoop variamente motivati, ma noi in realtà in quel momento volevamo capire, e volevano soprattutto la sua collaborazione. Ritenevamo fondamentale il suo permesso e il suo coinvolgimento e siamo andati a parlare con lei. Lei non aveva accettato di fare interviste televisive, si era sempre rifiutata di farle. Io allora sono andato da lei, ho parlato con lei per la prima volta, e l’ho fatto solo quando decisi che ne avrei parlato ad un congresso internazionale”.
Non dimentichiamo che il primo vero documentario televisivo completo interamente dedicato a Natuzza Evolo lo fece proprio Luigi Maria Lombardi Satriani, un docufilm firmato a quattro mani insieme a Maricla Boggio, e in cui per la prima volta gli italiani hanno modo di vedere di conoscere e di toccare con mano il grande “mistero di questa povera contadina calbrese”.
E alla domanda con cui lo studioso apre il suo speciale “Ma chi è in realtà Natuzza Evolo”, Natuzza stessa risponde con una frase che farà poi il giro del mondo e che rimarrà legata alla sua vita per sempre.
“Sono un povero verme di terra, ecco cosa sono!”
“Ho avuto con lei – confessa Satriani a TV2000- un rapporto più prolungato quando siamo andati a casa sua a Paravati e abbiamo chiesto di poterla intervistare per il nostro docufilm mandato in onda poi dalla Rai, e che diventò oggetto di un vasto dibattito antropoligico generale. Tanto è vero che io e Maricla Boggio abbiamo anche deciso di tradurre questo dibattito in un libro che ha seguito il nostro documentario”.
Satriani e Natuzza insieme, Satriani e Natuzza uno di fronte all’altro, Satriani e Natuzza disperatamente simili.
“Ricordo che quando bussammo alla sua porta ci venne ad aprire lei, una donna semplice, sorridente, con un po’ di diffidenza. Noi siamo degli estranei per lei e tutto sommato cominciamo a parlare. Lei ci fa accomodare, noi le diciamo che parlare di lei e dei prodigi che attorno a lei si manifestano e si sviluppano è anche la maniera per continuare la sua missione, di far giungere i suoi messaggi ad una platea molto più ampia. Ricordo che lei non disse né sì, né no. Ci dice solo “Ne debbo parlare con mio marito”, anche questo segno della ordinarietà di questa donna protagonista, che non è solo senso dell’obbedienza, ma anche un voler affidare a questo suo marito, Pasquale Nicolace, questa figura di pater familias, colui che insomma decide anche per la moglie, secondo un modello che è molto calabrese che è difficile giudicare dall’esterno come una sottomissione, una inferiorità della donna nei confronti del marito. É invece un riconoscimento di ruoli diversi”.
-Come andò a finire?
“Che Pasquale Nicolace, il marito, le risponde con grande serenità, “Come vuoi tu, io direi che è una cosa buona”. Lei allora accetta di essere intervistata da noi e da questo punto in poi noi incominciamo a parlare con le persone per individuare le diverse pecularietà, e il diverso tipo di intervento”.
Luigi Maria Lombardi Satriani ricorda Natuzza e riesce persino a sorridere delle cose che lui dice, in parte consapevole e complice egli stesso di questo monumento sacro che già il resto del mondo le aveva costruito attorno.
“La mia prima impressione fu quella di avere davanti una donna semplice e buona. Una donna sorridente, una donna di cui io non mai dubitato, perché io incontro varie volte personaggi al centro di fenomeni straordinari e strani, ma in lei colpisce l’assenza di avidità di guadagno. Lei non prende una lira, né per sé né per la sua famiglia, e contemporaneamente quello che mi colpisce in lei è la assoluta assensa di narcisismo, di questo atteggiarsi, che molte volte i protagonisti di questi fenomeni molte volte hanno”.
Ecco allora che riaffiora prepotente il ritornello di sempre, un ritornello che sentiamo raccontare ormai da almeno 40 anni a questa parte.
“Natuzza è una donna schiva, modesta, e le offerte che le vengono fatte le destina prima alla costruzione di una cappella, poi via via di un tempio. Sono tutte cose mi colpiscono e mi danno l’idea di una bontà sorridente e anche di una lezione di vita”.
La domanda può sembrare a prima vista brutale, “Cosa è stata Natuzza per lei?”, ma il grande antropologo non ha mai avuto nessun dubbio sulla risposta da dare: “Non da antropolo, ma da essere umano come tanti che a lei si sono avvicinai, io ho avuto da lei una lezione grandissima di umanità. La necessità di essere sempre disponibile al colloquio, non come tecnica di intervista ma come parlare agli altri e farsi parlare degli altri. Quindi, l’importanza della parola come mezzo di comunicazione e come strumento ideale di incontro, questo io l’ho imparato da Natuzza, e questo al di là di qualsiasi atteggiamento fideistico”.
Natuzza “Santa subito”, lo abbiamo sentito scandire mille volte mille, da migliaia di fedeli in questi lunghi anni di osservazione del “fenomeno”, ma Luigi Maria Lomradi Satriani rincara la dose: “Io credo che si possano leggittimamente riconoscere in lei i segni del divino, si può invece sospendere questo giudizio fideistico e ritenere che siamo al centro di fenomeni che allo stato attuale delle conoscenze non possono essere spiegati, ma quello che è indubbio è che questa donna così carica di umanità e di tensione spirituale riusciva a incontrare gli altri, di diversa formazione intellettuale.Io sono laico anche se ancora può valere questa distinzione ancora un po troppo rigida tra confessionale o laico, comunque io appartengfo a una cultura laica, non a una cultura di chi dinanzi a ogni cosa alza le mani per aria e grida “Dio lo vuole”. Troppe volte questo atteggiamento ha portato nella storia a dogmatismi e a espulsioni, a crociate”.
Ma uno studioso della sua statura, gli abbiamo chiesto mille volte diverse, può arrivare a sbilanciarsi così tanto?
Risposta: “Mi è capitato di dover dialogare tantissime volte con colleghi e studiosi ancora molto scettici di fronte al fenomeno Natuzza Evolo, e francamente non ho mai provato a difendere la sua causa. Semmai ho provato a mettere in guardia da atteggiamenti di facili giudizi, di giudizi avventati, magari anche improvvisati. Guai a non stare attenti ai dogmatismi razionalistici. In parole povere non si può dire che Natuzza è senz’altro un messaggero di Dio, ma non si può neanche dire con certezza che è una mistificatrice. Anzi, le prove che abbiamo è che non è una mistificatrice, e allora ce lo dobbiamo spiegare questo fenomeno, in qualche maniera”.
È un giorno a Palmi- dove insieme stavano seguendo una delle rarissime edizioni della processione religiosa della Varia- che Luigi Maria Lombardi Satriani mi spiega un dettaglio che in realtà non avevo mai compreso prima.
“Dobbiamo riportare il tutto alla cultura di cui Natuzza è espressione, ma che non è soltanto calabrese. Sarebbe un errore grossolano immaginare e dire che Natuzza è un fenomeno tutto o solo calabrese. Perchè venendo incontro alle esigenze del rapporto con il mondo dei morti, dei propri cari, entrando in contatto con l’esigenza del dolore, queste sono esigenze universali, e qui l’esigenza universale si coniuga a motivi particolari, ognuno parla la propria lingua, e anche Natuzza parla la sua lingua, a volte anche con inflessioni dialettali. Le immagini, le fotografie del passato, quello che mostrano come era Paravati una volta, ti fanno capire le dimensioni del contesto in cui viveva, un contesto di emarginazione ma anche un contesto in cui una cultura elabora il linguaggio del sangue. Lei ha delle stigmate, con un processo di identificazione con le sofferenze di Cristo, ma è anche vero che le stgmate segnano con il sangue la straordinarietà di questa figura. Questo è da rapportare a quella cultura del sangue che è anche la tradizione cristiana calabrese, ma non esclusivamente calabrese”.
Caro Luigi, Caro Professore, Caro Senatore…, Dio mio in quanti modi diversi ti chiamavamo tutti quanti noi, ma oggi la sedia più vicina al grande altare della Basilica nel giorno in cui Natuzza sarà dichiarata Santa, non potrà che non essere riservata per te, lasciata libera perché tu possa tornare tra di noi in qualunque momento lo vorrai, e dedicata esclusivamente alla tua bellissima anima, alla tua fede popolare, alla tua straordinaria passione civile, al tuo modo laico con cui ti accostavi al sacro, alla pazienza che avevi con la gente che ti fermava per strada, al candore delle tue certezze, alla maniera disarmante con cui ci parlavi della tua casa natale, dei tuoi libri, del mare che avevi eternamente sotto gli occhi, e ai tuoi mille amici che nelle università di tutto il mondo ancora ti cercano.
Perché senza di te oggi forse non ci sarebbe neanche questa grande Chiesa.
Natuzza è una tua creatura, poi la televisione di tutto il mondo dopo di te, come ho fatto io per 40 anni, l’ha adottta come propria, ma il vero talent scout di questa “povero verme di terra”porta solo il tuo nome e la tua incrollabile fede nella vita.
Tutto questo, Luigi, te lo dobbiamo tutti noi.