Editoria, tra attualità e visione.
E tra veri e falsi problemi

Se pensiamo ad affrontare i temi attuali del settore editoriale, di solito immaginiamo di doverci occupare dell’attualità, direi esclusivamente. In effetti l’attualità ci pone problematiche anche molto interessanti che, tuttavia, hanno poco senso in mancanza di una visione generale “storica” del nostro comparto. 

Appartiene alla normalità, alla vita di tutti i giorni, l’interesse sulle istanze che ci vengono poste continuamente dai players del settore, siano essi editori, giornalisti, rappresentanti degli Over The Top o di varia umanità, sindacati e altro. Rischiamo, anzi, di essere travolti dalla quotidianità che ci indica alcune priorità che determinano le linee di intervento del governo e delle associazioni di categoria. 

Per esempio, la condizione economica del sistema, con dati diversi che hanno in comune la negatività dei numeri. 

Com’è noto la stampa periodica è quella tipologia di stampa che va dalla periodicità quotidiana alla periodicità annuale. La definizione  “periodica” serve a distinguerla dalla stampa libraria che non ha tale caratteristica. 

Eppure una cosa è parlare di quotidiani, una cosa è parlare di settimanali, mensili o di altre periodicità. Un’altra cosa ancora è parlare di stampa nazionale generalista, di stampa territoriale oppure di nicchia. Chiunque si occupi del settore conosce i dati che riguardano la stampa quotidiana generalista. 

Sa benissimo della caduta verticale delle vendite e quindi dei ricavi pubblicitari e della progressiva incapacità del settore di generare un sistema economico almeno paragonabile a quello di 30 anni fa. La caduta di INPGI (l’istituto di previdenza dei giornalisti italiani) è stata determinata proprio da questo, ovvero dal fatto che il sistema economico è in caduta libera.

Non insisterò su questo tema perché richiederebbe una trattazione accurata e lunga a completamento di tante analisi che hanno a volte le caratteristiche di pretestuosità e superficialità.

Vorrei accennare, ed è tempo che qualcuno lo faccia, alla situazione dei periodici territoriali cartacei che vanno progressivamente scomparendo e che vengono sostituiti da testate di informazione online che presentano numeri rilevanti e che sono in progressiva crescita, ma non sono ancora capaci di produrre un sistema economico paragonabile a quello dell’editoria cartacea. 

È un momento di trasformazione che rappresenta soltanto un’anticipazione di quello che accadrà nel prossimo futuro, man mano che aumenterà la consapevolezza dell’impatto della tecnologia sul nostro modo di vivere.

Per esempio, i giovani sotto i 25 anni non si informano più sui giornali. Si informano sui social, utilizzano i canali che la tecnologia permette e, conseguentemente, nel futuro la nostra classe dirigente sarà formata e avrà per abitudine quella di utilizzare canali alternativi rispetto a quelli tradizionali. 

Siamo noi, nati fino agli anni ’90 (i miei figli dicono che sono un boomer), ad avere ancora come riferimento il giornale e, in generale, la forma giornale. E siamo noi a doverci occupare, perché questo è il nostro lavoro e deve essere svolto con impegno e serietà, di temi quali il recepimento della Direttiva Ue sul copyright, i sostegni aumentati al settore editoriale previsti nella Legge di Bilancio per il 2022, i contratti di lavoro, l’INPGI e vario altro.

Ogni tanto viene riproposto il tema delle fake news, che è un evergreen, quando non si ha molto altro da comunicare, anche perché mi pare che sulla disinformazione siano stati posti dei principi molto validi che devono soltanto essere applicati. 

Non accenniamo ai temi della pubblicità e del rapporto con gli OTT perché altrimenti andremmo in un altro contesto, troppo ampio per questo articolo. In ultimo, il tema della contribuzione pubblica che i vari interventi legislativi hanno completamente marginalizzato accentuando progressivamente il disimpegno dello Stato rispetto alla tutela del pluralismo. 

Molte buone intenzioni sono state espresse dal governo che per una volta tende a generare meno effetto annuncio e più soluzioni concrete. Insisto, stiamo parlando sempre del contingente, di un apprezzabile tentativo di sostegno dell’editoria cartacea e di tutta la filiera. Il timore, tuttavia, è che tutti questi tentativi di sostegno si rivelino inutili perché, se verrà confermata la tendenza alla decrescita inesorabile delle vendite, la distribuzione e il settore delle edicole, per esempio, saranno destinati a una fine molto triste. 

Lo dico con grande dolore, perché sono affezionato a questo mondo e perché fa male vedere che tanti posti di lavoro e anche tante attività commerciali vengono meno. 

Non si può imporre l’acquisto di giornali quotidiani, in nessun modo (Puoi portare un cavallo all’acqua, ma non costringerlo a bere, proverbio inglese) e il nostro settore sta andando in tutt’altra direzione. Tuttavia i tentativi sono apprezzabili anche se non tengono conto di quella che all’inizio definivo la visione “storica” del settore. 

Un’ultima riflessione vorrei fare e riguarda l’insegnamento che ci ha dato studiare l’impatto del progresso tecnologico sull’informazione.

Cito solo l’esempio dell’evoluzione tecnologica che ha determinato l’intervento della legge n. 416/1981, che ha “prepensionato” quasi il 20% dei poligrafici. La tecnologia ha questo impatto, trasforma i mezzi di produzione e sostituisce gradualmente gli uomini con le macchine. Ci piaccia o no. 

La riflessione che è stata posta riguarda un impatto tecnologico limitato alla produzione (seconda metà degli anni ’70). Non credo che ancora siano avvertite le conseguenze di una trasformazione tecnologica ben più vasta che riguarderà un mondo nuovo che si poggia sulle logiche e gli strumenti di internet e, molto presto, sull’intelligenza artificiale.

E stavolta non si tratterà soltanto delle figure tecniche e amministrative di un’azienda editoriale, ma riguarderà: 

  1. A) La stessa forma giornale per come noi la conosciamo;
  2. B) La professione giornalistica nei suoi presupposti e nella stessa presenza del giornalista in una redazione, sempre ammesso che si parli ancora di redazione, anche a distanza;
  3. C) Quindi la logica di produzione dei contenuti, poiché anche qui potremo assistere gradualmente alla sostituzione dell’uomo con la macchina. 

 Certo, nei prossimi mesi ci dovremo occupare di come verranno distribuiti i nuovi fondi all’editoria, di quali intenzioni abbia il governo nei confronti delle querele temerarie, di come l’AGCOM interverrà sugli accordi tra OTT e editori sul compenso dei contenuti. Certamente lo faremo e lo faremo al massimo delle nostre possibilità, come sempre. 

Vorrei però che ogni tanto tutti alzassimo la testa per vedere che cosa ci aspetta qualche metro più in là, per non lasciare questi temi alle prossime generazioni, facendo finta di essere stati troppo impegnati per occuparcene, mentre invece saremo stati solo molto superficiali e ignoranti. 

 

 Francesco Vetere – Presidente Uspi (Unione stampa periodica italiana)

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