Gerusalemme, Al-Aqsa quell’invalicabile linea rossa tra Islam, Israele e Occidente

Mentre Gaza brucia, lo sguardo del mondo ignora Gerusalemme. Eppure il cuore del conflitto israelo-palestinese è lì, sulla Spianata delle Moschee, terzo luogo sacro dell’Islam e simbolo di un’irrinunciabile identità religiosa per oltre un miliardo di credenti
Gerusalemme

Mentre l’attenzione mondiale è focalizzata sulla morte per fame e le stragi quotidiane della stremata popolazione di Gaza e Netanyahu parla senza pudori di annessioni della Striscia e della Cisgiordania, poco o nulla si guarda a Gerusalemme. Nessuno può dimenticare l’orrore del 7 ottobre 2023, ma questa mattanza illimitata di innocenti va al di là di ogni giustificazione umana e permette di trovare giustificazioni nell’ingiustificabile. Gaza, Cisgiordania, nulla oramai basta a Israele che da tempo sembra stia preparando il terreno per una presa di possesso anche dei luoghi sacri mussulmani della Città Santa.

Ismāʿīl Haniyeh, uno dei capi di Hamas, immediatamente dopo la strage del 7 ottobre 2023 è apparso su tutti i media arabi, annunciando che aveva avuto luogo l’operazioneʿamaliyyat ṭūfān al-ʾAqṣ (diluvio di Al-Aqsa) e aveva parlato accusando “loro” di avere oltrepassato l’invalicabile linea rossa. Haniyeh (assassinato da Israele in Teheran il 31 luglio 2024), non nomina Israele, dice “loro”; “loro” sono rimasti sordi, “loro” sono rimasti ciechi di fronte a quello che accade a Al-Aqsa. Alle sue spalle c’è la foto di Al-Aqsa in Gerusalemme. Il vessillo di Hamas, ha due spade incrociate davanti alla Moschea della Roccia che fa parte di Al-Aqsa. Gerusalemme è quanto di più prezioso esiste per l’unione dei credenti del mondo perché in essa convergono contemporaneamente tutte e tre le religioni abramitiche.

Mappa della città antica di Gerusalemme con i luoghi santi, le espropriazioni israeliane e gli scavi archeologici (foto non soggetta a copyright)

Tuttavia, mentre le aree cristiane sono ben circoscritte a parte, quelle ebraiche e mussulmane vedono due loro pilastri capitali coincidere: il Muro del Pianto e un lato della Moschea di Al-Aqsa. E questo, con la presa di potere delle destre estreme di Israele e il succedersi di governi guidati dalla violenza e non dalla saggezza del principio, rischia di sfociare in un problema enorme di cui tutti noi (i “loro”) potremmo essere chiamati a dare conto.

Il presidente Clinton diede a Yasser Arafat la colpa del fallimento degli accordi di Camp David del 2000, allorché questi si rifiutò di firmarli insieme al premier israeliano Ehud Barak. Il motivo principale del diniego di Arafat fu proprio la gestione di Al-Aqsa che non può che fare capo ai mussulmani. Lasciando cadere la penna, il capo palestinese disse chiaramente che per sottoscrivere un tale impegno avrebbe dovuto raccogliere le firme di un miliardo di mussulmani. E sono oltre un miliardo nel mondo i credenti che venerano Al-Aqsa, meglio non dimenticarlo.

Israele da diversi anni sta attaccando il luogo santo su più fronti: sul piano scientifico, con pubblicazioni che dimostrino come la Al-Aqsa citata nel Corano (Cor. 17:1) nulla abbia a che fare con la spianata delle Moschee; con ripetuti articoli, tradotti in molteplici lingue, che offendono i mussulmani tacciando apertamente di menzogna e falsità gli studiosi per avere ingannato tutti facendo di Gerusalemme (al-Quds) la loro terza città santa (dopo Mecca e Medina), mentre il Corano la ignora e mai ne fa menzione; sul piano della provocazione politico-religiosa: permettendo a schiamazzanti sionisti di entrare liberamente nei luoghi santi mussulmani con armi e bandiere e intonando l’inno nazionale; sul piano turistico: abolendo dalle carte la Moschea di Al-Aqsa.

Il problema di Gerusalemme nell’Islam ha impegnato per secoli esegeti e studiosi di grande valore, di conseguenza non è questo il luogo di discutere le prese di posizione di studiosi israeliani. Ci si limita a dire che, se è vero che la parola Gerusalemme non esiste nel Corano, i riferimenti alla Città Santa sia diretti che indiretti sono almeno settanta. Sarebbe difficile, dove si tratta di Davide e di Salomone (Cor. 38: 18-20) collocarli in luogo diverso da Gerusalemme, e Gesù, innalzato e portato al cielo (Cor. 3:55. Cor. 4:158), sarebbe difficile configurarlo in luogo diverso da Gerusalemme. Nella Sunna, di contro, la città santa è ampiamente citata e non va dimenticato che agli albori dell’Islam, il ṣalāt (preghiera) era rivolto verso Gerusalemme (Cor, 2;142,143,145) e solo più tardi l’orientazione (al-quibla) della preghiera viene volta alla Mecca per disposizione dello stesso Profeta Muhammad.

Di conseguenza, che Al-Aqsa, di cui alla diretta citazione del Corano, secondo la propaganda scientifica e pseudo-scientifica israeliana, sia da identificarsi con una delle due moschee situate nei pressi di Ji’irrana, villaggio tra la Mecca e Taaf in Arabia Saudita, e che nulla c’entri con il viaggio notturno del Profeta da Mecca a Gerusalemme, in questo momento presente, pare debba essere considerato con attenzione all’interno di una pianificazione israeliana volta a sottrarre all’Islam il proprio terzo luogo santo. Al-Aqsa viene costruita dagli Umayyadi all’inizio dell’VIII secolo unitamente alla Moschea della Roccia sulla collina che i mussulmani conoscono come al-Haram al-Sharif (quattordici ettari di terreno) e gli ebrei come Har ha-Bayit (Monte del Tempio). La particolarità di Al-Aqsa è quella di non essere soltanto la costruzione visibile sulle mappe (identificata anche quale al-Quibli, la Moschea che dà la direzione), poco distante dalla Moschea della Roccia, ma di essere una moschea a cielo aperto che comprende tutta l’intera spianata delle moschee. Tutto, lì, è Moschea, luogo santo; lì c’è Dio.

La Cupola della Roccia, il Muro del Pianto e la Moschea di al-Aqsa, foto non soggetta a copyright

Con la guerra dei sei giorni, Israele prende possesso di Gerusalemme Est. L’emozione che pervade tutto il mondo ebraico è immensa: il Muro del Pianto torna a Israele. In quel momento Israele ha ancora governanti saggi. È il tempo di Rabin, Meir, Eshkol, Dayan. Si decide di lasciare la spianata in mano mussulmana (WAQF islamico). Gli ebrei possono accedervi, ma in rigoroso silenzio rispettoso. Considerata l’ampiezza della spianata e lo spazio indubbiamente molto ristretto davanti al Muro del Pianto, si decide di creare uno spazio ampio davanti al Muro. L’area è occupata dal quartiere magrebino medioevale che conta 1100 abitanti. Viene dato ordine di evacuazione immediata lasciando due ore di tempo per sgomberarlo. Tra il 10 e l’11 giugno 1967 lo spazio è spianato, i ricordi di chi vi ha abitato per secoli spazzati via, 135 edifici di valore storico anche. Si contano qualche morto e qualche ferito, ma il Muro può vantare ora uno spazio degno in cui pregare, raccogliersi e studiare. Con la presa di Gerusalemme Est, Israele vede riunificata la propria capitale.

Prima le due parti della città (Est e Ovest) erano separate da una linea verde, ora, in un attimo, questa è stata abbattuta. Su un punto tutti sono d’accordo: Gerusalemme è l’unione tra cielo e terra, tra Dio e gli uomini, ma mentre per i sionisti essa è il simbolo di una Israele riunificata sotto il Dio degli ebrei, per i mussulmani essa, proprio in Al-Aqsa, è l’irrinunciabile parte integrante dell’Islam. La riunificazione di Gerusalemme che diventa capitale di Israele, porta a cambiamenti velocissimi e colonizzazioni a tappe forzate. Aree arabe vengono spianate e sorgono quartieri immensi in cui si trasferiscono duecentomila israeliani. Mezzi pubblici e taxi girano oramai liberamente nella città unificata. Pur tuttavia in quello che rimane dei quartieri arabi della Gerusalemme vecchia non ancora espropriati si vive come in passato, come se la linea verde soppressa fisicamente continuasse a esistere idealmente.

Gli abitanti arabi della città Est (39% della popolazione) vengono trasformati dagli israeliani in apolidi. Viene concesso loro solo un permesso di residenza che può essere revocato in ogni momento così come può essere loro espropriata la casa dei propri padri. Pur tuttavia tra ebrei e arabi della Città Santa si creano modi di vivere accettabili e particolari. Gli arabi possono frequentare le scuole e le università e accedere a professioni che scelgono al pari dei loro coetanei ebrei. Gerusalemme Est aveva un sindaco.

Israele tenta di risolvere il problema creando un Comune in Abu Dis, nella parte più estrema della Gerusalemme Est. Costruiscono un grande palazzo. Gli arabi rifiutano. Non lasciano la loro vera antica Gerusalemme Est, non abbandonano in mano ebraica Al-Aqsa. Il palazzo del Comune cade in rovina, il sindaco va esule in Giordania. Gerusalemme è stata la causa delle più aspre rivolte tra israeliani e palestinesi.

Dopo il fallimento di Camp David e la nota violazione della spianata delle Moschee da parte di Ariel Sharon che la profana, protetto da soldati armati, scoppia la seconda Intifada che dura quattro anni. Per i mussulmani Al-Aqsa è in pericolo dal 1917, dall’arrivo dei britannici. Nel 1929 scoppia il conflitto che fa trecento morti tra ebrei che rivendicano il Muro e mussulmani che proteggono Al-Aqsa. Secondo alcuni studiosi il 1929 è l’Anno Zero del conflitto israelo-palestinese. Con il 1949 a seguito dell’espansione della Giordania in Cisgiordania, in Gerusalemme è creata la linea verde etnica: ebrei da un lato, mussulmani dall’altro. Questo significa, però che il Muro resta nella parte Est, anche se è data libertà di accesso. Israele elegge comunque Gerusalemme Ovest come propria capitale e vi trasferisce tutti i propri ministeri, fatto salvo quello della difesa che rimane a Tel Aviv, la modernizza e ne ha cura. La Giordania, al contrario, commette forse un errore capitale. Potenzia Amman e trascura Gerusalemme Est. Quando si decide a compiere i necessari restauri, fa brillare di oro zecchino la splendida cupola della Moschea della Roccia e mette debitamente mano a Al-Aqsa, siamo negli anni Sessanta. Nel 1967 la guerra dei sei giorni pone fine al progetto che includeva anche luoghi sacri cristiani (San Sepolcro).

Nel 2017 Trump riconosce Gerusalemme unificata come capitale di Israele e Netanyahu proclama: “Il Monte del Tempio è nelle nostre mani” il che può avere risvolti anche ritenuti blasfemi. Har ha-Bayit (Monte del Tempio) e al-Haram al-Sharif (l’area di al-Aqsa), infatti, non possono essere disgiunti e al-Aqsa può essere solo in mani mussulmane. Nel 2019 l’ambasciatore degli USA in Israele, David Friedman, inaugura Il cammino dei pellegrini. Questo consiste in scavi iniziati decenni fa per cercare di rimettere in luce le antiche vestigia del primo e secondo Tempio ebraico. Tale lavoro archeologico ha assediato la Moschea di Al-Quibli in Al-Aqsa creando un parco archeologico a ridosso. Ciò, tuttavia, era fatto nel rispetto dei canoni archeologici. Scavi di valore più o meno dubbio, sono invece passati poi nelle mani di una organizzazione privata di coloni, Ir-David, che scava indiscriminatamente e crea cunicoli a ridosso e sotto Al-Aqsa e si estende nella parte araba con una rete sotterranea, mentre gli espropri nell’area araba proseguono. Ad evitare rivolte, Israele ha creato un muro di cemento che taglia la Cisgiordania da Gerusalemme Est e che esclude la stessa Abu Dis.

Questo, di fatto, impedisce ai mussulmani di Cisgiordania, già sottoposti a continue oppressioni da parte dei coloni che rubano terre, li privano d’acqua, bruciano case, assassinano e arrestano protetti dall’esercito, anche di recarsi a pregare nei propri luoghi santi. Ciò che prima poteva essere raggiunto in pochi minuti ora costituisce, infatti, un vero e proprio viaggio disseminato da blocchi di polizia e permessi da esibire.

Il muro, disseminato di checkpoints, che taglia fuori la Cisgiordania da Gerusalemme Est, foto non sottoposta a copyright

È inflitta, in tal modo, ai palestinesi anche questa vera e propria tortura spirituale. Al-Aqsa può essere il collante di oltre un miliardo di mussulmani, disseminati in ampia parte del mondo, che per proteggerla possono anche essere disposti a molto più di quanto l’Occidente immagini. Una soluzione dovrà essere trovata. Gli israeliani dovranno riscoprire il rispetto per quei luoghi che per loro stessi dovrebbero essere sacri. La costruzione di Al-Aqsa era nella mente di Dio dal principio di tutti i tempi ed è fatta risalire da antiche fonti mussulmane allo stesso Adamo che l’avrebbe eretta dopo quarant’anni dalla costruzione della Kaaba in Mecca. È sacro tempio di Dio, quel Dio giusto e implacabile che ha incenerito Sodoma perché non vi ha trovato giusti da salvare e il cui contatto Israele sembra avere smarrito. Non sappiamo dove Israele stia andando, ma sarebbe semplicistico addossare a Netanyahu tutte le colpe. Netanyahu siamo anche noi ed è meglio accorgersene prima che sia tardi. Proteggere Gerusalemme, proteggere Al-Aqsa è riscoprire e ritrovare la nostra civiltà.

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