Europa centrale è un film italiano che non sembra italiano, a cominciare dalla colonna sonora del compositore di Kieslowski, Zbigniew Preisner. Il regista e lo sceneggiatore hanno studiato la storia del comunismo in rapporto ai totalitarismi: Gianluca Minucci è triestino, laureato in Storia e critica del cinema e filmologia e insegna Storia e Letteratura italiana nella scuola; il cosceneggiatore Patrick Karlsen è professore di Storia contemporanea all’Università di Trieste ed è esperto di storia delle culture politiche di frontiera nell’Europa del ’900 con attenzione al comunismo internazionale.
L’opera prima di Minucci è ispirata da una fonte storica passatagli da Karlsen come un trattamento: si tratta di una pagina delle Memorie 1939-1941 (Editori Riuniti 1972) di un dirigente del Partito comunista, Umberto Massola, tra le altre cose redattore del “Grido di Spartaco” (e “Spartaco” ricorre nella storia di spionaggio della trama) e dopo la guerra membro dell’Assemblea Costituente. Massola racconta un viaggio in clandestinità da Parigi a Lubiana su un treno nel quale i fascisti, appena arrivati in Italia, obbligano i passeggeri a cantare Giovinezza.
Attorno a questa scena è costruita la storia di angoscia, ricatto, violenza bruta, disvelamento, tradimento, giochi di potere tessuti anche sulla babele di varie lingue (italiano, francese, tedesco, russo), tra Umberto, nel film diventato Cassola (uno stratificato Paolo Pierobon capace di mostrare con ogni muscolo del viso i trascoloramenti dall’illusione alla disillusione), e i 5 personaggi che con lui attraversano l’Europa centrale su un treno francese: la compagna di Cassola, l’attrice polacca cresciuta in Francia Julia Szapolowska (perciò parla sia francese sia italiano), una diafana e tremolante Catherine Bertoni Delaet (che si è preparata studiando Rosa Luxemburg), dagli occhi azzurri carichi di tensione elettrica fino all’inaspettata esplosione finale; la figlia di Umberto, Olga, studentessa delle scuole sovietiche (che parla italiano, russo, francese, tedesco); l’agente del Comintern László Molnar, delatore dei “nemici del popolo”; l’agente della polizia politica fascista Guido Clerici (un superbo Tommaso Ragno nella sua stagione all’inferno, in grado perfino di simulare uno spasmo dell’orbita destra durante un disturbante close up); la prostituta che passa per sua moglie, Gerda Hermet (una Matilde Vigna cangiante che dà sussulti a una donna che esiste come se fosse morta, ricordando l’assenso al reclutamento di Clerici come il sì di Gertrude a Egidio).
La lingua letteraria impronta i dialoghi: Olga recita in francese L’incidente è chiuso di Majakovskij, dichiarando coi versi alla compagna di suo padre lo stadio della relazione con lui. Olga costringe Julia a recitare Non ho bisogno di te dalla stessa raccolta, che come una condanna anticipa la sorte. Petra e Koloman sono legati dall’incipit di Der Ister di Hölderlin, “Jetz komme, Feuer!” (“Vieni, fuoco!”), perché si sono conosciuti durante una crociera sul Danubio e “Ister” è il nome antico della parte bassa del Danubio. L’unico tesoro di Cassola è la copia delle Metamorfosi dedicatagli dal compagno Aleksej Fiodorovich. Il “fetido” Clerici scende di livello: niente poesia prima di vittimizzare a morte Gerda, ma le fetide parole dal Manifesto futurista di Marinetti, “le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”.
Nessuno è ciò che sembra: Cassola ama i compagni e il partito; Julia ama Umberto tanto da tradirlo pur di salvare la vita sua e di Olga che la detesta; Olga usa l’aspetto angelico per i suoi scopi mefistofelici, rivelati dalle espressioni che riserva solo alla macchina da presa: è la ragazzina la vera “cattiva” del film, insieme al repellente ex comunista fallito Clerici. Tutti sudano tantissimo, come si suda vivendo o recitando a teatro; solo Olga, sinistramente, non suda e resta composta e pettinata nell’ecatombe finale.

Anche per ridurre i costi, il film è stato girato in 17 giorni nell’angustia di tre carrozze nel Museo ferroviario di Budapest, con luci modulate da Carlo Rinaldi come su un palcoscenico, pochi personaggi che dialogano su temi intensi per 87 minuti di unità di tempo, luogo e azione.
Il film è infatti girato come un kammerspiel, genere che, nel teatro di Reinhardt e Strindberg, permetteva a un pubblico ridotto di guardare da vicino i volti degli attori che recitavano con cura per la mimica facciale e l’uso della voce. Come nel cinema da camera, la cinepresa bracca gli attori, li opprime con primi piani, li perseguita. Europa centrale è una sorta di Todo modo sperimentale (si guardi in quest’ottica al confronto finale tra Clerici e Cassola, ormai simboli del fascismo e del comunismo).

Un’esegesi del film si tesse anche attraverso i riferimenti alla storia dell’arte.
Olga guarda fuori dal finestrino come una Maddalena di La Tour. L’Isola dei morti di Böcklin, di cui scrissero Freud e Jung, che impressionò Lenin e che Hitler portò con sé ovunque, esposto tra le svastiche di stendardi e torte, traghetta alla fine della vecchia Europa, preannunciata dalla voce del dittatore e dall’irrompere onirico di un pastore tedesco (il quadro di Hitler era la terza di cinque versioni dell’opera, oggi all’Alte Nationalgalerie di Berlino; nei titoli di coda i crediti riguardano la prima versione al Kunstmuseum di Basel).
Lo schema compositivo di La Libertà che guida il popolo di Delacroix decifra il finale e, insieme, il personaggio allegorico di Olga, e ti chiedi se sia veramente reale: la diabolica ragazzina poliglotta cresciuta a dissimulazione e violenza vestita come il diavolo tentatore in Simón del desierto appare e scompare attuando ogni strategia per liberarsi degli adulti mettendoli gli uni contro gli altri. Eliminato con freddezza l’ultimo ostacolo, Olga sembra la Storia che decreta “morte alla quinta colonna”. Scavalca i cadaveri degli Stati europei che le sue dita hanno percorso su una cartina mentre l’Internazionale è – ben presto e a differenza di Giovinezza – un innocuo motivetto.

Floriana Conte – Professoressa di Storia dell’arte a UniFoggia (floriana.conte@unifg.it;Twitter:@FlConte; Instagram: floriana 240877) e Socia dell’Accademia dell’Arcadia