Davide Rogai porta lo stile imprenditoriale italiano in Albania

Una liason che vale tre miliardi all’anno e arriverà a quattro. Un modo di fare impresa peculiarmente italiano, fatto di attenzione alla qualità del lavoro. Ecco lo stato dell’arte dei rapporti con l’Italia raccontato dal nuovo presidente di Confindustria Albania

La liason Italia Albania è una storia consolidata e ricca di possibili sviluppi. Un rapporto che attraverso articolate vicende storiche è stato lungo, importante e può dare parecchio, partendo dall’assunto che dalla geografia non si prescinde (mai) e che l’Italia ha un ruolo politico, culturale, imprenditoriale di centralità nel Mediterraneo. Nei giorni scorsi Davide Rogai, 48 anni, fiorentino, Socio e Responsabile del Business Development di Commit, azienda che opera nell’Information Technology, è stato nominato presidente di Confindustria Albania. Rogai lavora con Tirana già da una decina d’anni, con una gran carica propositiva, visione d’impresa, e voglia di cogliere opportunità senza nascondere le eventuali criticità. Confindustria Albania raccoglie più di 170 imprese associate e oltre 15 mila dipendenti. “L’Italia il primo partner commerciale dell’Albania, e quest’ultima è, di fatto, la ventunesima regione del sistema economico italiano” spiega Rogai. Si parla di scambi per tre miliardi di euro l’anno, in diversi settori. 

Davide Rogai, neo presidente di Confindustria Albania

Qual è lo stato dell’arte nei rapporti tra Italia e Albania?

L’Italia il primo partner commerciale dell’Albania con circa 30% della bilancia commerciale di interscambio. È una vicinanza consolidata che va avanti da molti anni. Nel 2024, l’Albania ha importato merci per un valore di quasi 900 milioni di lek, in crescita rispetto al 2023. Le esportazioni, invece sono in leggero calo, ma sono raggiungono circa 400 milioni di lek.

Tra i principali prodotti scambiati tra Italia e Albania, sono: prodotti tessili e calzature; materiali da costruzione e metalli; macchinari, attrezzature e pezzi di ricambio; alimenti, bevande e tabacco. L’Albania importa alcune merci come prodotti chimici, materiale di costruzione, pelle e prodotti in pelle.

Una liason riuscita?

Certamente, i numeri confermano che la sinergia è solida e produttiva, anche se come in tutte le relazioni ci sono momenti in cui bisogna non dare il rapporto per scontato. Le imprese italiane possono contribuire significativamente, non solo trasferendo know-how e competenze, ma anche consolidando la propria presenza in settori strategici ad alto potenziale.

Adagiarsi sugli attuali traguardi significherebbe perdere terreno rispetto a Paesi che si dimostrano più più “affamati”, più determinati, più pianificatori di noi.

Per esempio?

Pensiamo ad alcuni paesi che operano con grande senso strategico, hanno adottato approcci ben strutturati iniziando a investire già sul piano formativo, attraverso la diffusione della propria lingua e la creazione di percorsi integrati che facilitano l’ingresso di capitale umano qualificato nei propri ecosistemi economici. L’Italia, però, mantiene un vantaggio competitivo rilevante: storicamente il nostro legame con l’Albania ha sempre giocato a nostro favore. Siamo stati l’America dell’Albania, il paese è in buona parte italofono. Il fatto è che adesso, con le piattaforme di streaming, con tutti i contenuti internazionali, con la globalizzazione, questo interesse per l’Italia è conteso da altri che offrono prospettive consistenti anche in termini di contratti, di salari. Le imprese italiane, grazie al proprio know-how e alla flessibilità operativa, sono in una posizione ideale per rafforzare partnership locali, espandere filiere produttive e investire in innovazione. Tuttavia, per consolidare la nostra leadership serve una visione imprenditoriale proattiva: più presenza diretta, più progettualità condivisa, più investimento nei rapporti istituzionali ed economici. In un mercato dove la velocità di esecuzione e la capacità di pianificazione fanno la differenza, rimanere fermi significa cedere spazio a competitor più aggressivi e strutturati.

Quali?

Siamo stati abilissimi commercianti sul mare, i più bravi della storia. Vedo l’Italia come un collegamento e un acceleratore di sviluppo per tutta l’area mediterranea. Strategicamente potremmo giocare un ruolo chiave.

C’è questa coscienza, anche dal punto di vista istituzionale?

Il nostro ambasciatore a Tirana, nominato quasi contemporaneamente a me, lavora tra l’altro per portare il volume dell’interscambio da tre a quattro miliardi di euro l’anno. Parallelamente, è attivo anche un percorso strategico volto a creare strumenti di equity dedicati alle imprese, in particolare alle PMI e alle startup, grazie al coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), con l’obiettivo di facilitare l’accesso al capitale e sostenere l’innovazione imprenditoriale.

Qual è più in dettaglio il ruolo del comparto IT in tutto questo? Ci sono prospettive?

È un ruolo centrale. Grazie al remote working  si possono globalizzare le attività, creare una sorta di “ufficio distribuito” in altri paesi. E c’è in più una specificità italiana, sui temi della qualità del lavoro. 

Qual è la specificità italiana nell’imprenditoria?

Abbiamo uno stile nel fare impresa molto compatibile col mondo albanese, precisamente la sensibilità per la qualità del lavoro. Gli italiani creano aziende dove l’essere umano è al centro. La qualità del lavoro, la soddisfazione professionale sono elementi che hanno sempre caratterizzato le aziende in Italia. Nel mio discorso di insediamento citavo maestri come Adriano Olivetti, ma anche come Ferrero, per menzionare un modello più recente. Grandi aziende che non sono solo fatte di qualche brevetto, ma di persone. Lo stile imprenditoriale italiano è questo. Ed è tradotto e recepito in Albania. Il rischio è che tutto il knowhow che per decenni abbiamo riversato in Albania se lo possano prendere altri. 

Tipo il nordeuropei di cui abbiamo parlato, ma per esempio, vista l’attualità, quali sono i rapporti con Gli Usa?

Promettenti. gli Stati Uniti sono una grande possibilità. Se gli americani conoscessero di più il sistema italo-albanese potrebbero comprare servizi direttamente da questo, servizi già coordinati, realizzati, già belli e pronti. Chiaramente lavorerò in questa direzione, oltre che in quella delle relazioni con tutti gli attori internazionali in gioco. Le premesse ci sono. 

Bruno Giurato

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