Emanuele Palumbo, da Mixed by Erry a Nostalgia, il futuro del cinema viene da Montesanto

Emanuele Palumbo, da Napoli. Famoso per Nostalgia di Martone e Mixed by Erry di Sibilia, è stato premiato dall’Accademia del Cinema italiano per i David Rivelazioni

È iniziata con una risata una notte d’estate ad Agropoli, è stata consacrata una mattina di primavera a Firenze con l’oro di Bulgari: è questa, finora, la carriera del ventitreenne attore napoletano Emanuele Palumbo, premiato qualche giorno fa a Palazzo Sacrati Strozzi a Firenze. Con lui hanno ricevuto i David Rivelazioni altri 5 noti colleghi under 30. Conoscevo già il lavoro dei 6 artisti (di Celeste Dalla Porta e Carlotta Gamba avevo scritto per “Bee Magazine”) e ora ho scoperto la curiosità e l’intelligenza vivace di tutti loro.

Per i “Davidini” (così ribattezzati dalla presidente Piera Detassis) avete frequentato un percorso formativo legato alla storia della lingua, dell’arte, alla gestualità e alla tecnica attoriale, con mentori come Sonia Bergamasco, Paolo Mereghetti, Detassis e Nicoletta Maraschio, che per anni ha presieduto la Crusca. Tra i chi vi ha  accolto alla Crusca c’ero anche io. Quali attività ti sono apparse più utili?

Emanuele Palumbo con il Davidino il 29 marzo. Foto: Francesco Tarantino

Di ogni lezione mi è rimasto qualcosa dentro. Quella con Sonia Bergamasco è stata nuova e bella perché non si fa mai nel nostro mestiere: ci siamo confrontati. Ognuno di noi aveva un’opinione diversa su come recitare una scena ma ognuno stimava l’altro. Non sempre ci si confronta con altri artisti, è una cosa difficile da trovare in questo lavoro, c’è sempre un clima di sfida.

A proposito di formazione, risaliamo alle origini. Che tipo di studente eri?

Sono il classico studente “scugnizzo napoletano”, ero quello simpatico, molto pigro, preferivo stare per strada, giocare a calcio, parlare con le persone. Mi sono fermato in seconda superiore [al liceo linguistico “Margherita di Savoia”] perché andavo a scuola con i copioni e i professori mi dicevano: “O studi o fai teatro”. Scelsi il teatro. Sono stato bocciato a causa di Mixed by Erry perché feci tre mesi di assenza per il film. Questa cosa mi ha lasciato un po’ di rabbia dentro.

Tecla Insolia (L’arte della gioia, Familia) , Carlotta Gamba (Vermiglio, Dostoevskij), Federico Cesari (Tutto chiede salvezza, L’ultima volta che siamo stati bambini), Matteo Oscar Giuggioli (Hanno ucciso l’Uomo ragno), Emanuele Palumbo, Celeste Dalla Porta (Parthenope) con i Davidini il 29 marzo. Foto: Francesco Tarantino

E la vocazione per il teatro?

È iniziata con una risata. Un’estate ad Agropoli Biagio Izzo con una battuta fece ridere tutti e dissi: “Voglio fare ridere anche io così”. A casa costruivo un palco dove mi esibivo per zii e cugini e, se non mi ascoltavano, mi arrabbiavo. Poi mi iscrissi a una scuola di cinema ma costava un botto e io provavo vergogna di recitare davanti agli altri e smisi subito. Poi conobbi Maurizio Braucci che mi disse: “Vieni ad Arrevuoto”, che è un progetto teatrale pedagogico dove prendono i ragazzi dalla strada e li mettono insieme in scena [come risposta artistica alla guerra di camorra]. Lì ho fatto il mio primo spettacolo. Tramite Arrevuoto conobbi Annalisa D’Amato. Facevamo lo spettacolo Casting per un film dal Woyzeck. Al MADRE facevamo Caccia allo Snark [di Lewis Carroll]: il museo diventava il teatro, io ero “o’ squagliato”. Per sparire mi fermavo vicino a un muro e le persone mi guardavano senza proseguire! Annalisa ha lavorato con Grotowski e questa cosa mi affascinava tantissimo. Lei mi ha insegnato tutto: come deve comportarsi un attore, la puntualità…[infatti Palumbo arriva con qualche minuto di anticipo all’appuntamento].

In Mixed by Erry sei Angelo, il mondano dei tre fratelli Frattasio  [Faccio notare per la prima volta a Palumbo che la locandina del film è molto simile a quella del cortometraggio di Giovanni Dota, Una cosa mia, con il quale nel 2019 ha vinto il Premio Elia al Roma Creative Contest come Miglior Attore Emergente]. Hai condiviso il set con Fabrizio Gifuni…

Noi eravamo tre sconosciuti, Fabrizio era qualcosa di incredibile. La prima scena che abbiamo girato è quella in cui lui, in un certo senso, cerca di raggirarci con ostriche e caviale. Noi stavamo a tavola e lo guardavamo con un’ammirazione incredibile e cercavamo di rubare più cose possibile. Lui proponeva qualcosa a Sydney che subito a Sydney piaceva, e dicevo: “Cazzo, ma comme fa chisto? Ogni cosa che propone piace a Sydney!”. Anche come persona è fantastico. Sydney è un pazzo, lo amo, ci invitava a casa sua a giocare alla playstation. Con la scusa del Covid ci chiuse tutti e tre in casa per creare davvero un rapporto fraterno. Poi teneva molto a leggere il copione e a provare le scene prima di girarle; non si fa sempre, lo abbiamo fatto anche con Martone.

Hai dedicato il Davidino ai tuoi genitori e ai coetanei del tuo quartiere, Montesanto.

Non è che se nasci a Napoli non puoi sognare. Mio padre lavora in un pub e ha portato avanti la famiglia. L’importante è sognare ma anche lavorare, ma molti hanno vergogna di lavorare. Con la parrocchia abbiamo creato un laboratorio teatrale gratuito dai 9 ai 13 anni, bisogna farli giocare e far capire che può diventare un lavoro. C’era una bambina che non riusciva a dire il suo nome, alla fine lo ha detto e per me è stata una vittoria. Ricordo un ragazzo che combinava solo guai; il giorno del debutto gli scrissi una battuta, quando la recitò tutti ridevano e lui era incredulo.

Questo rapporto con i giovani di quartiere ricorda un aspetto del personaggio di Pierfrancesco Favino in Nostalgia [già in corsa per rappresentare l’Italia agli Oscar nel 2023], che interpreti da adolescente.

Martone ha creato sul set un clima meraviglioso. Ci teneva a sottolineare la vita del camorrista: Tommaso Ragno [Oreste Spasiano], nonostante la sua potenza, vive nascosto e sporco in una villetta distrutta dove paga per ricevere amore. È un messaggio forte. Mostra ai giovani che stanno prendendo una brutta strada che non è detto che poi avranno una villa bellissima e vivranno una vita felice.

Come sei stato scelto per Nostalgia?

Feci un casting. Al provino avevo i capelli lunghissimi. Dopo una settimana non ricevevo telefonate e decisi di tagliarmi i capelli. Mi arriva un messaggio dal casting director: “Non tagliare i capelli perché a Mario sei piaciuto”. In quel momento stavo dal barbiere, pensavo non fosse andata. Alla fine nel film da metà della nuca in poi avevo i capelli finti. Ho dovuto anche imparare a guidare la moto in due settimane.

Per lavorare nel cinema è quasi d’obbligo abitare a Roma. Ci stai pensando?

Napoli sta diventando una città cinematografica. Napoli-Roma è un’ora e venti col treno. Preferisco continuare a stare nel mio quartiere, fare casting, teatro e, quando ho tempo libero, fare qualcosa per i ragazzi. Potrei andarmene subito, ma a me Napoli mi fa sta’ bene. Poi vedremo…

Floriana Conte Pagina Instagram 

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