Duelli parlamentari – Meloni e Schlein a colpi di fioretto. Con qualche colpo basso

Politica

Una prima assoluta.

Da quando è stata chiamata alla guida del Pd, è la prima volta che la neo segretaria incrocia direttamente le armi dialettiche con la presidente del Consiglio in un’aula parlamentare, a Montecitorio. Dove Elly Schlein continua a fare il suo mestiere di deputata-  come lo faceva l’on. Giorgia Meloni quando era semplice parlamentare, e all’opposizione – presentando atti di sindacato ispettivo, come è per esempio una interrogazione.

Forse deluderemo il lettore che si aspetta un verdetto di questo incontro di pugilato a distanza. Non è nostro mestiere dare pagelle. Possiamo invece, più utilmente, riferire particolari di questo confronto che di solito sui giornali vengono omessi o sommariamente riassunti. Il lettore farà poi le sue considerazioni.

Se non daremo pagelle, però dobbiamo far notare il lodevole esempio dell’on. Schlein che pur da massimo dirigente del suo partito, valorizza e svolge doverosamente il suo mestiere di deputata. “Viene pagata per questo”, rispose in un talk show un politico di destra, quando l’on. Bersani fece notare che il giorno della sua elezione la neo segretaria era disciplinatamente seduta al suo banco alla Camera.

Bersani coglieva un dato di verità. Infatti non c’è niente di paragonabile  con quanto accedeva nella cosiddetta Prima Repubblica, dove era raro, rarissimo che un Craxi, un Forlani, un De Mita, un Berlinguer,  lo stesso Berlusconi presentassero una interrogazione o  intervenissero  per illustrarla. Al massimo si limitavano a firmarla, poi ci pensavano a parlare in aula personaggi di seconda terza fila.

Questa circostanza non sarà certamente sfuggita all’occhio vigile della presidente del Consiglio, e lascia prevedere, e forse sperare, che al primo duello – oltre quelli politici a distanza sui giornali e nelle piazze – ne seguiranno altri in Parlamento.

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L’occasione del duello

Schlein chiede:  fissare per legge una soglia minima per il salario

ANSA/FABIO FRUSTACI

In poche parole: l’on. Schlein ha proposto che una legge introduca il salario minimo legale, fissando una soglia, perché sotto una certa soglia “non è lavoro ma sfruttamento”. Tre milioni di lavoratori lavoratrici pur lavorando sono poveri; e povero e lavoro, dice Schlein, forse pensando a una frase ( rovesciata) di Shakespeare, non possono stare nella stessa frase. Questo salario minimo dovrebbe aggiungersi ,non certo sostituirsi alla contrattazione collettiva. D’altra parte – lo dice l’OCSE- l’Italia è il Paese in cui i salari non soltanto non sono aumentati, ma sono diminuiti  negli ultimi anni rispetto agli altri Paesi.

Inoltre, l’interrogante proponeva al governo una legge, qui e ora, sul congedo parentale di otto mesi, non intercambiabile. Perché – dice la segretaria del Pd rivolta all’on. Meloni –  vi sfugge il nesso tra crisi della natalità e precarietà in cui versano le donne in questo Paese.

Meloni risponde, con qualche ironia e la  tecnica del rovesciamento

Nella risposta all’interrogazione la presidente del Consiglio, prima usa l’arma dell’ironia: rivolta ai deputati del Pd e alla sua segretaria dice: “Con un sincerità che vi fa onore ammettete che negli ultimi anni i salari sono scesi. E chi stava al governo? Certamente non noi!”

E poi , rispondendo sul merito della proposta Schlein:: il salario minimo fissato per legge potrebbe essere un boomerang, nel senso che invece di essere aggiuntivo rispetto alla contrattazione collettiva rischierebbe di essere sostitutivo ( sì, presidente, ma non ci dovrebbe essere qualcuno a vigilare su questo fenomeno? NdR) E alla fine – aggiunge Meloni quasi scavalcando a …sinistra l’on. Schlein: i datori di lavoro, specialmente quelli più potenti , che cercano di ridurre  i diritti dei lavoratori, finirebbero per applicare la soglia del salario minimo aggirando la contrattazione collettiva. E i lavoratori finirebbero per guadagnare di meno, non di più.

Giorgia Meloni

 

Meglio allora – rilancia l’on. Meloni –  estendere la contrattazione collettiva ad altri settori dove adesso non c’è. Se i salari sono bassi la colpa è della eccessiva tassazione ( sic!). Sui congedi parentali: li abbiamo allungati a un mese, ma i fondi sono quelli che sono, comunque sono temi cari al governo.

Schlein replica,  alza il tiro, e la butta in …politica. Chi interroga ha l’ultima parola e la pesidente del Consiglio non può ribattere. È il regolamento parlamentare

“Presidente Meloni, il suo partito in Italia dice no al salario minimo legale, ma in Europa avete votato sì. Non si nasconda dietro un dito, la contrattazione collettiva non è sufficiente a ridurre la povertà dei salari. Estenderla? Nel decennio 2012-2021 i contratti collettivi sono quasi raddoppiati, e sono ora 992. Ma pochi di questi sono firmati dai sindacati più rappresentativi”.

Poi Schlein fa l’affondo, fino alle “tre parole” pesanti:

“Siete una destra ossessionata dall’immigrazione ma non pensate all’emigrazione di tanti giovani che vanno altrove a cercare un futuro. Ora attaccate anche i figli e le figlie di famiglie monogenitoriali. Le vostre emergenze sono i rave, i condoni, la guerra alle ONG”

E poi: avete intenzione di estendere i contratti a termine, anziché limitarli come in Spagna. Lo vada a dire al 62 per cento di lavoratori e lavoratrici sotto i 24 anni che conoscono questo tipo di contratti e non possono costruirsi un futuro.

Ora siete voi al governo, e le cose dovete farle non solo prometterle come in campagna elettorale, Sul piano sociale la vostra azione si definisce con tre parole: incapacità, approssimazione, insensibilità.

Il regolamento, dicevamo, non prevede la replica alla replica – se no diventerebbe una disputa  lunga come quelle tra teologi –perciò non ci è dato sapere, ma solo congetturare, che cosa avrebbe potuto rispondere a sua volta la presidente del Consiglio, alla quale non mancano, e lo ha dimostrato nei lunghi anni di opposizione, le punte di lancia dialettiche con le varie figure retoriche della ritorsione polemica, del rilevare la contraddizione dell’avversario, e dell’ironia modulata fino alle aspre note del sarcasmo.

Schein si è caratterizzata per il suo fraseggio incisivo, breve, con qualche trovata dialettica che mi ricorda, per qualche somiglianza, almeno un paio di situazioni cinematografiche e letterarie: “Lo vada a dire ai lavoratori”, ricorda per incisività una frase che nel giustamente famoso film “Le vite degli altri” un agente della Stasi rivolge a un teste per farlo confessare: “Se non ci dice la verità, da domani suo figlio non potrà frequentare l’Università: è questo che vuole?”

E il passaggio: “Lavoro e povero non possono stare nella stessa frase”,  appare un calco, rovesciato, di un verso di Shakespeare : nel libro del destino il mio nome e il tuo stanno nella stessa riga. ( in Romeo e Giulietta)

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Bellicose, pasionarie a loro modo, donne volitive e attrezzate dialetticamente, Schlein e Meloni

Di loro questo si può dire senza timore di essere smentiti. Ma con uguale certezza si può escludere che possano stare nella stessa riga, e nemmeno nello stesso libro. Sono due donne diverse, ma hanno in comune una dote, non scontata nei politici: parlano chiaro e si fanno capire. Una caratteristica primaria per i politici. E per i giornalisti. L’on. Meloni peraltro è giornalista.

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Una “sommessa” proposta

Ma se è lecito dirlo “sommessamente”, che è uno degli avverbi preferiti dall’on. Meloni, vorremmo consigliare all’on. Presidente del Consiglio di non abusare di un altro avverbio: ovviamente. Giorni or sono, ascoltando in auto un discorso dell’on. Meloni a Radio radicale ho fatto un gioco con il mio nipotino, che è uno scolaro di quinta elementare: contare quante volte la presidente avrebbe detto ovviamente: nel giro di pochi minuti ne ha contati 20, compitando con le mani! Poi si è stufato e ha detto: nonno, facciamo un altro gioco. L’episodio mi è servito come spunto per consigliargli che nei temi scolastici è meglio non usare, e tantomeno abusare, gli avverbi che finiscono in –mente. E poi di non fare ripetizioni. Consigli che del resto do agli allievi del master di giornalismo.

Non è, la nostra, una fisima linguistica  ma la osservazione di un principio: usando il termine ovviamente, tantopiù se in modo seriale, si rischia di far apparire ovvie verità che a volte tali non sono affatto. E di conseguenza si rischia di indebolire la forza degli argomenti. Ed è un peccato,  visto che all’on. Meloni gli argomenti non mancano.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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